Girolamo Cardano (Pavia,
24 settembre 1501 - Roma, 21 settembre 1576) è un geniale
personaggio del Rinascimento: matematico, medico, astrologo e
giocatore d'azzardo. È noto anche come Gerolamo Cardano
e con il nome latino di Hieronymus Cardanus. Nacque a Pavia da
Fazio Cardano, un avvocato versato nella matematica amico di Leonardo
da Vinci, e dalla ben più giovane vedova Chiara Micheria.
In gioventù il padre lo avviò alla matematica, nel
1520 si iscrisse all'Università di Pavia e successivamente
a quella di Padova per studiare medicina, fu il primo a descrivere
la febbre tifoide. E' noto anche per i propri contributi all'algebra:
pubblicò le soluzioni dell'equazione cubica e dell'equazione
quartica nella sua maggiore opera matematica, l'Ars magna, stampata
nel 1545. Per risolvere problemi di denaro si dedicò ai
giochi d'azzardo e al gioco degli scacchi. Scrisse il Liber de
ludo aleae, pubblicato solo nel 1663, nel quale è contenuta
la prima trattazione sistematica della probabilità, associata
ad una sezione dedicata a metodi per barare efficacemente. Cardano
progettò svariati meccanismi tra i quali la serratura a
combinazione, nel 1550 introdusse la griglia cardanica, un procedimento
crittografico, e pubblicò a Norimberga il De subtilitate,
il libro che gli procurò maggior fama tra i contemporanei,
una sorta di enciclopedia dello scibile in 21 libri (fisica, astronomia,
metalli, pietre, piante, animali, uomini, scienze, arti, miracoli,
demoni, sostanze prime, Dio e l'universo). Nel 1570 venne accusato
di eresia per aver elaborato e pubblicato nel 1554 un oroscopo
di Gesù. Arrestato e incarcerato per diversi mesi, venne
costretto ad abiurare e ad abbandonare la cattedra che occupava
all'Università di Bologna. Si trasferì a Roma dove,
dopo un rifiuto dal Papa Pio VI, ottenne un vitalizio dal Papa
Gregorio XIII. A Roma terminò la sua autobiografia e morì.
Corre la voce che avesse predetto la data delle propria morte
con un procedimento astrologico.
Il passo del De Subtilitate
sul quale ci soffermiamo è inserito nel libro III, il De
Coelo, e riguarda gli astri del cielo australe descritti da Vespucci
durante il suo terzo viaggio verso le Indie. Riportiamo il brano
originale e una traduzione italiana di riferimento.
[
] Sed &
hunc tum vltimum esse reor descriptorum à Vesputio. Ille
quidem notissimus, & est in temone nauis. Verùm duo
illi proximiores australi polo ignoti quondam, nebulis assimilantur,
in quorum medio stella iacet, vt nebulæ illæ densiorem
cli partem eam esse doceant, & stellarum chorum paruarum.
Cæterùm vt Corsalus Florentinus, refert, crux illa
viginti partibus à polo australi distans, more Vrsæ
nobis, aut Currus circumuertitur illi, sed longè splendidior.
Sunt & sex stellæ splendidissimæ, litui formam
referentes, è quibus vna Canopus est, ex his qui dicti
sunt. Stellarum etiam colores diuersi, tum magnitudines, ac splendores
tum Lunæ macula, ostendunt variam esse cli substantiam,
atque in meridionali plaga maiores longè, & quasdam
claritate non inferiores his fixas. Nam maior Canis est vltra
æquinoctialem circulum, qui quantum luceat, omnes videre
possunt. Canopum verò magnum esse constat, & minus
ab Antarctico polo distare part. 38. Sed & in Alexandria totum
cælum, partibus solum 41. exceptis, videtur. Longè
enim plus de clo quàm terra cognitum est, quòd
clum in sublimi positum sit, & perpetuò moueatur.
His duabus causis penè totum cognitum est: nam solùm
XXXI. partes circa polum australem cognitæ non fuêre
Ptolemæo. Itaque ex Archimedis demonstratione, fermè
vna parte ex tredecim, vel paulò minus incoguitum cogniti
est: totius igitur cli quartadecima solùm pars Ptolemæo
ignota fuit.
[
] Ma ritengo
che questo sia l'ultimo di quelli descritti da Vespucci. Esso,
notissimo, è sul timone della nave. Ma due, più
vicini al polo australe, ignoti un tempo, sono simili a nuvole,
al centro delle quali si trova una stella, affinché quelle
nubi mostrino che quella è la parte più densa del
cielo, un insieme di piccole stelle. Ma, come riferisce Corsalo
Fiorentino, quella croce, distante venti unità dal polo
australe, come da noi (nel nostro emisfero, n.d.t.) l'Orsa,
o il Carro, gira intorno a quello, ma è di gran lunga più
luminosa. Ci sono sei stelle molto luminose, che richiamano la
forma di un corno, una delle quali è Canopo, tra questi
che sono stati nominati. I colori delle stelle sono diversi, sia
le magnitudini sia gli splendori sia la macchia della Luna mostrano
che la natura del cielo è varia e nella parte meridionale
di gran lunga più grandi e certe fisse non inferiori per
splendore a queste. Infatti il Cane maggiore, che tutti possono
vedere quanto risplenda, è oltre il circolo equinoziale.
Risulta inoltre che Canopo sia grande e disti dal polo Antartico
meno di 38 unità. Ma in Alessandria si vede tutto il cielo,
eccetto soltanto 41 parti. Infatti si conosce di gran lunga di
più del cielo che della terra, per il fatto che il cielo
è collocato in una posizione altissima e si muove sempre.
Per queste due ragioni è quasi tutto conosciuto: infatti
soltanto 31 parti intorno al polo australe non furono note a Tolomeo.
Dunque, in base alla dimostrazione di Archimede, lo sconosciuto
è rispetto al conosciuto circa una parte tra tredici, oppure
poco meno: dunque di tutto il cielo fu ignoto a Tolomeo soltanto
un quattordicesimo.
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