Ed il ciocco
arse, e fu bevuto il vino
arzillo, tutto. Io salutai la veglia
cupo ronzante, e me ne andai: non solo:
m'accompagnava lo Zi Meo salcigno.
Era novembre. Già dormiva ognuno,
sopra le nuove spoglie di granturco.
Non c'era un lume. Ma brillava il cielo
d'un infinito riscintillamento.
E la Terra fuggiva in una corsa
vertiginosa per la molle strada,
e rotolava tutta in sé rattratta
per la puntura dell'eterno assillo. ______________gravitazione
universale
E rotolando per fuggir lo strale
d'acuto fuoco che le ruma in cuore,
ella esalava per lo spazio freddo
ansimando il suo grave alito azzurro.
Così, nel denso fiato della corsa
ella vedeva l'iridi degli astri sguazzare,
e nella cava ombra del Cosmo
ella vedeva brividi da squamme
verdi di draghi, e svincoli da fruste
rosse d'aurighi, e lampi dalle freccie _______________costellazioni
de' sagittari, e spazzi dalle gemme
delle corone, e guizzi dalle corde
delle auree lire; e gli occhi dei leoni
vigili e i sonnolenti occhi dell'orse.
Noi scambiavamo rade le ginocchia
sotto le stelle. Ad ogni nostro passo
trenta miglia la terra era trascorsa,
coi duri monti e le maree sonore.
E seco noi riconduceva al Sole,
e intorno al Sole essa vedea rotare
gli altri prigioni, come lei, nel cielo_________________sistema
solare
di quella fiamma, che con sé li mena.
Come le sfingi, fosche atropi ossute,
l'acri zanzare e l'esili tignuole,
e qualche spolverìo di moscerini,
girano intorno una lanterna accesa:
una lanterna pendula che oscilla
nella mano d'un bimbo: egli perduta
la monetina in una landa immensa,
la cerca invano per la via che fece
e rifà ora singhiozzando al buio:
e nessun ode e vede lui, ch'è ombra,
ma vede e svede un lume che cammina,
né par che vada, e sempre con lui vanno,
gravi ronzando intorno a lui, le sfingi:
lontan lontano son per tutto il cielo
altri lumi che stanno, ombre che vanno,
che per meglio vedere alzano in vano
verso le solitarie Nebulose
l'ardor di Mira e il folgorio di Vega.__________________nomi
di stelle
Così pensavo; e non trovai me stesso
più, né l'alta marmorea Pietrapana,
sopra un grano di polvere dell'ala
della falena che ronzava al lume:
dell'ala che in quel punto era nell'ombra;
della falena che coi duri monti
e col sonoro risciacquar dei mari
mille miglia in quel punto era trascorsa.
Ed incrociò con la sua via la strada
d'un mondo infranto, e nella strada ardeva,
come brillante nuvola di fuoco,
la polvere del suo lungo passaggio.
Ma niuno sa donde venisse, e quanto_______________una
cometa
lontane plaghe già battesse il carro
che senza più l'auriga ora sfavilla
passando rotto per le vie del Sole.
Né sa che cosa carreggiasse intorno
ad uno sconosciuto astro di vita,
allora forse di su lui cantando
i viatori per la via tranquilla;
quando urtò, forviò, si spezzò,
corse
in fumo e fiamme per gli eterei borri,
precipitando contro il nostro Sole,
versando il suo tesoro oltresolare: stelle;
che accese in un attimo e spente,
rigano il cielo d'un pensier di luce._____________stelle
cadenti, Leonidi
Là,
dove i mondi sembrano con lenti
passi, come concorde immensa mandra,
pascere il fior dell'etere pian piano,
beati della eternità serena;
pieno è di crolli, e per le vie, battute
da stelle in fuga, come rossa nube
fuma la densa polvere del cielo;
e una mischia incessante arde tra il fumo
delle rovine, come se Titani aeriformi,
agli angoli del Cosmo,
l'un l'altro ardendo di ferir, lo spazio
fendessero con grandi astri divelti.
Ma verrà tempo che sia pace, e i mondi,
fatti più densi dal cader dei mondi,________________fine
dell'universo
stringan le vene e succhino d'intorno
e in sé serrino ogni atomo di vita:
quando sarà tra mondo e mondo il Vuoto
gelido oscuro tacito perenne;
e il Tutto si confonderà nel Nulla,
come il bronzo nel cavo della forma;
e più la morte non sarà. Ma il vento
freddo che sibilando odo staccare
le foglie secche, non sarà più forse,
quando si spiccherà l'ultima foglia?
E nel silenzio tutto avrà riposo
dalle sue morti; e ciò sarà la morte.
Io riguardava
il placido universo
e il breve incendio che v'ardea da un canto.
Tempo sarà (ma è! poi ch'il veloce
immobilmente fiume della vita
è nella fonte, sempre, e nella foce),
tempo, che persuasa da due dita leggiere,
mi si chiuda la pupilla:
né però sia la vision finita.
Oh! il cieco io sia che, nella sua tranquilla
anima, vede, fin che sa che intorno
a lui c'è qualche aperto occhio che brilla!
Così, quand'io, nel nostro breve giorno,
guardo, e poi, quasi in ciò che guardo un velo
fosse, un'ombra, col lento occhio ritorno
a un guizzo d'ala, a un tremolìo di stelo:
qundo a mirar torniamo anche una volta
ciò ch'arde in cuore, ciò che brilla in
cielo;
noi s'è la buona umanità che ascolta
l'esile strido, il subito richiamo,
il dubbio della umanità sepolta:
e le risponde: - Io vivo, sì, viviamo. -
Tempo sarà
che tu, Terra, percossa
dall'urto d'una vagabonda mole,
divampi come una meteora rossa;
e in te scompaia, in te mutata in Sole,
morte con vita, come arde e scompare
la carta scritta con le sue parole.
Ma forse allora ondeggerà nel Mare
del nettare l'azzurra acqua, e la vita
verzicherà su l'Appennin lunare.
La vecchia tomba rivivrà, fiorita
di ninfèe grandi, e più di noi sereno
vedrà la luce il primo Selenita.
Poi, la placida notte, quando il Seno ____________nomi
di località lunari
dell'iridi ed il Lago alto e selvaggio
dei sogni trema sotto il Sol terreno;
errerà forse, in quell'eremitaggio
del Cosmo, alcuno in cerca del mistero;
e nello spettro ammirerà d'un raggio
la traccia ignita dell'uman pensiero.
O sarà
tempo, che di là, da quella
profondità dell'infinito abisso,
dove niuno mai vide orma di stella;
un atomo d'un altro atomo scisso
in mille nulla, a mezzo il dì, da un canto
guardi la Terra come un occhio fisso;
e venga, e sembri come un elianto,
la notte, e il giorno, come luna piena;
e la Terra alzi il cupo ultimo pianto;
e sotto il nuovo Sole che balena
nella notte non più notte, risplenda
la Terra, come una deserta arena;
e Sole avanzi contro Sole, e prenda
già mezzo il cielo, e come un cielo immenso
su noi discenda, e tutto in lui discenda...
Io guardo là dove biancheggia un denso
sciame di mondi, quanti atomi a volo_______________la
Via Lattea
sono in un raggio: alla Galassia: e penso:
O Sole, eterno tu non sei - né solo! -
Anima nostra!
fanciulletto mesto!
nostro buono malato fanciulletto,
che non t'addormi, s'altri non è desto!
felice, se vicina al bianco letto
s'indugia la tua madre che conduce
la tua manina dalla fronte al petto;
contento almeno, se per te traluce
l'uscio da canto, e tu senti il respiro
uguale della madre tua che cuce;
il respiro o il sospiro; anche il sospiro;
o almeno che tu oda uno in faccende
per casa, o almeno per le strade a giro;
o veda almeno un lume che s'accende
da lungi, e senta un suono di campane
che lento ascende e che dal cielo pende;
almeno un lume, e l'uggiolìo d'un cane:
un fioco lume, un debole uggiolìo:
un lumicino...
Sirio: occhio del Cane
che veglia sopra il limitar di Dio!
Ma se al fine dei tempi entra il silenzio?
se tutto nel silenzio entra? la stella
della rugiada e l'astro dell'assenzio?
Atair, Algol? se, dopo la procella__________________nomi
di stelle
dell'Universo, lenta cade e i Soli
la neve della Eternità cancella
che poseranno senza mai più voli
né mai più urti né mai più
faville,
fermi per sempre ed in eterno soli!
Una cripta di morti astri, di mille
fossili mondi, ove non più risuoni
né un appartato gocciolìo di stille;
non fiumi più, di tanti milioni
d'esseri, un fiato; non rimanga un moto,
delle infinite costellazioni!
Un sepolcreto in cui da sé remoto
dorma il gran Tutto, e dalle larghe porte
non entri un sogno ad aleggiar nel vuoto
sonno di ciò che fu! - Questa è la morte!
-
Questa,
la morte! questa sol, la tomba...
se già l'ignoto Spirito non piova
con un gran tuono, con una gran romba;
e forse le macerie anco sommuova,
e batta a Vega Aldebaran che forse_________________nomi
di stelle
dian, le due selci, la scintilla nuova;
e prenda in mano, e getti alle lor corse,
sotto una nuova lampada polare,
altri Cigni, altri Aurighi, altre Grand'Orse;____________costellazioni
e li getti a cozzare, a naufragare,
a seminare dei rottami sparsi
del lor naufragio il loro etereo mare;
e li getti a impietrarsi a consumarsi,
fermi i lunghi millenni de' millenni
nell'impietrarsi, ed in un attimo arsi;
all'infinito lor volo li impenni,
anzi no, li abbandoni all'infinita
loro caduta: a rimorir perenni:
alla vita alla vita, anzi: alla vita!
Io mi rivolgo al segno del Leone
dond'arde il fuoco in che si muta un astro,
alle Pleiadi, ai Carri, alle Corone,
indifferenti al tacito disastro;
ai tanti Soli, ai Soli bianchi, ai rossi
Soli, lucenti appena come crune, _________________
colore delle stelle
ai lor pianeti, ignoti a noi, ma scossi
dalla misteriosa ansia comune;
a voi, a voi, girovaghe Comete
che sapete le vie del ciel profondo;
o Nebulose oscure, a voi che siete
granai del cielo, ogni cui grano è un mondo:
di là di voi, di là del firmamento,
di là del più lontano ultimo Sole;
io grido il lungo fievole lamento
d'un fanciulletto che non può, non vuole
dormire! di questa anima fanciulla
che non ci vuole, non ci sa morire!
che chiuder gli occhi, e non veder più nulla,
vuole sotto il chiaror dell'avvenire!
morire, sì; ma che si viva ancora
intorno al suo gran sonno, al suo profondo
oblìo; per sempre, ov'ella visse un'ora;
nella sua casa, nel suo dolce mondo:
anche, se questa Terra arsa, distrutto
questo Sole, dall'ultimo sfacelo
un astro nuovo emerga, uno, tra tutto
il polverìo del nostro vecchio cielo.
Così pensavo: e lo Zi Meo guardando
ciò ch'io guardava, mormorò tranquillo:
"Stellato fisso: domattina piove".
Era andato alle porche il suo pensiero.
Bene egli aveva sementato il grano
nella polvere, all'aspro; e San Martino
avea tenuta per più dì la pioggia
per non scoprire e portar via la seme.
Ma era già durata assai la state
di San Martino, e facea bono l'acqua.
E lo Zi Meo, sicuro di svegliarsi
domani al rombo d'una grande acquata,
era contento, e andava a riposare,
parlando di Chioccetta e di Mercanti,
sopra le nuove spoglie di granturco,
la cara vita cui nutrisce il pane.
L'imbrunire
Cielo e
Terra dicono qualcosa
l'uno all'altro nella dolce sera.
Una stella nell'aria di rosa,
un lumino nell'oscurità.
I Terreni parlano ai Celesti,
quando, o Terra, ridiventi nera;
quando sembra che l'ora s'arresti,
nell'attesa di ciò che sarà.
Tre pianeti su l'azzurro gorgo,
tre finestre lungo il fiume oscuro;
sette case nel tacito borgo,
sette Pleiadi un poco più su.
Case nere: bianche gallinelle!_____________nome
popolare delle Pleiadi
Case sparse: Sirio, Algol, Arturo!__________nomi
delle stelle
Una stella od un gruppo di stelle
per ogni uomo o per ogni tribù.
Quelle case sono ognuna un mondo
con la fiamma dentro, che traspare;
e c'è dentro un tumulto giocondo
che non s'ode a due passi di là.
E tra i mondi, come un grigio velo,
erra il fumo d'ogni focolare.
La Via Lattea s'esala nel cielo,
per la tremola serenità.
Il
bolide
Tutto annerò. Brillava, in alto in alto,
il cielo azzurro. In via con me non c'eri,
in lontananza, se non tu, Rio Salto.
Io non t'udiva: udivo i cantonieri
tuoi, le rane, gridar rauche l'arrivo
d'acqua, sempre acqua, a maceri e poderi.
Ricordavo. A' miei venti anni, mal vivo,
pensai tramata anche per me la morte
nel sangue. E, solo, a notte alta, venivo
per questa via, dove tra l'ombre smorte
era il nemico, forse. Io lento lento
passava, e il cuore dentro battea forte.
Ma colui non vedrebbe il mio spavento,
sebben tremassi all'improvviso svolo
d'una lucciola, a un sibilo di vento:
lento lento passavo: e il cuore a volo
andava avanti. E che dunque? Uno schianto;
e su la strada rantolerei, solo...
no, non solo! Lì presso è il camposanto,
con la sua fioca lampada di vita.
Accorrerebbe la mia madre in pianto.
Mi sfiorerebbe appena con le dita:
le sue lagrime, come una rugiada
nell'ombra, sentirei su la ferita.
Verranno gli altri, e me di su la strada
porteranno con loro esili gridi
a medicare nella lor contrada,
così soave! dove tu sorridi
eternamente sopra il tuo giaciglio
fatto di muschi e d'erbe, come i nidi!
Mentre pensavo, e già sentìa, sul ciglio
del fosso, nella siepe, oltre un filare
di viti, dietro un grande olmo, un bisbiglio
truce, un lampo, uno scoppio... ecco scoppiare
e brillare, cadere, esser caduto,
dall'infinito tremolìo stellare,
un globo d'oro, che si tuffò muto
nelle campagne, come in nebbie vane, _______________un
meteorite
vano; ed illuminò nel suo minuto
siepi, solchi, capanne, e le fiumane
erranti al buio, e gruppi di foreste,
e bianchi ammassi di città lontane.
Gridai, rapito sopra me: Vedeste?
Ma non v'era che il cielo alto e sereno.
Non ombra d'uomo, non rumor di péste.
Cielo, e non altro: il cupo cielo, pieno
di grandi stelle; il cielo, in cui sommerso
mi parve quanto mi parea terreno.
E la Terra sentii nell'Universo.
Sentii, fremendo, ch'è del cielo anch'ella.
E mi vidi quaggiù piccolo e sperso
errare, tra le stelle, in una stella.
La
morte del Papa
XII
Per quella via... Ma quella era la via
dell'Universo, l'alta sui burroni
dell'Infinito ignota Galaxia:
e prima
d'essa Cani Idre Leoni,____________________costellazioni
raggianti nelle tenebre celesti,
gelide: stelle, costellazïoni:
Soli: sciami
di Soli, anzi, con mesti
pianeti ognuno, dove il fuoco primo
par che si spenga e che l'amor si desti;____________altri
sistemi solari
dove marcisce
il puro fuoco in limo
di vita, impuro, su cui vola forse
l'uomo con l'ali, o sguazza il fauno simo. ___________altre
forme di vita
Le costellazïoni
indi trascorse,
dalla fulgida Lira alla Carena,___________________costellazioni
australi
dalla fulgida Croce alle grandi Orse;
ecco la
fitta polvere, la rena
ogni cui grano è Mondo che sfavilla
nella sua solitudine serena;
dove pare
un pulviscolo, una stilla,
il nostro cielo dalla volta immensa...
se pur là c'è la notte, una pupilla
nell'ombra,
uno che veglia, uno che pensa! ........
La
pecorella smarrita
I - "Frate,"
una voce gli diceva: "è l'ora
che tu ti svegli. Alzati! La rugiada
è sulle foglie, e viene già l'aurora".
Egli si alzava. "L'ombra si dirada
nel cielo. Il cielo scende a goccia a goccia.
Biancica, in terra, qua e là, la strada".
S'incamminava.
"Spunta dalla roccia
un lungo stelo. In cima dello stelo,
grave di guazza pende il fiore in boccia".
S'inginocchiava.
"Si dirompe il cielo!
Albeggia Dio! Plaudite con le mani,
pini de l'Hermon, cedri del Carmelo!"
Tre volte
il gallo battea l'ali. I cani
squittìano in sogno. Le sei ali in croce
egli vedea di seraphim lontani.
Sentiva in
cuore il rombo della voce.
Su lui, con le infinite stelle, lento,
fluiva il cielo verso la sua foce.
Era il dì
del Signore, era l'avvento.
Spariva sotto i baratri profondi
colmi di stelle il tacito convento.
- Mucchi
di stelle, grappoli di mondi,
nebbie di cosmi. Il frate disse: "O duce
di nostra casa, vieni! Eccoci mondi".
In quella
immensa polvere di luce
splendeano, occhi di draghi e di leoni,
Vega, Deneb, Aldebaran, Polluce...___________________nomi
di stelle
E il frate
udì, fissando i milïoni
d'astri, il vagito d'un agnello sperso
la tra le grandi costellazïoni
nella profondità
dell'Universo...
II
E il dubbio
entrò nel cuore tristo e pio.
"Che sei tu, Terra, perché in te si sveli
tutto il mistero, e vi s'incarni Dio?
O Terra, l'uno
tu non sei, che i Cieli
sian l'altro! Non, del tuo Signor, sei l'orto
con astri a fiori, e lunghi sguardi a steli!
Noi ti
sappiamo. Non sei, Terra, il porto
del mare in cui gli eterni astri si cullano...
un astro sei, senza più luce, morto:
foglia
secca d'un gruppo cui trastulla
il vento eterno in mezzo all'infinito:
scheggia, grano, favilla, atomo, nulla!"
Così
pensava: al sommo del suo dito
giungeva allora da una stella il raggio________________spazio-tempo
che da più di mille anni era partito.
E vide una
fiammella in un villaggio
lontano, a quelle di lassù confusa:
udì lontano un dolce suon selvaggio.
Laggiù
da una capanna semichiusa
veniva il suono per la notte pura,
il dolce suono d'una cornamusa.
E risonava
tutta la pianura
d'uno scalpiccio verso la capanna:
forse pastori dalla lor pastura.
E il frate
al suono dell'agreste canna
ripensò quelle tante pecorelle
che il pastor buono non di lor s'affanna:
tra i fuochi
accesi stanno in pace, quelle,
sicure là su la montagna bruna;
e il pastor buono al lume delle stelle
quaggiù
ne cerca intanto una, sol una...
III
"Sei
tu quell'una, tu quell'una, o Terra!
Sola, del santo monte, ove s'uccida,
dove sia l'odio, dove sia la guerra;
dove di tristi
lagrime s'intrida
il pan di vita! Tu non sei che pianto
versato in vano! Sangue sei, che grida!
E tu volesti
Dio per te soltanto:
volesti che scendesse sconosciuto
nell'alta notte dal suo monte santo.
Tu lo volesti
in forma d'un tuo bruto
dal mal pensiero: e in una croce infame
l'alzasti in vista del suo cielo muto".
In cielo e
in terra tremulo uno sciame
era di luci. Andavano al lamento
della zampogna, e fasci avean di strame.
Ma il frate,
andando, con un pio sgomento
toccava appena la rea terra, appena
guardava il folgorìo del firmamento:
quella
nebbia di mondi, quella rena
di Soli sparsi intorno alla Polare
dentro la solitudine serena.
Ognun dei
Soli nel tranquillo andare
traeva seco i placidi pianeti _____________________altri
sistemi solari
come famiglie intorno al focolare:
oh! tutti
savi, tutti buoni, queti,
persino ignari, colassù, del male,
che no, non s'ama, anche se niun lo vieti.
Sonava la
zampogna pastorale.
E Dio scendea la cerula pendice
cercando in fondo dell'abisso astrale
la Terra,
sola rea, sola infelice.
La
vertigine
Si racconta
di un fanciullo che aveva
perduto il senso della gravità...
I
Uomini, se
in voi guardo, il mio spavento
cresce nel cuore. Io senza voce e moto
voi vedo immersi nell'eterno vento;
voi vedo,
fermi i brevi piedi al loto,
ai sassi, all'erbe dell'aerea terra,
abbandonarvi e pender giù nel vuoto.
Oh! voi non
siete il bosco, che s'afferra
con le radici, e non si getta in aria
se d'altrettanto non va su, sotterra!
Oh! voi
non siete il mare, cui contraria
regge una forza, un soffio che s'effonde,
laggiù, dal cielo, e che giammai non varia.
_________la forza di marea
Eternamente
il mar selvaggio l'onde
protende al cupo; e un alito incessante
piano al suo rauco rantolar risponde.
Ma voi...
Chi ferma a voi quassù le piante?
Vero è che andate, gli occhi e il cuore stretti
a questa informe oscurità volante;
che fisso
il mento a gli anelanti petti,
andate, ingombri dell'oblio che nega,
penduli, o voi che vi credete eretti!
Ma quando
il capo e l'occhio vi si piega
giù per l'abisso in cui lontan lontano________________orrore
del vuoto
in fondo in fondo è il luccichìo di Vega...?
Allora
io, sempre, io l'una e l'altra mano
getto a una rupe, a un albero, a uno stelo,
a un filo d'erba, per l'orror del vano!
a un nulla,
qui, per non cadere in cielo!
II
Oh! se
la notte, almeno lei, non fosse!
Qual freddo orrore pendere su quelle
lontane, fredde, bianche azzurre e rosse,______colore
ed età delle stelle
su quell'immenso
baratro di stelle,
sopra quei gruppi, sopra quelli ammassi,
quel seminìo, quel polverìo di stelle!
_________oggetti del profondo cielo
Su quell'immenso
baratro tu passi
correndo, o Terra, e non sei mai trascorsa,
con noi pendenti, in grande oblìo, dai sassi.
Io veglio.
In cuor mi venta la tua corsa.
Veglio. Mi fissa di laggiù coi tondi
occhi, tutta la notte, la Grande Orsa:
se mi si
svella, se mi si sprofondi
l'essere, tutto l'essere, in quel mare
d'astri, in quel cupo vortice di mondi!
veder d'attimo
in attimo più chiare
le costellazïoni, il firmamento
crescere sotto il mio precipitare! _______________viaggio
nello spazio
precipitare
languido, sgomento,
nullo, senza più peso e senza senso.
sprofondar d'un millennio ogni momento!_________spazio-tempo
di là
da ciò che vedo e ciò che penso,
non trovar fondo, non trovar mai posa,
da spazio immenso ad altro spazio immenso;
forse,
giù giù, via via, sperar... che cosa?
La sosta! Il fine! Il termine ultimo! Io,
io te, di nebulosa in nebulosa,
di cielo
in cielo, in vano e sempre, Dio!
La
cometa di Halley (
e Dante )
O tu stella randagia,
astro disperso,
che forse cerchi, nel tuo folle andare,
la porta onde fuggir dall'universo!
Le stelle,
quando la tua face appare,
impallidiscono; ansa nei pianeti
l'intimo fuoco, alto s'impenna il mare.
Escono le sibille dai segreti
antri d'Urano. In riva dei canali
di Marte, in pianto, passano i profeti.
Pieno di pianto è
il cielo dei mortali
figli del Sole; e sangue rosso piove
nella penombra, a man a man che sali,
degli astri attorno al semispento Giove. __________Giove,
stella mancata?
II
O tu, ricordi questa terra nera?
Valgono appena otto anni tuoi, da quando
tu lo vedesti, in una cupa sera,
un della Terra.
Andava solo, errando,
senza speranza, col bordone in mano,
ma senza meta, dalla patria in bando
e da sè
stesso: e nel cammin suo vano
ei s'arrestava, mentre l'ombra queta
calava, udendo un mesto suon lontano.
E dagli abissi
uscita allor, Cometa,
tu fiammeggiavi lunga all'orizzonte.
Udiva il suon lontano di compieta,
che par che pianga.
E lo toccasti in fronte.
III
Le stelle impallidirono. Non v'era
altro che te nel cupo cielo esangue
che tu sferzavi con la tua criniera.
Tra i pianeti e
i soli, eri com'angue
che uccide e passa. A questa nera Terra
dicevi il tristo ribollir del sangue,
l'ombre vaganti,
i gridi di sotterra,
tutti gli affanni, tutte le sventure,
tutti i delitti: incendi, stragi, guerra.
All'uomo, dietro
le montagne oscure
e gl'irti rocchi, tu mostravi un luogo:
la sua città. Razzavi come scure
e fumigavi lenta
come un rogo.
IV
Egli guardò. Non vide che una selva
oscura, e sopra il sonno delle genti
del mondo reo sentì latrar la belva.
Vide l'abisso con racchiusi i venti,
le fiamme e il gelo, e la perpetua romba
delle grandi acque, e lo stridor dei denti.
Udì l'alto
silenzio che rimbomba
eternemente; e il lume del sentiero
scòrse, ch'è tra le stelle e la gran
tomba.
Egli era il peregrino
del Mistero.
E tu la morte gli accennasti, ed esso
la vide, e l'abbracciò col suo pensiero,
e sì l'uccise
nel potente amplesso.
V
Ma tu sdegnosa ti spargevi avanti,
torva Cometa, in un diluvio rosso
le miche accese d'altri mondi infranti.
Dante era l'uomo. E tu dicevi:- Io posso
spezzarti, o Terra. E niuno saprà mai
che v'era un globo, ora da me percosso,
nei freddi cieli.Ti disperderai
come una grigia nuvola d'incenso,
o nera terra! E tu, Ombra, che stai?-
Stava. Egli solo nello spazio immenso
stava a te contro, a guardia degli umani,
astro di morte.-Io mi son un che penso-
egli diceva - e sempre è il mio domani-.
VI
Tu gli solcasti
della tua minaccia
la dura fronte; e il pensator terreno
le mani aperse ed allargò le braccia.
E immobilmente
ascese tra il baleno
delle tue scheggie, ascese senza fine,
come in un plenilunio sereno.
Gli si frangean,
col croscio di ruine,
bolidi intorno; in polvere lucente
ridotto il cosmo gli piovea sul crine.
Negli occhi aperti,
accese appena e spente
morian le stelle. E Dante fu nessuno
Terra non più, Cielo non più, ma il
Niente
Il Niente o il
Tutto: un raggio, un punto, l'Uno.
Gennaio 1910