Classificazioni e temperatura

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Un'osservazione attenta delle stelle più brillanti visibili in una limpida notte senza Luna ci rivela che esse non hanno tutte lo stesso colore. Vega e Sirio sono bianco-azzurre, Capella, la stella più brillante della costellazione dell'Auriga, è gialla, Betelgeuse, in Orione, spicca per il suo colore rossastro. Lo studio del colore è importante per l'astronomo e può essere condotto per mezzo di un fotometro munito di opportuni filtri colorati. Al variare del filtro varia la percentuale di luce stellare che raggiunge lo strumento di misura; ad esempio una stella rossa apparirà molto più debole quando è osservata attraverso un filtro blu che attraverso un filtro arancione, mentre succederà l'opposto osservando una stella azzurra.

Questo tipo di misure si presta particolarmente allo studio di stelle deboli (perché attraverso ciascun filtro passa una quantità notevole della radiazione emessa dalla stella) o stelle che presentano fenomeni di variabilità del loro splendore. Ma se vogliamo sapere qualcosa di più preciso sul significato fisico di questa differenza nei colori stellari è opportuno ricorrere a un altro strumento: lo spettrografo, che registra la scomposizione della luce in funzione della sua lunghezza d'onda.

Nella versione utilizzata la prima volta dagli astronomi del XIX secolo la scomposizione della luce era osservata semplicemente con l'occhio: lo strumento era in tal caso uno spettroscopio. Fin dalle prime rudimentali osservazioni risultò chiaro che il colore di una stella è legato all'aspetto del suo spettro e che entrambi sono funzione della temperatura della stella o meglio della temperatura dei suoi strati superficiali. Ma c'è di più: lo spettro racchiude in sé la possibilità di analizzare la composizione chimica delle stelle. Gli spettri stellari sono infatti costituiti da uno sfondo continuo di colori che, come nell'arcobaleno, sfumano dal violetto al rosso, solcato da righe e bande quasi sempre scure; solo qualche oggetto particolare presenta righe più chiare del fondo continuo.

Lo studio degli spettri che si ottengono in laboratorio ha fornito la chiave per interpretare gli spettri stellari. Infatti ogni elemento chimico emette, quando è riscaldato, delle righe la cui posizione è fissa e individuata dalla lunghezza d'onda delle singole righe. Conoscendo quindi le righe spettrali dei vari elementi è possibile identificare le righe di uno spettro stellare. Dall'intensità di queste righe si può risalire all'abbondanza dei singoli elementi nell'atmosfera stellare per ricostruirne la com­posizione chimica.

Applichiamo queste semplici nozioni all'analisi degli spettri di stelle di diverso colore: le stelle più azzurre presentano nel loro spettro essenzialmente le righe dell'elio, quelle bianche dell'idrogeno, quelle gialle hanno uno spettro ricco di righe degli elementi di massa atomica superiore, che gli astronomi, con poco rigore, definiscono complessivamente metalli; nelle stelle rosse, infine, alle sottili righe atomiche si affiancano bande molecolari dell'ossido di titanio, di zirconio e di carbonio.

Quella appena descritta è una sequenza di oggetti in ordine di temperatura decrescente: è facile intuirlo pensando alla trasformazione di colore che subisce un pezzo di ferro sottoposto a un progressivo riscaldamento: prima diventa rosso, poi arancione, quindi al crescere della temperatura passa al giallo e infine al bianco-azzurro. Le stelle rosse hanno perciò una temperatura superficiale relativamente bassa di qualche migliaio di gradi, le azzurre temperature elevatissime dell'ordine di varie decine di migliaia di gradi.

Una corretta interpretazione delle righe che solcano gli spettri è possibile solo se si fa riferimento alla temperatura superficiale delle stelle, interpretata dalla legge fisica di Wien (dal fisico tedesco Wilhelm Wien, 1864-1928, che la enunciò): il massimo della radiazione irraggiata da un corpo cade a una lunghezza d'onda tanto più corta quanto più alta è la sua temperatura. Alle temperature basse che regnano nell'atmosfera di una stella di colore rosso possono esistere le molecole semplici che danno origine alle caratteristiche bande di queste stelle. A temperature più elevate, le molecole sono dissociate e si osservano solo righe atomiche. Per temperature ancora superiori gli atomi perdono prima uno poi vari elettroni periferici trasformandosi in ioni le cui righe più intense non cadono più nella regione ottica dello spettro.

La stessa cosa succede per l'idrogeno e l'elio, i due elementi più abbondanti nelle stelle; a bassa temperatura non si osservano le loro righe caratteristiche perché non vi sono atomi di tali elementi eccitati nell'atmosfera di queste stelle. A temperature dell'ordine di l0 000 gradi le righe dell'idrogeno predominano, mentre per temperature ancora più elevate la maggior parte dell'idrogeno si ionizza e l'atomo, privato del suo unico elettrone, non può più emettere o assorbire energia e quindi dar luogo a righe, mentre l'elio, perduto uno dei suoi due elettroni, dà luogo alle righe di HeII (questa è una notazione molto usata in astronomia per indicare l'atomo di elio che ha perduto un elettrone, ossia lo ione He+; così per designare l'elio neutro, He0, si usa scrivere HeI, per l'azoto che ha perduto due elettroni,N III ecc.); le righe di questo ione nonostante la minore abbondanza rispetto all'idrogeno predominano nelle stelle O più calde.

Gli astronomi del secolo scorso, in particolare Angelo Secchi, a cui si deve la prima classificazione spettrale, avevano collegato, come abbiamo fatto finora noi, l'aspetto dello spettro al colore di una stella. Successivamente le stelle sono state suddivise in tipi spettrali distinti da lettere dell'alfabeto. Ciascun tipo è poi stato suddiviso in sottotipi contraddistinti da una cifra da 0 a 9. In ordine di temperatura decrescente i tipi spettrali sono O B A F G K M. Gli studenti delle università americane hanno coniato una frase rimasta famosa per ricordare l'ordine di questa sequenza: Oh, Be A Fine Giri, Kiss Me! (Oh, sii una ragazza gentile, baciami!). Una stella bianca come Vega è una stella di tipo AO, il Sole ha tipo spettrale G2, Betelgeuse è classificata M2.

Abbiamo a questo punto chiarito un punto fondamentale della fisica stellare: l'aspetto estremamente vario dei diversi tipi spettrali è dovuto essenzialmente alla diversa temperatura che regna nell'atmosfera delle stelle e non a una diversa composizione chimica. Questa, a parte piccole differenze, è fondamentalmente la stessa per tutte le stelle, ivi compreso il Sole. L'idrogeno è l'elemento di gran lunga più abbondante: esso costituisce circa il 70% della massa di una stella, seguito dall'elio (un po' meno del 30%); tutti gli altri elementi presi insieme sono le impurità di questo materiale stellare e costituiscono poco più del 3% della massa di una stella.

Se si consulta in un catalogo la classificazione spettrale di una stella, ad esempio Vega, si trova che essa è AOV. La classificazione data finora è in altre parole incompleta perché non accenna al significato della cifra romana, V in questo caso. Essa sta ad indicare la luminosità, parametro altrettanto importante della temperatura per specificare le caratteristiche di una stella.

L'aspetto di uno spettro, qualunque sia la sua origine, dipende infatti non solo dalla temperatura e dalla composizione del gas che lo compone, ma anche dalla pressione a cui è sottoposto. Nelle stelle il valore della gravità superficiale è una funzione della pressione che regna nella loro atmosfera ed è espresso dalla classe di luminosità indicata mediante un numero romano da I per le stelle supergiganti ad atmosfera molto estesa e rarefatta a V per le stelle cosiddette nane, per le quali il valore della gravità superficiale è parecchie centinaia di volte superiore a quello delle supergiganti.

Dall'importanza di conoscere il tipo spettrale e la classe di luminosità delle stelle segue la necessità di poter determinare questi due parametri per il maggior numero possibile di oggetti, utilizzando tutti i mezzi disponibili per poterne determinare i valori che risultano in generale tanto più precisi quanto più la stella è vicina. L'analisi spettrale, oltre a essere un mezzo intrinsecamente laborioso di indagine, è applicabile solo a stelle che appaiono sufficientemente brillanti o perché relativamente vicine al sistema solare o perché intrinsecamente molto luminose. Al di sotto di un certo valore dello splendore stellare, valore che dipende dal tipo di spettrografo e telescopio usati, il tipo spettrale e la classe di luminosità vengono ricavati per via fotometrica. Utilizzando opportuni indici di colore si ricavano delle quantità legate, come il tipo spettrale e la classe di luminosità, alla temperatura e alla densità del materiale che forma l'atmosfera stellare. Un indice di colore è definito come differenza tra due magnitudini stellari: prima di proseguire è necessario comprendere il significato di questo termine.