ALL'OPERA
SOTTO LE STELLE
Sono
qui raccolte alcune pagine di opere liriche in cui compaiono
riferimenti alla luna e alle stelle.
Naturalmente siamo consapevoli che nell'opera lirica,
le parole senza la musica e senza quello strumento straordinario
che è la voce umana del tenore, del soprano,
del baritono, del basso, perdono gran parte del loro
valore, e suggeriamo quindi ai visitatori l'ascolto
delle opere nella loro completezza.
RUSALKA
Favola lirica in tre atti di Jaroslav
Kvapil
Musica di Antonín Dvorák (1841-1904)
Rusalka è un’ondina
del lago che, innamorata di un uomo, desidera diventare
donna. Ciò è una trasgressione, nel suo
mondo incantato; per ottenere la trasformazione Rusalka
dovrà chiedere aiuto alla strega Jeibaba.
Il finale sarà tragico, come nella Sirenetta
di Andersen…
Rusalka (levando gli occhi alla luna)
Cara luna, luna d’argento,
alta nel cielo,
tu che tante cose vedi nel tuo corso,
tu che conosci il destino degli uomini,
dimmi dov’è il mio amore!
E digli che tu, luna d’argento, l’avvolgi
per me tra le tue braccia argentate…
Digli, o luna d’argento,
che gli dono il mio cuore,
e che almeno un istante
si ricordi di me in sogno…
Fagli luce ovunque egli vada
e digli che qualcuno qui l’attende fedele.
E se mi vedrà nei suoi sogni,
fa’ che si risvegli al mattino
con questo ricordo!
(la luna si nasconde)
Brilla, o luna! Non nasconderti…
Com’è fredda l’onda!
Segnalazione di Elisabetta Lipeti
ATTILA
Dramma per musica.
musica di
Pietro Andrea ZIANI
libretto di
Matteo NORIS
Atto Primo scena II
Filistene
Attila ferma:
ferma 'l superbo piede
terror de i re, distruggitor de l'orbe:
e qui d'un uom, che da l'eterne menti
a non mentir apprese, odi l'accenti.
Oronte
Al mento irsuto, al lungo manto,
al crespo
ruvido velo, a la rotante sfera
tratta stelle, e pianeti.
Attila
O di cava terrena
talpa uscita a la luce, insano aborto
di stolida natura;
che favelli? Chi sei? Qual de l'abisso
tenebrosa voragine profonda
ti vomitò da la tartarea sponda?
Filistene
Un uom son'io; ma de gli dèi
compagno
rade volte con l'uom siedo, e ragiono:
Filistene m'appello; e quel che vedi
colà cinto da lauri antro frondoso,
che di quel colle erboso
ne le visceri alpestri
anco di mezzo giorno asconde l'ombre,
e mio ricetto, e nido: i torvi aspetti
de le stelle, e di Cintia, e degl'orrendi
portentosi vapori, astri criniti
noti mi son, su questo globo errante
giran le forti umane, e a me sol lice
ne gl'alberghi de l'orto, e dell'occaso;
parlar col fato, e interrogare il caso.
Attila
Tumido esplorator del firmamento,
di quelle cifre vane
folle rilevator vaticinante,
dimmi: del nostro brando,
che parlan gl'astri, e 'l mio rival tonante?
Filistene
Mira là su quella crinita
vampa,
speglio a quel re, che di pietà si spoglia:
de lo striscio di foco
il funesto presagio intento ascolta,
pria che dal mar d'Atlante
sorga fosforo acceso.
....
Il
mondo della Luna
Franz Yoseph Haidn
libretto di Carlo Goldoni
O luna lucente,
di Febo sorella,
che candida e bella
risplendi lassù,
deh, fa che i nostri occhi
s'accostino ai tuoi,
e scopriti a noi
che cosa sei tu.
Basta, basta, discepoli,
alla triforme dèa le voci giunsero;
esauditi sarete in breve termine.
Su via, tosto sugli omeri
prendete l'arcimassimo
mio canocchial novissimo
drizzatel su la specula,
perpendicolarmente in ver l'ecclitica.
Vuò veder se avvicinasi
de' due pianeti il sinodo,
idest, quando la luna al sol congiungesi,
che dal mondo volgare ecclissi appellasi.
Andate, andate subito,
pria che Cinzia ritorni al suo decubito.
Prendiamo, fratelli,
il gran telescopio,
o sia microscopio,
o sia canocchial.
Vedrem della luna
se il tondo sereno
sia un mondo ripieno
di gente mortal.
Segnalazione di Monica Mariotti
Il
sogno di Scipione
di Wolfgang Amadeus Mozart
azione teatrale di Pietro Metastasio
(riferimenti letterari: Cicerone: Somnium
Scipionis)
.............
Scipione:
Dunque ove son? La Reggia
Di Massinissa, ove poc'anzi i lumi
Al sonno abbandonai,
Certo questa non è.
Costanza:
No. Lungi assai
È l'Africa da noi. Sei nell'immenso
Tempio del ciel.
Fortuna:
Non lo conosci a tante,
Che ti splendono intorno,
Lucidissime stelle? a quel che ascolti
Insolito concento
Delle mobili sfere? a quel che vedi
Di lucido zaffiro
Orbe maggior, che le rapisce in giro?
Scipione:
E chi mai tra le sfere, o Dèe, produce
Un concento sì armonico e sonoro?
Costanza:
L'istessa, ch'è fra loro,
Di moto e di misura
Proporzionata ineguaglianza. Insieme
Urtansi nel girar; rende ciascuna
Suon dall'altro distinto;
E si forma di tutti un suon concorde.
Varie così le corde
Son d'una cetra; e pur ne tempra in guisa
E l'orecchio, e la man l'acuto e 'l grave,
Che dan, percosse, un'armonia soave.
Questo mirabil nodo,
Questa ragione arcana
Che i dissimili accorda,
Proporzion s'appella, ordine e norma
Universal delle create cose.
Questa è quel che nascose,
D'alto saper misterioso raggio,
Entro i numeri suoi di Samo il saggio.
Scipione:
Ma un'armonia sì grande
Perché non giunge a noi? Perché non l'ode
Chi vive là nella terrestre sede?
Costanza:
Troppo il poter de' vostri sensi eccede.
Ciglio che al sol si gira
Non vede il sol che mira,
Confuso in quell'istesso
Eccesso di splendor.
Chi là del Nil cadente
Vive alle sponde appresso
Lo strepito non sente
Del rovinoso umor.
..........
Scipione:
Son fuor di me. Tutto quassù m'è nuovo
Tutto stupir mi fa.
Emilio:
Depor non puoi
Le false idee che ti formasti in terra,
E ne stai sì lontano. Abbassa il ciglio;
Vedi laggiù d'impure nebbie avvolto
Quel picciol globo, anzi quel punto?
Scipione:
Oh stelle!
È la terra?
Emilio:
Il dicesti.
Scipione:
E tanti mari,
E tanti fiumi, e tante selve, e tante
Vastissime provincie, opposti regni,
Popoli differenti? e il Tebro? e Roma?
Emilio:
Tutto è chiuso in quel punto.
Scipione:
Ah padre amato,
Che picciolo, chevano,
Che misero teatro ha il fasto umano!
.................
La
Gioconda
di
Amilcare Ponchielli
Libretto di Tobia Gorrio
(Arrigo Boito)
(Atto II, scena 5)
Enzo
...Vedrem tra poco tramontar la
luna.
Quando sarà corcata, all'aura bruna
noi salperem; cogli occhi al firmamento,
coi baci in fronte e colle vele al vento!
(La luna bassa si
svolve dalle nuvole;
il suo disco s'asconderà dietro il vascello.)
Enzo e Laura
...La luna discende, discende
ricinta di roride bende,
siccome una sposa all'altar.
E asconde - la spenta - parvenza
nell'onde; con lenta cadenza
la luna è discesa nel mar!
(Atto III, scena 2)
Coro
La gaia canzon
fa l'eco languir,
el'ilare suon
si muta in sospir.
Con vago miraggio
riflette la luna
l'argenteo suo raggio
sull'ampia laguna
ein quel si sublima
riverbero pio,
poetica rima
creata da Dio.
Il
Trovatore
di
Giuseppe Verdi
libretto di Salvatore Cammarano
Atto
I, scena 2
Leonora
Ascolta.
Tacea la notte placida,
bella d'un ciel sereno,
la luna il viso argenteo
lieto mostrava e pieno ...
Quando suonar per l'aere,
infino allor sì muto,
dolci s'udiro e flebili
gli accordi d'un liuto,
e versi melanconici
un trovator cantò....
Butterfly
di Giacomo Puccini
libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
Atto
I
..
Butterfly (scendendo dal terrazzo
Somiglio la Dea della luna,
la piccola Dea della luna
che scende la notte
dal ponte del ciel.
Pinkerton
E affascina i cuori...
Butterfly
E li prende e li avvolge
in un bianco mantel
E via se li reca
negli alti reami.
Pinkerton
Ma intanto finor non
m'hai detto, ancor non
m'hai detto che m'ami.
Le sa quella Dea
le parole che appagan
gli ardenti desir?
Butterfly
Le sa.
Forse dirle non vuole,
per tema d'averne a morir,
per tema d'averne a morir!
.............
Butterfly
Ah! Dolce notte!
Quante stelle!
Non le vidi mai sì belle!
Dolce notte! Quante stelle!
Non le vidi mai sì belle!
Trema, brilla ogni favilla
col baglior d'una pupilla. Oh!
Oh! quanti occhi fisi, attenti
d'ogni parte a riguardar!
pei firmamenti,
via pei lidi,
via pel mare...
Suor
Angelica
di G. Puccini
opera in un atto di Giovacchino Forzano
Un singolare riferimento a una sorta di meridiana
Suor Genovieffa
(gaiamente)
Oh sorelle! Sorelle!
Poiché il Signore vuole
io voglio rivelarvi
che una spera di sole
è entrata in clausura!
Guardate dove batte,
là, là fra la verzura!
Il sole e sull'acòro!
Comincian le tre sere
della fontana d'oro!
Alcune suore
- È vero, fra un istante
vedrem l'acqua dorata!
- E per due sere ancora!
- È Maggio! È Maggio!
- È il bel sorriso di Nostra Signora
che viene con quel raggio.
- Regina di Clemenza, grazie!
- Grazie!
Una novizia
Maestra, vi domando
licenza di parlare.
La maestra delle novizie
Sempre per laudare
le cose sante e belle.
La novizia
Qual grazia della Vergine
rallegra le sorelle?
La maestra delle novizie
Un segno risplendente
della bonta di Dio!
Per tre sere dell'anno solamente,
all'uscire dal coro,
Dio ci concede di vedere il sole
che batte sulla fonte e la fa d'oro.
La novizia
E le altre sere?
La maestra delle novizie
O usciamo troppo presto e il sole
è alto,
o troppo tardi e il sole è tramontato.
Tosca
di Giacomo
Puccini
Libretto di V. Sardou, L. Illica, G. Giacosa
Tosca -
Atto I scena V
Al tuo fianco sentire
per le silenziose
stellate ombre, salir
le voci delle cose!...
Dai boschi e dai roveti,
dall'arse erbe, dall'imo
dei franti sepolcreti
odorosi di timo,
la notte escon bisbigli
di minuscoli amori
e perfidi consigli
che ammolliscono i cuori.
Fiorite, o campi immensi, palpitate
aure marine nel lunare albor,
piovete voluttà, volte stellate!
Arde a Tosca folle amor!
Tosca (Vissi
d'arte - Atto II)
Diedi gioielli
Della Madonna al manto,
E diedi il canto agli astri,
Al ciel, che ne ridean più belli.
Cavaradossi (Atto III - scena II)
E lucevan le stelle...
ed olezzava la terra...
stridea l'uscio dell'orto...
e un passo sfiorava la rena...
Entrava ella, fragrante,
mi cadea fra le braccia...
Oh! dolci baci, o languide carezze,
mentr'io fremente
le belle forme disciogliea dai veli!
Svanì per sempre il sogno mio d'amore...
L'ora è fuggita...
E muoio disperato!
E non ho amato mai tanto la vita!...
Segnalazione di Luca Boschini
Iris
di
Pietro Mascagni
libretto di Luigi Illica
Addio cielo
fatto di onde piene di raggi di luna e di misteri!
La Notte abbandona il cielo; il suo lavoro vivificatore
è finito;
uomini e cose hanno riposato e sognato; essa cede il
governo della vita al Giorno.
Come in un gran velario di nebbie, tutto inonda una
tinta diafana e indecisa; è la incertezza del
primo raggio, ma gradatamente poi, ecco, i primi albori
che si diffondono rispecchiandosi in scintille adamantine
entro a le rugiade sui fiori, sulle erbe!
Nel piccolo giardino di Iris, i fiori, come curiosi
bimbi, levano i visi dalle chiomate corolle e guardano
ad oriente.
La casetta di Iris è ancora chiusa dentro alle
sue stuoie colorate e ai suoi battenti di quercia.
Il villaggio, dietro quella grigia macchia di alti,
pallidi bambou, eleva ancora indecisi nella penombra
i suoi bizzarri tetti; e il ruscello che lo divide dalla
piccola casa di Iris mormora la sua cadenza senza scopo,
mesta o gaia secondo che la luce, che scende e vi penetra,
effonde nelle sue acque il riso o la lagrima de cielo.
E l'aria si riempie di fulgori!
E l'aria passa tra rami e fronde, tra fiori ed erbe,
tra piante e case, e palpita!
O Luce, anima del Mondo!
Leggiere brume erranti fuggono ai venti; e al di là,
lontano, lontano, nelle immensità profonde dell'azzurro,
immobili come un gran mare calmo, già balenano
rapidi splendori, echi di luce, vibrazioni misteriose
d'altri infiniti mondi esultanti alla vita!
Or discendono i raggi; pallidi prima, poi rosei, caldi,
vivi... è il Giorno!
L'aurora trionfa, le cose si disegnano rapide!
Ecco la scena: La allegra casetta di Iris; il suo giardino
colla piccola siepe di biancospine in fiore; nettamente
ora spiccano i pallidi e sottili bambou nel risalto
del villaggio; il ruscello canta gaio ed azzurro il
ritornello che gli viene dalla canzone serena ed azzurra
del cielo; e laggiù, là, nell'estremo
fondo, il Fujiama, alto come la brama degli umani anelanti
alla gran pace del silenzio!
Il Fujiama!
Ultimo appare egli, fantastica visione; ma sull'alta
sua cervice, immacolata per eternità di neve,
reca esso pel primo, alla valle dove vive Iris, il riflesso
del primo raggio del Sole.
LA NOTTE
I PRIMI ALBORI
I FIORI
L'AURORA
Il Sole
(coro invisibile)
Son Io! Son Io la Vita!
Son la Beltà infinita,
La Luce ed il Calor.
Amate, o Cose! dico:
Sono il Dio novo e antico,
Son l'Amor!
Amate!
Per me gli augeli han canti,
I fior profumi e incanti,
Profumi i fior,
L'albe il color di rose,
E palpiti le cose.
Per me han profumi
E incanti i fior.
Il Sole appare
Dei Mondi Io la Cagione;
Dei Cieli Io la Ragione!
Uguale Io scendo ai Re,
Sì come a te, mousmè!
Pietà è l'essenza mia,
Eterna Poesia, Amor!
Il giorno spunta
Calore, Luce, Amor! Amor!
* * * * * * * * * * * *
III atto
Finale
Iris
Perchè? Perchè?
Nel cielo cominciano i primi bagliori.
La luce si fa più viva,
quasi volesse rianimare la morente Iris,
che guarda fissa nelle immense profondità dell'azzurro
cielo.
I primi raggi del sole scendono a carezzare Iris;
essa crede sentire in sè rinnovellarsi la vita:
e con entusiasmo alzandosi e protendendo le braccia in
alto,
saluta il sole, che ora tutta la illumina.
Iris
Un gran'occhio mi guarda!
Il Sole? È il Sole!
Tu sol non m'abbandoni!
A me tu vieni,
Io riposo al tuo raggio
Riposo nella luce!
Aure di canti!
Mari di splendori!
Plaghe, cieli di fiori!
Muore Iris, ma già eterna, sente
la sua anima
divenire fulgida come un raggio,
alla voce ben nota del suo Sole che chiama.
Il Sole (coro)
Ancor! Son Io, la Vita!
Son la Beltà infinita,
La Luce ed il Calor.
Amate, o Cose!
Dico: Sono il Dio novo e antico;
Son l'Amor, son l'Amor!
I fiori
Voci di
donne cantando a bocca chiusa
Tutta una fantasia di fiori,
che sbocciano sotto la potenza dei raggi solari,
si stende poco a poco intorno al corpo d'Iris.
Non più gli squallidi dirupi, la melmosa fogna,
ma una immensità di fiori ed un mare di luce.
Gli steli dei fiori si annodano intorno al corpo d'Iris,
come braccia umane, e la sollevano
su per l'azzurro e l'infinito... verso il sole.
Il Sole
(coro)
Dei Mondi Io la Cagione;
Dei Cieli Io la Ragione!
Uguale Io scendo ai Re,
Sì come a te, mousmè! ecc.
L'anima tua è mia!
D'un fiore all'agonia venite
O fior, o fior venite tutti, o fior!
O Morte, Signora Misteriosa, quanto sei grande nella tua
pietà,
Tu che tanti mare e cieli eterni poni fra gli umani e
i loro dolori!
AIDA
di Giuseppe Verdi
Libretto di Antonio Ghislanzoni
Atto III
Le rive del Nilo: rocce di granito fra
cui crescono palmizi.
Sul vertice delle rocce il tempio d'Iside per metà
nascosto tra le
fronde. E' notte stellata. Splendore di luna.
Sacerdotesse Sacerdoti nel
tempio
O tu che sei d'Osiride
Madre immortale e sposa,
Diva che i casti palpiti
Desti agli umani in cor,
Soccorri a noi pietosa,
Madre d'immenso amor.
Da una barca che approda alla
riva discendono
Amneris, Ramfis, alcune donne coperte da fitto velo e
Guardie.
Ramfis ad Amneris
Vieni d'Iside al tempio: alla vigilia
Delle tue nozze, invoca
Della Diva il favore. Iside legge
De'mortali nel core; ogni mistero
Degli umani a lei `e noto.
Amneris
Sì; io pregherò che
Radames mi doni
Tutto il suo cor, come il mio cor a lui
Sacro è per sempre.
Ramfis
Andiamo.
Pregherai fino all'alba; io sarò teco.
Tutti entrano nel tempio.
Sacerdotesse Sacerdoti
Soccorri a noi pietosa,
Madre d'immenso amor.
TURANDOT
di Giacomo Puccini
Libretto di Giuseppe Adami e
Renato Simoni
Calaf
Nessun dorma! Nessun dorma!
Tu pure, o Principessa,
nella tua fredda stanza guardi le stelle
che tremano d'amore e di speranza...
Ma il mio mistero è chiuso in me,
il nome mio nessun saprà!
No, no, sulla tua bocca lo dirò,
quando la luce splenderà
Ed il mio bacio scioglierà
il silenzio che ti fa mia.
Le donne
Il nome suo nessun saprà
E noi dovrem, ahimè, morir, morir!
Calaf
Dilegua, o notte! Tramontate,
stelle!
All'alba vincerò! Vincerò!
Ping, Pong, Pang
Tu che guardi le stelle,
abbassa gli occhi
La nostra vita è in tuo potere!
* * * * * * * * * *
La folla
Perché tarda la luna?
Faccia pallida!
Mostrati in cielo! Presto, vieni!
Spunta! O testa mozza! O squallida!
Vieni! Spunta! Mostrati in cielo!
O testa mozza! O esangue!
O esangue, o squallida!
O taciturna! O amante, smunta dei morti!
O taciturna, mostrati in cielo!
Come aspettano, o taciturna,
il tuo funereo, lume i cimiteri!
O esangue, squallida! O testa mozza!
Ecco laggiù un barlume!
Vieni, presto, spunta! O testa mozza, spunta!
Vieni! O testa mozza, vieni!
Mostrati, o faccia pallida!
O faccia pallida! O esangue, pallida!
Vieni, amante smunta dei morti!
O amante, smunta dei morti! Vieni, vieni, spunta!
Ecco laggiù un barlume, dilaga in cielo,
la sua luce smorta!
Tutti
Pu-Tin-Pao! La luna è
smorta!
Segnalazione di Gian Marco
Rinaldi
BOHEME
Giacomo Puccini
Libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa
Atto I
Rodolfo (tenendo
la mano di Mimì, con voce piena di emozione!)
Che gelida manina!
Se la lasci riscaldar.
Cercar che giova? Al buio non si trova.
Ma per fortuna è una notte di luna,
e qui la luna l'abbiamo vicina.
Aspetti, signorina,
le dirò con due parole
chi son, che faccio e come vivo. Vuole?
Mimì tace: Rodolfo lascia
la mano di Mimì, la quale indietreggiando trova
una sedia
sulla quale si lascia quasi cadere
affranta dall'emozione.
Chi son? Sono un poeta.
Che cosa faccio? Scrivo.
E come vivo? Vivo.
NORMA
di
Vincenzo Bellini
Libretto di Felice Romani
Atto primo
Druidi
Sorta è la Luna, o Druidi.
Ite, profani, altrove,
Ite altrove.
Pollione
Traman congiure i barbari,
Ma io li preverrò!
Scena III
Druidi
dal fondo, Sacerdotesse, Guerrieri, Bardi, Eubagi,
Sacrificatori, e in mezzo a tutti, Oroveso.
Coro
Norma viene: le cinge la chioma
La verbena ai misteri sacrata;
In sua man come luna falcata
L'aurea falce diffonde splendor.
Ella viene, e la stella di Roma
Sbigottita si copre d'un velo;
Irminsul corre i campi del cielo
Qual cometa foriera d'orror.
Scena IV
Entra Norma in mezzo alle sue ministre.
Ha sciolto i capelli, la fronte circondata di una corona
di verbena,
ed armata la mano d'una falce d'oro.
Si colloca sulla pietra druidica,
e volge gli occhi d'intorno come ispirata. Tutti fanno
silenzio.
........................................
Norma
Falca il vischio; le Sacerdotesse lo
raccolgono in canestri di vimini;
Norma si avanza e stende le braccia al cielo;
la luna splende in tutta la sua luce; tutti si prostrano.
Casta Diva, che inargenti
Queste sacre antiche piante,
Al noi volgi il bel sembiante,
Senza nube e senza vel!
Oroveso e coro
Casta Diva, che inargenti
Queste sacre antiche piante,
Al noi volgi il bel sembiante,
Senza nube e senza vel!
Norma
Tempra, o Diva,
Tempra tu de' cori ardenti,
Tempra ancora lo zelo audace.
Spargi in terra quella pace
Che regnar tu fai nel ciel.
Oroveso e coro
Diva, spargi in terra
Quella pace che regnar
Tu fai nel ciel.
ANDREA
CHENIER
Musica di Umberto Giordano
Libretto di Luigi Illica
Atto I
Andrea Chénier, poeta
Un dì all'azzurro
spazio
guardai profondo,
e ai prati colmi di viole,
pioveva loro il sole,
e folgorava d'oro il mondo:
parea la terra un immane tesor,
e a lei serviva di scrigno il firmamento.
Su dalla terra a la mia fronte
veniva una carezza viva, un bacio.
Gridai vinto d'amor:
T'amo tu che mi baci,
divinamente bella, o patria mia!
OTELLO
Musica
di Giuseppe Verdi
Versi di Arrigo Boito
Atto I
Il cielo si sarà tutto rasserenato: si vedranno
alcune stelle e sul lembo dell'orizzonte
il riflesso ceruleo della nascente luna.
Tale è il gaudio dell'anima
che temo,
temo che più non mi sarà concesso
quest'attimo divino
nell'ignoto avvenir del mio destino.
Desdemona
Disperda il ciel gli affanni
e amor non muti col mutar degli anni.
Otello
A questa tua preghiera
Amen risponda la celeste schiera.
Desdemona
Amen risponda.
Otello, appoggiandosi
ad un rialzo degli spaldi
Ah! la gioia m'innonda
sì fieramente. . .che ansante mi giacio. . .
Un bacio. . .
Desdemona
Otello!
Otello
Un bacio. . .ancora un bacio,
alzandosi e mirando il cielo
Già la Pleiade ardente
al mar discende.
Desdemona
Tarda è la notte.
Otello
Vien. . .Venere splende.
Desdemona
Otello!
s'avviano abbracciati verso il castello
Segnalazione di Diego Sappa.