Le nebulose
Abbiamo già incontrato alcuni tipi di nebulose, parlando dell'evoluzione delle stelle: le nebulose planetarie e i resti di supernova. Entrambe, tuttavia, sono nubi di gas che rappresentano fasi avanzate della vita delle stelle. Le nebulose propriamente dette sono quelle diffuse, cioè le nubi di gas e polveri che popolano la nostra e le altre galassie, soprattutto quelle a spirale, all'interno delle quali sono collocate per lo più nei bracci. Esse giocano un ruolo fondamentale nella storia del cosmo: infatti è alloro interno che si formano nuovi astri per mezzo di un lento collasso gravitazionale.
Il materiale di cui sono costituite è diviso, come detto, in due componenti: gas e polveri. In parte il gas è di origine primordiale, cioè si è formato all'inizio della storia dell'universo, quando si formarono l'idrogeno e l'elio che costituirono le prime stelle. Gli elementi più pesanti e le polveri, invece, hanno un'origine più recente, in quanto si sono formati all'interno di stelle ormai esplose che li hanno poi rilasciati nel mezzo interstellare. Vi è quindi una sorta di percorso ciclico che caratterizza il mezzo interstellare: da una nube diffusa di gas si forma una stella, la quale riemette parte della propria massa nel corso della sua evoluzione sotto forma di nebulosa planetaria o di resto di supernova; questa materia, poi, diventa di nuovo disponibile per la formazione di nuove stelle, le quali avranno una composizione "arricchita" di elementi pesanti.
Di fatto le nebulose sono regioni in cui il tenue mezzo interstellare si è addensato, sempre a causa della gravità, formando nubi che, crescendo di massa e dimensioni, attirano sempre di più la materia circostante. In alcuni casi tali nubi diventano visibili, poiché le stelle di recente formazione alloro interno ne eccitano gli atomi, rendendole luminose
Vi sono molti esempi di nebulose diffuse in cielo, e in generale possiamo dividerle in tre tipi: nebulose a emissione, a riflessione e oscure, a seconda dei fenomeni che vi avvengono e del loro aspetto all'osservazione. Le prime brillano perché i loro atomi sono eccitati dalla radiazione ultravioletta emessa da stelle vicine e diventano a loro volta sorgente di radiazione (un esempio è la grande nebulosa di Orione a sinistra); le seconde invece non emettono radiazione propria ma riflettono quella delle stelle più prossime apparendo del loro stesso colore (come nel caso della tenue luminosità azzurrina che circonda l'ammasso aperto delle Pleiadi). Quelle oscure, infine, sono dense concentrazioni di polvere che assorbono molto efficacemente la luce, e si rendono visibili in ottico solo quando dietro di loro vi è una sorgente luminosa sulla quale si possono stagliare (come la nebulosa Testa di cavallo, sempre nella costellazione di Orione).
Molte di esse sono facilmente osservabili, in alcuni casi anche a occhio nudo; in altri casi è sufficiente un binocolo o un piccolo telescopio amatoriale. Tra queste vi sono senz'altro quelle che appartengono al famoso catalogo di Messier, compilato nella seconda metà del Settecento dall'omonimo astronomo francese. La nebulosa più brillante del nostro emisfero è quella di Orione, catalogata come M42 (cioè il quarantaduesimo oggetto del catalogo di Messier). Essa è probabilmente il primo oggetto verso il quale gli amanti del cielo rivolgono i propri strumenti, appena acquistati, nelle lunghe notti invernali; i suoi straordinari colori, però, si rivelano soltanto nelle fotografie a lunga posa.