Materia interstellare
La presenza di nebulose oscure nella Galassia dimostra che il materiale di cui essa è formata non è solo concentrato nelle stelle, ma che, almeno in certe regioni, esiste un materiale interstellare capace di impedire alla radiazione di stelle lontane di superare la barriera costituita da una nebulosa oscura.
La materia interstellare non si trova solo nelle regioni del cielo che ci appaiono come nebulose oscure; essa è sparsa ovunque nello spazio che separa le stelle del disco galattico con concentrazione diversa da zona a zona e con densità maggiore nelle nebulose.
Si pone allora il problema dello studio di questo materiale diffuso sparso nella fascia che contiene il piano galattico, Questo materiale è formato di polveri e gas e le prime ricerche su di esso sono state effettuate servendosi di telescopi ottici. Anche se la massa totale di tale materia all'interno della Galassia osservabile direttamente è inferiore al 10% della massa galattica, la sua analisi riveste grande importanza nello studio sulla formazione delle stelle. Per scoprire la presenza e studiare le caratteristiche della materia interstellare si indagano gli effetti che essa produce sulla radiazione proveniente da stelle lontane.
Le polveri interstellari, piccola percentuale della materia interstellare, sono costituite da minutissimi grani di particelle solide che hanno la proprietà di diffondere la luce in modo selettivo: per effetto di questo fenomeno di diffusione e assorbimento la luce che proviene da una stella appare ai nostri apparecchi di misura tanto più indebolita e arrossata quanto più la stella è lontana o più esattamente quanto maggiore è la quantità di polveri interstellari che ha attraversato. La misura dell'effetto di arrossamento di una stella è condotta confrontando l'indice di colore osservato con quello previsto in assenza di arrossamento interstellare.
La determinazione dell'indice di colore di una stella consiste nella misura della differenza di magnitudine che la stella presenta quando è osservata in due diversi domini spettrali. Nella sua formulazione più semplice il problema si risolve mediante la misura dello splendore di una stella facendo uso di un fotometro accoppiato a vari filtri di colore diverso. Gli splendori così misurati, uno per ciascun filtro utilizzato, vengono convertiti in magnitudini mediante l'uso della formula di Pogson. La differenza tra due magnitudini è un indice 'di colore e dipende evidentemente dalle caratteristiche fisiche della stella, in particolare dalla sua temperatura. Infatti una stella calda, di tipo spettrale O o B, appare brillante quando è osservata attraverso un filtro blu e debole facendo uso di un filtro rosso, mentre sarà vero il contrario per una stella gialla a bassa temperatura. Il sistema più usato per eseguire queste misure fotometriche è il sistema UBV che utilizza tre filtri in grado di isolare rispettivamente tre zone dello spettro elettromagnetico nell'ultravioletto, nel blu e nel visibile. Gli indici di colore di questo sistema fotometrico sono (U-B) e (B-V), cioè la differenza tra la magnitudine alla lunghezza d'onda più corta e quella alla lunghezza d'onda maggiore. Un indice di colore negativo indica una stella che emette di più nelle bande coperte dal prin10 colore (rispettivamente U e B).
Ora, se la radiazione di una stella è arrossata per effetto delle polveri interstellari, il suo indice di colore appare più positivo di quello di una stella di pari tipo spettrale e classe di luminosità ma non arrossata: si dice che la stella presenta un eccesso di colore. È il caso di sottolineare che l'eccesso di colore non indica che la stella presenta troppa radiazione alla lunghezza d'onda più grande, ma esprime piuttosto quanta radiazione alla lunghezza d'onda minore è stata sottratta per effetto dell'arrossamento interstellare. Il fenomeno globale dell'arrossamento e indebolimento della radiazione stellare da parte della materia interstellare prende il nome di estinzione interstellare. La misura dell'eccesso di colore racchiude preziose informazioni sulla quantità di polveri interposte tra noi e le stelle.
Il secondo costituente della materia interstellare è il gas: per rivelarne la presenza si ricorre allo studio dello spettro delle stelle, La presenza di gas interstellare si rivela attraverso la presenza delle righe degli elementi di cui è costituito; queste righe si distinguono abbastanza facilmente da quelle stellari per il loro aspetto sottile, per il fatto di essere spostate rispetto a quelle stellari di una quantità corrispondente alla velocità radiale della stella e per essere molto più deboli o addirittura assenti su stelle di analogo tipo spettrale che si trovano a piccola distanza dal Sole.
Il confronto tra i risultati relativi alle zone di concentrazione delle polveri e a quelle del gas interstellare rivelano che in generale polveri e gas sono associati: nelle zone in cui sono presenti molte polveri c'è anche molto gas e viceversa, anche se il rapporto tra gas e polveri non è costante ovunque.
Ancora una volta i mezzi di indagine ottica si sono rivelati inadeguati per risolvere il problema della distribuzione della materia interstellare nella Galassia; anche scegliendo stelle intrinsecamente molto luminose, come le stelle dei primi tipi spettrali, il raggio entro cui si possono effettuare queste misure con i telescopi rappresenta solo una piccola frazione di quello galattico. Lo studio mediante i radiotelescopi, soprattutto alla lunghezza d'onda di 21 cm dell'idrogeno neutro, e in epoca più recente alle lunghezze d'onda millimetri che, ha svelato molte nuove caratteristiche della materia interstellare. Maggiori particolari sono poi emersi dalle osservazioni spaziali nel dominio ultravioletto e infrarosso dello spettro.