L'origine della vita
Fino a qualche decennio fa, i biologi consideravano i primissimi sviluppi della storia della vita come un capitolo che sarebbe probabilmente rimasto per sempre chiuso alla ricerca scientifica; due avvenimenti, tuttavia, ci hanno consentito in seguito di avere una visione più precisa di quanto poté accadere in tempi così remoti. Il primo fu la formulazione di un’ipotesi verificabile circa gli eventi che precedettero l’origine delle vita; il secondo evento fu, invece, la scoperta di cellule fossilizzate che risalgono a più di 3 miliardi di anni fa.
L’ipotesi sperimentale verificabile fu avanzata dal biochimico russo Aleksandr I. Oparin (1894-1980). Secondo questo scienziato, la comparsa della vita fu preceduta da un lungo periodo in cui si formarono e cominciarono ad accumularsi le molecole organiche complesse, un processo chiamato evoluzione chimica. Quali sostanze, in particolare i gas, fossero presenti nell’atmosfera e i mari durante questo periodo è argomento di controversie. Si è, tuttavia, generalmente d’accordo su due punti fondamentali: (1) l’ossigeno libero era pressoché assente: la riserva di ossigeno della Terra era confinata in composti semplici quali l’acqua, il monossido di carbonio, l’anidride carbonica e gli ossidi di silicio o di vari metalli; (2) i quattro elementi (idrogeno, ossigeno, carbonio e azoto) che costituiscono più del 95% dei tessuti degli organismi viventi erano in qualche modo già disponibili nell’atmosfera e nelle acque della Terra primitiva.
Oltre a questi materiali grezzi il giovane pianeta abbondava di energia. Gli elementi radioattivi all’interno della Terra liberavano la loro energia nell’atmosfera, così come facevano le frequenti eruzioni vulcaniche. Vi era energia termica sottoforma sia di calore umido sia di calore secco. Il vapore acqueo fuoriuscito dai mari primitivi si raffreddava negli strati alti dell’atmosfera, si condensava in nubi, ricadeva sulla crosta terrestre ed evaporava di nuovo. Violenti temporali erano accompagnati da fulmini che fornivano energia elettrica e, fatto più importante, il Sole bombardava continuamente la superficie terrestre con particelle ad alta energia e con radiazioni ultraviolette.
Oparin ipotizzò che, in tali condizioni, dai gas dell’atmosfera si sarebbero potute formare molecole organiche che in seguito si sarebbero raccolte nei mari e nei laghi del pianeta, dando origine a un “brodo primordiale”.
L’assenza di ossigeno libero faceva sì che tali sostanze non subissero trasformazioni; l’ossigeno ha, infatti, una forte attrazione per gli elettroni e perciò tende a reagire con le molecole organiche degradandole in sostanze semplici come l’anidride carbonica e l’acqua. In certi luoghi, alcune delle molecole appena formate avrebbero potuto facilmente concentrarsi in seguito ad un prosciugamento di un lago o all’adesione delle molecole a superfici solide, quali per esempio, le particelle d’argilla.
Oparin pubblicò quest’ipotesi nel 1922, ma la comunità scientifica ignorò le sue idee. Negli anni ’50 del secolo scorso, la prima conferma sperimentale dell’ipotesi di Oparin fu ottenuta da Stanley Miller, un giovane laureato all’Università di Chicago. Nel suo esperimento furono simulate in laboratorio le condizioni ambientali ritenute probabili sulla Terra primitiva facendo circolare, fra un “oceano” posto in basso e una sovrastante “atmosfera”, gas come l’idrogeno, il vapore acqueo, il metano e l’ammoniaca. L’ ”oceano” veniva scaldato per far evaporare l’acqua e per spingere i gas dentro l’ “atmosfera”, attraverso cui si facevano passare scariche elettriche che simulavano l’azione dei fulmini. Quando i gas passavano lungo la parte di tubo che era circondato da acqua di raffreddamento, il vapore acqueo si condensava e tornava allo stato liquido portando con sé qualsiasi molecola organica si fosse formata. Queste molecole si accumulavano nella porzione di tubo che si ricollegava con l’ “oceano”. Dopo 24 ore, circa metà del carbonio presente inizialmente nel metano era stato incorporati in amminoacidi e altre molecole organiche.
Esperimenti di questo tipo, ormai ripetuti più e più volte, hanno dimostrato che quasi tutte le fonti di energia (fulmini, radiazioni ultraviolette o ceneri vulcaniche bollenti) avrebbero potuto trasformare le molecole probabilmente presenti sulla superficie terrestre in composti organici complessi. Con alcune variazioni delle condizioni sperimentali e del miscuglio dei gas posti nei recipienti usati in laboratorio, sono stati prodotti quasi tutti i comuni amminoacidi e anche i nucleotidi, che sono i componenti essenziali del DNA e RNA.
Questi esperimenti non hanno dimostrato che tali composti organici si sono spontaneamente formati sulla Terra primitiva, ma soltanto che si sarebbero potuti formare. Le prove raccolte sono, tuttavia, molto numerose e la maggior parte dei biochimici ritiene ora che, date le condizioni esistenti sulla giovane Terra, le reazioni chimiche che hanno dato origine agli amminoacidi e ad altre molecole organiche fossero altamente probabili.
Una volta ottenute in laboratorio le molecole semplici che compongono gli esseri viventi, gli scienziati si chiesero in che modo tali monomeri siano stati in grado di aggregarsi per formare molecole più lunghe e complesse. A questi interrogativi provò a rispondere, negli anni Sessanta, il chimico Sidney W. Fox che dimostrò in che modo possa avvenire una sintesi spontanea di macromolecole: quando una soluzione contenete monomeri, quali gli amminoacidi, si trova a contatto con particelle di sabbia o argilla calda, si può osservare, una volta evaporata l’acqua, l’aggregazione di tali monomeri in molecole complesse (in questo caso, le proteine). Nei sistemi chimici moderni, sia in laboratorio sia all’interno dell’organismo vivente, le molecole e gli aggregati più stabili tendono a sopravvivere, mentre quelli meno stabili tendono a disgregarsi; analogamente, nelle condizioni prevalenti ai primordi della Terra avrebbero potuto conservarsi i composti e gli aggregati con maggiore stabilità chimica. Una forma, dunque, di selezione naturale deve avere svolto un ruolo importante nell’evoluzione chimica così come nell’evoluzione biologica che sarebbe seguita.