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Astronomia

Avvenimenti

Nel 1604 apparve in cielo un nuova stella.
Non è la prima di cui ci sia giunta testimonianza; a partire dal 1000 d. C. ci sono osservazioni di quella del 1.006, nello Scorpione, di quella del 1.054, che ha dato origine alla Nebulosa del Granchio, nel Toro, del 1.181, in Cassiopea, testimoniata solo da fonti cinesi e giapponesi.
Astronomi europei invece hanno registrato con precisione e abbondanza di particolari le supernove del 1572, in Cassiopea, e di quella del 1604, che
Johannes Kepler descrisse nella sua opera " De stella nova in pede Serpentarii" cioè in Ofiuco. Essa comparve nell'ottobre del 1604 e rimase visibile per 12 mesi. Questa del 1604 suscitò ancor maggiore clamore di quella del 1572, perché avvenne in prossimità della congiunzione astronomica tra Marte, Giove e Saturno.
Kepler nella sua opera così si esprime: "Itaque prior illa Mundo non praemonito supervenit, et velut improvisus hostis, occupatis urbis moeniis, prius in foro comparuit, quam cives expeditionem eius fama percepissent: nostra vero, vulgo expectata a longo tempore cum mlta solennitate et triumphalis pompa, ad diem constitutum est ingressa." (La prima comparve improvvisamente, come un nemico che arriva inaspettato; la seconda, invece, si presentò nel giorno stabilito con molta solennità.)

La sua posizione misurata indipendentemente da Kepler e da David Fabricius si trova a meno di circa un secondo d'arco dal centro del residuo della
supernova 3C358, che dista approssimativamente 15.000 anni luce dal nosro sistema solare, in direzione della regione centrale della nostra galassia.


L'interesse suscitato da questo fenomeno fu immenso e in proposito, anche Galileo Galilei
(1) - (2) - tenne una serie di lezioni a Padova, dove non mancò di rimproverare il pubblico che accorse per sentirle di essere attento solo alle novità, invece di interessarsi alle verità molto più mirabili e importanti sulle stelle e e su altri fatti della natura. (Di queste lezioni ci rimane solo un frammento parte in latino e parte in volgare).

Quell'evento accentuò lo scontro tra gli innovatori e i sostenitori della cosmologia tradizionale, poiché la comparsa di un nuovo corpo celeste negava il principio aristotelico dell'incorruttibilità dei cieli.

La crisi delle teorie astronomiche tradizionali stava raggiungendo il suo apice, e il modello copernicano riscuoteva crescente consenso; solo pochi anni dopo Kelero avrebbe enunciato le prime due leggi che portano il suo nome e Galileo avrebbe pubblicato le prime osservazioni al telescopio nella sua opera Sidereus Nuncius.

Le dispute riguardavano la natura del nuovo corpo celeste: una cometa? Una stella?
Chi propendeva per la cometa adottava il pensiero di Aristotele, in particolare il primo libro dei Meteorologica nel quale il filosofo spiega il fenomeno come il prodotto di esalazioni provenienti dalle zone più basse nella sfera del fuoco, a causa di scintille provocate dalla traslazione delle sfere celesti superiori. Adottando questa teoria non viene intaccata l'incorruttibilità dei cieli.
Molti testimoni però avevano notato la mancanza di parallasse, e propendevano per l'idea che si trattasse di una stella.

Parte iniziale del frammento delle lezioni che Galileo tenne a Padova sulla comparsa della Stella nuova:

Lux quaedam peregrina, die decima mensis octobris anni huius millesimi sexcentesimiquarti, primum in sublimi conspecta est; a principio quidem mole exigua, mox, paucis interiectis diebus, magnopere eo exaucta, ut stellas omnes, tum fixas tum vagas, sola excepta Venere, vinceret; fulgentissima et admodum rutilans atque scintillans, ut in vibratione luminis pene extingui et statim accendi videaur; fixas omnes et canem ipsum rutilantia superans; colore luminis aureum Iovis nitorem et fulvum Martis imitans ignem. Nam, dum tremendos radios contrahit atque extinctionem insimulat, quasi candentem martiali rubedine, dum vero ampliores radios, veluti reviviscens, effundit, iovio fulgore nitentem, semet ipsam exhibet: ex quo non immerito crederet quispiam, eam ex Jovis ac Marti congressu fuisse prognatam; idque tum praeterea maxime, quia et loco eodem fere, eodemque coniunctionis praedictorum planetarum tempore , genita esse apparet. Nam die nona mensis octobris, hora 5 a meridie congressus Jovis ac Martis, coram Saturno, gradibus procul ab eis tantum 8, occidentem versus, constituto, celebratus fuit; quo tempore talem conjuctionem observantes, nullam aliam stellam, praeter iam dictas tres, eo loco conspeximus: vespere autem sequenti, die scilicet decima, sub solis occasum, primo novum hoc lumen conspectum fuit; cumque a principio exile appareret atque exiguum, mox autem, paucis interiectis diebus, ad molem ingentem excreverit, momento dicti congressus genitum fuisse, et propter tenuitatem latuisse, opinari non erit incongruum. [..]
Per leggere la traduzione dal latino a cura di Ezio Fonio


Testimonianze nelle Lettere inviate a Galileo Galilei da:

ILARIO ALTOBELLI a GALILEO in Padova.
Verona, 3 novembre 1604.

[..]In tanto mi piace che V. S. si sia accorta di questo nuovo mostro del cielo, da far impazzir i Peripatetici, ch'hanno creduto sin hora tante bugie in quella stella nova e miracolosa del 1572, priva di moto e di parallasse. Come semifilosofi, potriano protervire che pur era fuor del zodiaco et in parte boreale; ma in questa, quo se vertant, nescient: poi che, se non intendono le parallasse, non potranno negare che non sia in parte australe nel Zodiaco, vicino alla eclittica, in segno igneo, appresso Giove calido, et hora poco lontana si può dir dal sole), e più bella che mai, nata nella congiungiunzione di Giove et Marte calidissimo, alli 9 d'Ottobre e non prima, perchè io osservando la congiungiunzione di Giove et Marte se rispondeva al calcolo Prutenico alli 8 d'Ottobre, intento tutto e per lungo spatio in quella parte del cielo, con un compagno, non si vedeva altra stella nè vicina nè lontana che gli tre superiori, per esser l'aria molto chiara. Ma perchè io ne scrivo per hora una breve indicatione, che fra 8 giorni forsi sarà finita, per servire tanti che mi fanno instanza, non ne dirò altro per hora a V. S.; ma la prego sì bene instantissimamente a farmi gratia di osservar se facci diversità d'aspetto et quanta, come anco la lunghezza et larghezza precisamente, perchè io non ho altro instrumento che un astrolabio d'un piede di diametro e manco, sì che non posso scapricciarmi bene. Et del tutto mi farà gratia, come ne la prego grandemente, avisarmi.[..]


ILARIO ALTOBELLI a GALILEO in Padova.
Verona, 25 novembre 1604.

Tengo molto cara la risposta di V. S. gentilissima, godendo insieme l'amore che scuopre verso di me, e che così presto l'habbi accecata per mio gusto, e che l'occasione di questa maravigliosissima maraviglia del cielo, donata per ultima luce all'ultimo della penultima età del mondo, facci conoscere gl'ingegni e la verità della natura celeste, nei secoli precedenti sin alla prima origine d'ogni cosa non mai più così chiaramente testificata. Questo è impossibile che sia globo sospeso nell'aria elementare per cagion di freddo et humido, pasto del foco celeste, mentre vediamo che non ha nessun moto proprio, nè retto nè obliquo nè confuso, che saria impossibile ad intenderlo, stante la liquidezza e continua concitatione varia dell'aria. Non è dissimile dall'altre dell'ottava sfera, non ha mutato mai colore, scintilla più d'ogni altra fissa a quali solo e per natura propria, et il suo sito rende possibile ogni impossibilità conietturata di Aristotile, distrugendo ogni sua imaginatione, poi che è in parte australe nel zodiaco, vicino all'eclittica, in segno igneo e fra pianeti calidissimi nata, nè teme la faccia del sole che già l'asconde, sì che è cosa manifesta ch'ella habbi ottenuto il suo trono infra le fiamme ardenti.

[..]Ma, in ogni modo, l'istessa stella, emula di Giove, et opposta al tempio di Mercurio, doppio non men di figura che di natura, distrugerà il falso e parturirà il vero, e finalmente si caminerà per la luce et non per le tenebre.
Io credo esser stato un de' primi, e forsi solo primo, a conoscere et veder la sua prima apparitione in Europa, che fu li 9 d'Ottobre, quasi nel tramortar del sole, nella congiungiunzionr di Giove et Marte et certo che all'occhio pareva che havesse l'istessa lunghezza che havevano questi doi, poi che si vedeva in sito consimile:
Stella nova
Giove Saturno
Marte

[..] In quei giorni ero vigilante in censurar il calcolo Prutenico con l'occasione della congiunzione di Giove e Marte , et la sera delli 8 d'Ottobre particolarmente, sul traboccar del sole, trovai gli tre superiori soli, in questa forma di trigono equicrurio giusto:
Giove
Saturno
Marte

nè si vedeva altra stella per tutto il cielo, con particolare maraviglia d'un Padre qui secondo lettore, instrutto così da me alla cognitione oculare degli stessi pianeti più volte: e la sera delli 9 Ottobre, tornando al medesimo luogo, vedessimo gli istessi con la positura visuale antescritta, sì che non v'è dubio alcuno.[..]

CRISTOFORO CLAVIO a GALILEO in Padova.
Roma, 18 dicembre 1604.

[..]Qui è stato un gran bisbiglio della stella nova, la quale habbiamo trovata nel 17 grado di Sagittario, con latitudine borea di gradi 1 1/2 in circa. Se V. S. ha fatto qualche osservatione, mi farà piacere d'avisarmi. Il Magino mi scrive d'haverla anco lui osservata nel medesimo grado; et così anco scrivono di Germania e Calabria.[..]


LEONARDO TEDESCHI a GALILEO in Padova
Verona, 22 dicembre 1604.

[..] Et per cominciar hor mai, io dico che, essendo la questione che cosa sia questa luce nuovamente alli X ottobre del presente anno apparsa nel Saggittario, vicino a Giove che si era per congionger insieme con Marte, bisogna che sia luce fondata o in un corpo, et così sia reale et radicata in un soggetto solo, o in due corpi, et così sia più tosto luce intentionale et spirituale, cioè dependente dal suo producente et efficiente. Se è d'un corpo solo, o che è elementare et corruttibile, o celeste et immortale; se è di doi, o che ambidui sono elementari, o ambidoi celesti, o l'uno elementare e l'altro celeste. Ritorno al primo, et mostro che non poss'esser elementare: perchè se tale fosse, essendo in regione alta, sarebbe corpo meteorologico, et per consequenza, havendo gran duratione et moto verso l'occaso, saria del genere delle comete: ma come[ta] non è, come son per provare; adonque non può esser questa luce, luce di corpo elementare. Le ragioni mo' sono altre naturali, altre più tosto matematiche. Et per cominciar dalle naturali, la prima sarà tolta dalla chiarezza, limpidezza e splendor suo incomparabile, che di gran lunga avanza ogni stella et qual si voglia altra celeste luce, dalla solare in poi, non che luce o di foco che sia qui tra noi, o di vapore ignito et cometa. Se dunque supera di splendore tutte le stelle, et Venere et Giove istesso, le quali hanno la sua luce dalla sola densità del loro orbe, senza admistioni d'alcuna sostanza opaca, chi non dirà che questa non sia luce di foco? [..]


ILARIO ALTOBELLI a GALILEO in Padova.
Verona, 30 dicembre 1604.

[..]Per servir V. S. Ecc.ma, le significo della nuova stella che già doi giorni sono un mio amico qua intendente l'ha veduta; ma io, non havend'orizzonte commodo in questi tempi così rigidi, massime la matina, non ho animo di vederla per hora.
Ho aviso dal S.r Pirro Colutii, mio paesano et peritissimo nella professione, che scrive a lui l'Ill.mo S.r Bardi, haver veduto la sua prima apparitione li 27 Settembre et osservatala più sere, ch'è cosa alienissima dal vero; poi che io avanti li 9 Ottobre più giorni hebbi l'occhio in quella parte del cielo, intentissimo al moto di Marte, che andava a Giove, con testimonio intendente, nè mai fu veduta, ma solo li 9 Ottobre, che ci fece grandemente maravegliare, et era quasi un narancio mezzo maturo. L'istesso scrive un medico da Cosenza, di Calabria, matematico, ciò è che non prima delli 9 Ottobre apparve, intento ancor lui in quei giorni pur là su. [..]


ONOFRIO CASTELLI a GALILEO [in Padova].
Roma, 1° gennaio 1605.

[..]Sì come l'obligatione che tengo a V. S. è grande, così vengo ad esser in debito di augurarle, come faccio, il buon Capo d'Anno; ricordandoli appresso, che mi farà molta gratia mentre mi favorirà di qualche commandamento, et parimente a dirmi due parole del suo giuditio circa questa nuova stella. [..]


GALILEO GALILEI a ONOFRIO CASTELLI
[Padova, gennaio 1605].

Mi è più di una volta stata fatta instanza dal nostro gentilissimo S. Orazio Cornacchini, che io dovessi mandare a V. S. Ecc.ma copia di tre letioni fatte da me in publico sopra il lume apparso circa li 9 di Ottobre in cielo, il quale sotto nome di stella nuova viene addimandato, affermandomi ciò esser da lei molto desiderato. [..]
Sono poi andato differendo tal publicazione, et sono anco per differirla per qualche giorno, perchè il fermarmi solamente nel dimostrare, il sito della nuova stella essere et esser sempre stato molto superiore all'orbe lunare, che fu il principale scopo delle mie letioni, è cosa per sè stessa così facile, manifesta et comune, che al parer mio non merita di slontanarsi dalla catedra; dove bisognò che io ne trattassi in grazia de i giovani scolari et della moltitudine bisognosa di intendere le demostrazioni geometriche, ben che apresso li esercitati nelli studii di astronomia trite et domestichissime. Ma perchè ho hauto pensiero di esporre ancora io, tra tanti altri, alla censura del mondo quel che io senta non solo circa il luogo et moto di questo lume, ma circa la sua sustanza et generatione ancora, et credendo di havere incontrato in opinione che non habbia evidenti contradizioni, et che per ciò possa esser vera, mi è bisognato per mia assicuratione andar a passo lento, et aspettare il ritorno di essa stella in oriente dopo la separatione del sole, et di nuovo osservare con gran diligenza quali mutationi habbia fatto sì nel sito come nella visibile grandezza et qualità di lume: et continuando la speculazione sopra questa meraviglia, sono finalmente venuto in credenza di poterne sapere qualche cosa di più di quello in che la semplice coniettura finisce[..]


ILARIO ALTOBELLI a GALILEO in Padova.
Verona, 10 gennaio 1605.

[..]Ho veduto quella buffoneria o temerità del Discorso della Nuova Stella, in disterminatione dell'autore, non de' matematici; et perchè incidit in foveam quam fecit, non occorre risponder altro: vilesceret animus etc.
La stella poi, quando fu veduta da me e da quelli ch'eran con me, alli 9 Ottobre, e non prima, ancor che fussimo pur intenti a rimirar quella parte del cielo più giorni prima, et massime la sera delli 8, e c'intervennero, per maggior giustificatione, queste parole: Com'è possibile che non si vedano altre stelle che quelle tre?, vedendosi Giove Saturno e Marte soli: et la sera delli 9 alla prima vista apparve con le tre la nuova, e disse quell'istesso: O là, che stell'è quella? hier sera non v'era già? Et era grande, al mio parere, quanto Giove, et di colore come un narancio mezzo giallo e mezzo verde, o pur misto di giallo et verde. Dopo non la potei vedere, per turbarsi il tempo, sino la sera delli 15 Ottobre, et appareva assai più grande di Giove, anzi quella fu la maggior grandezza ch'io habbi osservato nella stella nuova, e credo che più tosto gli giorni seguenti sia decresciuta che altrimente; ma poco però in quei primi giorni potea andar mancando, havendo continuato d'osservarla per molti giorni seguenti sempre maggior di Giove. Scrive l'istesso al P. Clavio un medico matematico di Calabria, ciò è che non è stata veduta prima delli 9 Ottobre, ancorachè egli havesse intentamente più giorni prima rimirato quella parte del cielo, et massime la sera delli 8, et che nella prima apparitione era come Giove, e poi si fece presto assai maggior di Giove: et io ho la copia della sua lettera, mandata dal P. Clavio al S.r Magino et dal S.r Magino a me etc. Et questo basti della grandezza, che hora deve esser di seconda in circa.[..]

OTTAVIO BRENZONI a GALILEO in Padova.
Verona, 15 gennaio 1605
.
[..]Circa li 15 d'Ottobre 1604, nell'occultarsi del sole, vidi improviso una nova luce, che rassembrava stella a Giove, di equale a lui o di maggior grandezza, quasi con l'istesso colore, ma scintillante. Sarei stato all'hora (lo confesso), per la meraviglia, incredulo a me stesso, se ciò non havessi creduto esser fiamma altamente acesa, che comunemente si dice cometa; et forse ...maggiormente la meraviglia, quando anco così fatto splendore potevo dubbitare che fosse novamente apparso in cielo, poi che ramentomi d'haver letto che ne l'anno 1572 un simile n'apparve in Cassiopeia. All'hora, per trovar argomento di levarmi di dubio et farmi, se non chiaro, almeno men confuso, osservai con un instromento, in ciò mediocremente opportuno, una distanza tra Marte et questa nova luce, et la vidi se non maggiore, almeno equale, quando era alta da terra, a quella distanza che presi per due hore doppo, ciò è nel tramontar di quella: assai chiaro argomento, per il creder mio (s'altra condittion materiale non s'interpose), ch'ella non fosse sotto il cerchio della luna, perchè in questo caso sarebbe stata maggiore la distanza ultimamente presa della prima...[..]


Le lettere sono pubblicate integralmente sul sito
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I frammenti delle lezioni padovane da Galileo Galilei e lo Studio di Padova - Vol. I - A. Favaro



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