Lo studio delluniverso,
la storia del cosmo, il voler spiegare ciò che ci circonda,
la volontà di conoscere la nostra origine e fine, sono le domande
prime delluomo che, non appena ha alzato gli occhi al cielo,
ha cominciato a fantasticare su quellimmenso contenitore buio
in cui brillano miliardi di stelle, su quello spazio infinito e misterioso
in cui ruotano pianeti, galassie, quasar e pulsar
Domande cui
filosofia e scienza insieme hanno cercato, nel corso dei secoli, di
dare delle risposte. Se per noi oggi sembra ovvio distinguere i due
campi dindagine, come se la scienza non prevedesse la specificità
filosofica e la filosofia non conoscesse la sistematicità scientifica,
per gli antichi tutto ciò non era possibile perché filosofia
e scienza, metafisica e fisica, erano viste luna in funzione
dellaltra.
Studiare la nostra origine
significa indagare lessenza umana, significa trovare e dare
un valore al nostro essere nelluniverso. Proprio grazie alla
complementarietà tra arte e scienza, tra filosofia e astronomia,
è riuscito semplice a molti studiosi trovare delle risposte
plausibili seppur mediate dallo studio e dalle conoscenze a loro contemporanee.
Larte ha saputo
così attingere dalla scienza per ispirarsi e cercare di avvalorare
le proprie convinzioni, tra mito e realtà luomo è
stato capace di costruire uninterpretazione adeguata della silenziosa
e ovattata culla che da sempre lo circonda
Dalla teoria del caos
di Ovidio,
alluniverso ordinato e armonico di Dante, la letteratura ha
sempre cercato di dare una forma alluniverso oscillando tra
credenze popolari e pseudo-religiose, tra dati sicuri e fanta-scientifici,
fino a giungere ai giorni nostri in cui il razionalismo scientifico
sembra non bastare più alluomo moderno che sente ancora
lesigenza di trovare e inventare una giustificazione che soddisfi
in qualche modo la sua sete di magico e di mistero. In unepoca
in cui lottimismo scientifico sembra avere tutte le risposte,
luomo risponde con la fantasia e limmaginazione, grazie
alle quali crede ancora di avere qualcosa per cui lottare, studiare
e cercare. Da qui linesausta indagine sulluniverso di
autori come Leopardi, Pascoli e Calvino che immaginano e ci presentano
un cosmo vivo, pulsante, simile alluomo, che ci invita e ci
respinge allo stesso tempo, che ci affligge e ci crea paura.
I primi a porsi domande
sulla cosmologia e a rispondere, attraverso la filosofia, furono i
Presocratici che tentarono di interpretare il mondo che li circondava
soprattutto per comprendere loro stessi come parte attiva di quello
stesso mondo: si passò così dalla teoria di Talete,
secondo cui la Terra galleggiava sullacqua, a quella di Anassimandro,
che prevedeva una Terra cilindrica e immobile per il semplice fatto
di essere ugualmente distante da tutti gli altri corpi presenti nelluniverso,
fino ad arrivare a Pitagora di Samo che, per primo, attribuì
il nome di cosmo allinsieme delluniverso
I Presocratici, quindi,
sostituirono, alle narrazioni mitologiche, inadeguate ad una descrizione
scientifica del mondo, i primi discorsi filosofici cercando di spiegare
razionalmente tutto ciò che li circondava. È solo tra
il 700 e il 200 a.C. che si gettarono le basi di quellastronomia
che trovò in Aristotele,
influenzato a sua volta da Platone e da Eudosso,[1] il suo massimo
esponente tanto che il modello cosmico da lui elaborato, opportunamente
modificato da S. Agostino, sarà adottato persino dalla Chiesa.
Linteresse per
il sapere e la cultura dei classici, però, cominciano a decadere
intorno al 300 a.C. a causa dellincalzante egemonia macedone:
nuovo centro culturale diventa quindi la città di Alessandria,
dove, intorno al II sec. d.C., Tolomeo
presenta nellAlmagesto la propria teoria cosmologica
esaminando i rapporti della Terra con linsieme del cielo. La
concezione tolemaica non si distacca molto da quella precedente di
Aristotele, dimostrando così che luomo non è ancora
in grado di concepire scienza e filosofia come due campi del sapere
separati e distinti, condizionando tutto il panorama culturale per
ben tredici secoli. Persino
Dante, quasi mille
anni dopo, userà il modello aristotelico-tolemaico per descrivere
il Paradiso nella Divina Commedia: un cosmo armonico,
fatto di luce e sfere concentriche, sottoposto alla volontà
di Dio.
Per avere delle teorie
astronomiche innovative bisogna aspettare il XVI secolo, quando Copernico,
nel De revolutionibus orbium coelestium, formulerà
la teoria eliocentrica, quella concezione cosmologica in cui è
il sole a stare al centro delluniverso mentre tutti gli altri
pianeti gli ruotano attorno. Cè solo un elemento che
lega lastronomo polacco ad Aristotele e Tolomeo: il fatto di
concepire luniverso ancora contenuto nella sfera delle stelle
fisse.[2]
A parte questo, la cosmologia
copernicana era fondamentalmente incompatibile con la fisica aristotelica.
Copernico
non aveva proposto una nuova fisica e questo creava una situazione
nuova e dinamica: tutti coloro che volevano adottare la cosmologia
copernicana erano costretti ad abbandonare la fisica aristotelica
e a cercare di definirne una nuova, il che spiega anche le difficoltà
incontrate dal recente sistema nel corso del Cinque e Seicento.
Nel XVII secolo
Galileo e Newton
portarono ulteriore rinnovamento e progresso, proponendo luno
una fisica nuova, innovativa e compiendo importantissime scoperte
ed invenzioni, laltro teorizzando il principio della gravitazione
universale confermando così la legge di Galileo sulla gravità
terrestre.
Ma è durante
il XVIII secolo che le porte dello spazio infinito si aprono a scienziati,
astronomi e filosofi che cominciano a discutere di dimensioni immani,
di voragini spaziali in cui le distanze arrivano a migliaia di miliardi
di chilometri. È proprio in questo periodo di fermento scientifico
che Kant elabora una sua teoria. Nellopera Allgemeine
Naturgesichte und Theorie des Himmels (1755) sostiene che
lo stato delluniverso è il risultato di unevoluzione
naturale. Secondo il filosofo, infatti, nelle fasi immediatamente
successive alla creazione, la materia era solo un aggregato informe
di elementi diffuso in tutto lo spazio che col tempo avrebbe dato
vita, grazie alla forza di gravità, a masse mobili e isolate,
fino a generare i pianeti.
Altre importanti innovazioni
permeano il secolo dei lumi come, per esempio, la nascita di nuove
discipline scientifiche tra le quali si può inserire la meccanica
celeste, consistente nellapplicazione delle leggi della meccanica
universale allo studio dei moti e degli equilibri dei corpi celesti.
Verso linizio del
1800, linteresse astronomico passa dalla descrizione dei moti
dei corpi celesti, allosservazione e alla misurazione delle
posizioni di stelle e pianeti. Con la scoperta dellaberrazione
della luce delle stelle si ha la prova evidente che è la Terra
a girare intorno al sole e non viceversa. Gli astronomi sono ora decisi
a misurare il cosmo: nascono così nuovi centri
e tecniche di osservazione, nonché i primi grandi telescopi
a specchio.
Con la seconda rivoluzione
industriale, dilagatasi in tutta Europa, le scienze divennero ben
presto la base dello sviluppo tecnologico. Soprattutto lo sviluppo
dellastronomia dimostrò che lutilità pratica
non era lunico motivo di interesse della scienza: dopo la matematica,
fu proprio lastronomia ad essere considerata come il più
ragguardevole campo di ricerca in quanto scienza preposta allo studio
dei meccanismi che governano la natura.
La continua ricerca delluomo
romantico di metà 800, lo porta ad interessarsi allo
studio del sole ed alla classificazione delle stelle.
Luomo si rende
dunque conto di non essere la creatura centrale di un universo chiuso
ma, al contrario, capisce di essere in una posizione marginale in
un universo sempre più grande: è forse proprio il disorientamento
provato di fronte ad un cosmo finora impensato che lo porta, in arte
e letteratura, a rappresentarlo in modi molto diversi e personali.
Allaltezza del
1833 Leopardi
dipinge, nelle Operette Morali, in modo satirico,
un universo che si prende gioco delluomo che non è altro
che un granellino di sabbia nellimmensa vastità
del creato. Nonostante le conoscenze astronomiche del poeta fossero
molto approfondite (nel 1813 pubblicò Storia dellastronomia
dalla sua origine fino allanno MDCCCXI), Leopardi
affronta in questopera il tema cosmo in chiave fantastica
e spesso mitologica, quasi volesse alleviare la miserrima condizione
delluomo derivante dal tormentato rapporto con la natura. Anche
se ormai l800, caratterizzato dal positivismo e dal progresso
industriale, sembrava poter dare alcune delle risposte alle domande
che il genere umano si era da sempre posto, molti artisti non accettarono
lidea di un universo così come la scienza lo presentava
e continuarono a cercare sempre uninterpretazione che si adattasse
al loro modo di vedere la realtà. Così Pascoli,
per esempio, non può che vedere il cosmo come qualcosa di estremamente
negativo, angosciante ed estraneo in quanto completamente contrapposto
allidea di nido familiare che caratterizza tutta
la sua produzione.
Ad inizio 900,
però, non sono solamente poeti a voler esprimere il loro parere
ma anche filosofi, come Bergson,
che, fortemente influenzato dal periodo positivista appena concluso
e dalle teorie evoluzionistiche di Darwin, tenta di riconciliare scienza
e filosofia proponendo un modello di evoluzione creatrice
dalla quale ha origine la materia e, quindi, il mondo. Proprio Bergson
sembra anticipare, delineando lidea di un universo in movimento
e in continua espansione, le scoperte astronomiche della prima metà
del XX secolo: dalla teoria del big-bang,
dalla scoperta dellallontanamento
delle galassie alla teoria delluniverso
stazionario, il cosmo passa da chiuso e incorruttibile
osservatore che ruota per lumanità, ad infinito spazio,
in cui si susseguono esplosioni e reazioni termonucleari, in continua
ebollizione. Intorno alla metà degli anni Sessanta
cè, addirittura, chi lo considera quasi come unappendice
dellanimo umano; come Calvino
che nelle Cosmicomiche ci descrive un universo a-temporale
e a-spaziale che sembra riflettere tutti i nostri problemi e le nostre
preoccupazioni: il cosmo diventa così chiave di lettura del
quotidiano.
Gli anni Sessanta sono
anche gli anni che vedono luomo protagonista, insieme alla tecnologia,
dellallunaggio:
dopo anni di ricerca tecnologica, di frenetiche gare tra le due superpotenze
del mondo, di domande circa lignaro universo, luomo finalmente
sembra raggiungere un traguardo cui anelava da sempre
arrivare
a far parte e a toccare con mano una piccola parte di
quel cosmo che fin dallorigine lo aveva tenuto allo scuro della
sua storia, della sua attività frenetica, ma soprattutto, allo
scuro del suo perché! Già, il perché delluniverso
se lo domanda tuttora lintera umanità: cè
chi tenta di rispondere con la religione, chi grazie agli extraterrestri
e chi, come vuole dimostrare questo breve percorso, ha risposto grazie
alla letteratura, allarte, alla filosofia. Lunico fatto
certo in mezzo a tante opinioni è che tutte sono differenti
luna dallaltra, sono tutte soggettive e rispecchiano il
modo di vivere e di pensare di chi le ha formulate. Luomo però,
creatura straordinaria e misera contemporaneamente, non si accontenterà
mai delle risposte finora date e, non senza un po di presunzione,
continuerà, forse invano, a cercare delle nuove domande cui
rispondere, a porsi nuovi limiti da superare, inconsapevole di essere
solo una piccola lettera di un lungo romanzo che prosegue da oltre
15 miliardi di anni.
MAPPA
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[1] Il sistema a sfere
geocentriche di Eudosso prevede una sfera delle stelle fisse che,
racchiudendo l'intero universo, ruota con moto uniforme da oriente
verso occidente attorno all'asse del mondo. La durata della sua rotazione
è il giorno siderale. Ogni astro errante, vale a dire ogni
pianeta, ha invece un proprio meccanismo indipendente. Nell'"inscatolamento"
geocentrico delle sfere, l'astro è situato ogni volta sull'equatore
della sfera più interna. La prima sfera, più esterna,
ruota attorno ad un asse che passa per il centro del mondo. La seconda
partecipa al moto della prima.Tale movimento si compone di un secondo
moto di rotazione uniforme, il cui asse, verso e velocità sono
suoi propri. La terza sfera riceve invece il moto già composto
delle prime due, aggiungendovi la propria rotazione uniforme, e la
composizione prosegue così fino a quando la sfera che porta
l'astro produce il moto composto che spiega i fenomeni che si osservano
in cielo. Il moto delle stelle fisse richiede una sola sfera, quelli
del Sole e della Luna ne richiedono tre ciascuno, e quelli dei pianeti
quattro. In totale si tratta quindi di 27 sfere.
[2] Qualche anno dopo
Tycho Brahe abolì le sfere e affermò che le stelle non
si trovano a distanze uguali dalla Terra; e Keplero considerò
il sole una stella fissa posta al centro del sistema della Via Lattea,
da lui concepito come un enorme anello di stelle.