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Fantascienza

Il colore venuto dallo spazio

di Howard Phillip Lovecraft

Recensione di Paolo Morini

“Le accludo “The Color Out of Space”, che potrà restituirmi quando vorrà. Probabilmente gli mancano unità e crescendo drammatico, ma d’altra parte va preso come uno studio d’ambiente e di atmosfera più che come un vero e proprio racconto...”


Così scriveva Lovecraft al suo editore nel 1927.

In realtà “The Colour Out of Space” (“Il colore venuto dallo spazio”) è uno dei suoi capolavori in assoluto: il racconto è uno dei più realistici e controllati di Lovecraft, la credibile ricostruzione di una tragedia umana e naturale.

 La voce narrante è quella di un tecnico che si trova a fare dei sopralluoghi in una vallata del New England che verrà presto inondata a causa della messa in servizio di una nuova diga.

La zona si è spopolata da qualche tempo, e circolano strane storie, soprattutto in merito a una zona della valle, detta “la landa folgorata”: cinque acri di desolazione, neanche un filo d’erba che cresce, e uno spesso strato di polvere e cenere grigia che il vento e le piogge sembrano incapaci di disperdere.

Alla richiesta di notizie ad alcuni anziani della città vicina, alcuni borbottano allusioni ai “giorni terribili”, quando una famiglia della zona scomparve o venne uccisa.

Nessuno sa niente di più preciso, ma raccomandano comunque allo straniero di non prestar fede ai racconti del vecchio Ammi Pierce, che abita sul limitare del fitto bosco che conduce alla landa folgorata.

Il giorno dopo il nostro narratore si reca da Ammi Pierce, lo convince a parlargli degli anni terribili, e alla fine si rende conto del perché fosse semi-impazzito e del perché gli anziani non amassero parlare della terra folgorata.

Prima del tramonto torna in albergo – badando a non farsi sorprendere dall’oscurità - fa le valige e parte per Boston per dare le dimissioni.

Si ripromette anche che, anche quando la zona sarà sommersa dalle acque del bacino, non passerà mai più da quelle parti, e soprattutto non berrà mai l’acqua proveniente da lì. 

Tutto cominciò con la caduta di un meteorite, che si conficcò nel terreno vicino al pozzo della fattoria di Nahum Gardner, una bella e bianca casetta circondata da fertili frutteti, situata al centro di quella che sarebbe poi diventata la terra folgorata.

La notizia rimbalzò su tutti i giornali e dopo poco arrivarono tre professori dall’università per esaminare il visitatore dagli spazi interstellari.

La meteorite era ancora calda, e gli abitanti della fattoria dissero agli scienziati che di notte emetteva una debole luminescenza, e dissero anche che la pietra sembrava essersi rimpicciolita dal giorno della caduta.

Perplessi udendo queste notizie, gli scienziati prelevarono un piccolo campione che, come in preda a qualche strana forma di una combustione, in poco tempo svanì completamente.

L’eccitazione aumentava, venne prelevato un frammento più grosso che, fino a che non evaporò del tutto, resistette a ogni analisi e attacco chimico – qualche caratteristica comunque lo fece classificare fra i metalli e l’osservazione con lo spettroscopio rivelò tracce di elementi sconosciuti e strane proprietà ottiche.

Ma purtroppo tutto il materiale meteoritico era destinato a scomparire, e in capo a pochi giorni non ne restò più neanche un pezzetto.

Il caso venne archiviato dai ricercatori, ma al successivo raccolto  le pere e le mele arrivarono a dimensioni eccezionali.

Ma per quanto fossero magnifiche e appetitose, non erano assolutamente commestibili: un gusto amaro, malsano, si era insinuato nella polpa dei frutti.

Durante l’inverno alcuni segnali rivelarono che qualcosa non andava nella zona – impronte strane lasciate da piccoli animali del bosco sulla neve – e in primavera cominciarono a fiorire, con grande anticipo sulla stagione, piante mai viste e, soprattutto, di un colore che era impossibile descrivere.

Gli scienziati tornarono sul posto, furono d’accordo nel dire che forse alcuni minerali presenti nel meteorite si erano sciolti nel terreno influendo sulle piante, ma che le piogge presto avrebbero lavato il suolo.

Il delirio cromatico della vegetazione aumentava sensibilmente, e nell’aria c’era una strana inquietudine: tutti i membri della famiglia Gardner avevano sempre i sensi vigili e le orecchie aguzzate come per cogliere strani segnali.

Piano piano la zona e la famiglia Gardner vennero accuratamente evitate dagli abitanti della zona: uno dei figli sparì e  Nahum si recò a chiedere aiuto al vicino Ammi, l’unico che non lo aveva ancora abbandonato.

Ammi lo accompagnò a casa: uno strano morbo si era impossessato del bestiame, i polli morivano, ridotti a carcasse avvizzite, la moglie era impazzita e viveva rinchiusa nel solaio, una sorta di essenza maligna, giunta sulla terra con la meteorite, sembrava prosciugare la vita e il senno degli esseri viventi, e tingere tutto con quell’assurdo colore.

La storia termina quando Ammi è costretto ad accompagnare sul luogo la polizia locale e il medico legale che vogliono andare a controllare cosa sta accadendo alla famiglia Gardner: il minaccioso senso di ostilità che pervade il racconto si amplifica in un crescendo di terrore ...

“Che cosa sia Dio solo lo sa. In termini di materia suppongo che la cosa sia un gas, ma obbediente a leggi che non sono quelle del nostro cosmo, non è il frutto dei pianeti o dei soli che splendono nei telescopi … […]…non è un soffio dei cieli di cui i nostri astronomi misurano i moti e le dimensioni … […]… era soltanto un colore venuto dallo spazio, messaggero spaventoso degli informi reami dell’infinito, al di là della natura che conosciamo …”      

 

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