Edgar
Rice Burroughs
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SOTTO
LE LUNE DI MARTE
COMPAGNIA
DEL FANTASTICO -
GRUPPO NEWTON
(1994)
Questo
è il primo di dieci romanzi che narrano le avventure del
capitano John Carter sul pianeta rosso. E’ il protagonista
stesso che descrive la propria vicenda sotto forma di manoscritto.
Questo romanzo rappresenta anche l’inizio del filone letterario
denominato Science Fantasy, in cui s’intrecciano elementi
scientifici ad elementi più “barbarici” appartenenti alla
Heroic Fantasy.
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La fantastica avventura
del capitano iniziò sulle colline dell’Arizona, quando, inseguito
da furenti pellerossa, trovò rifugio all’interno di una caverna.
Spossato dalla stanchezza si accasciò al suolo. A terra e incapace
di muoversi, come paralizzato, ma nel pieno possesso della proprie
capacità mentali, udì un minaccioso rantolo provenire dal fondo della
caverna; con la sola forza della volontà riuscì in qualche modo ad
alzarsi per fronteggiare il suo nemico.
Dal manoscritto di John
Carter:
<< E proprio
allora la luce della luna inondò la caverna, e lì, davanti a me,
giaceva il mio corpo, così com’era rimasto a giacere immobile per
tutte quelle ore […]. Giacevo lì vestito, eppure mi trovavo qui
in piedi, nudo come quando ero nato. >>
Il cupo lamento riecheggiò
ancora dal fondo della grotta.
<<
Incapace di resistere alla tentazione di fuggire da un luogo così
orribile, balzai rapidamente attraverso l’apertura e uscii alla
luce delle stelle di una limpida notte dell’Arizona. […]
Mentre ero lì in piedi a meditare, distolsi lo sguardo dal panorama
rivolgendolo al cielo, dove miriadi di stelle formavano un fastoso
baldacchino alle meraviglie terrene. La mia attenzione ben presto
si concentrò su una grossa stella rossa che sfiorava il lontano
orizzonte. Mentre la fissavo, per un attimo il suo fascino mi travolse…
era Marte, il dio della guerra, e per me, per un combattente, era
sempre risultato irresistibilmente affascinante. Mentre lo fissavo
in quella notte già avanzata, sembrò chiamarmi attraverso l’inimmaginabile
vuoto, lusingarmi, attirarmi come il magnete attira una particella
di ferro. Il mio desiderio si fece più intenso, irresistibile; chiusi
gli occhi, tesi le braccia verso il dio della mia intima vocazione,
e mi sentii attirare con la subitaneità del pensiero attraverso
l’inesplorata immensità dello spazio. >>
E fu così che il capitano
Carter si ritrovò a vivere la sua avventura marziana.
Nudo, sotto il sole cocente era supino su una specie di muschio giallastro
che si estendeva fin dove si poteva vedere. Nel tentativo di alzarsi
il capitano si accorse della differenza di gravità tra Marte e la
Terra:
<<
I miei muscoli, perfettamente sincronizzati ed esercitati alla forza
di gravità terrestre, mi giocavano brutti scherzi mentre cercavo
per la prima volta di affrontare la minore gravità e la pressione
atmosferica ridotta di Marte. >>
I primi abitanti con cui
si trovò a contatto furono i feroci e crudeli marziani verdi, alti
più di quattro metri, i Thark. Nonostante la propria agilità fu catturato
e reso prigioniero. Fu affidato alle cure di una di loro chiamata
Sola, l’unica tra tutti quegli esseri crudeli a dimostrare un po’
di simpatia, portando anche le coperte che lo avrebbero protetto dalle
fredde notti marziane:
<<
Le notti marziane sono gelide, praticamente prive di alba e di crepuscolo:
gli sbalzi di temperatura, perciò, sono improvvisi e assai spiacevoli,
così come il passaggio tra l’intensa luce del giorno alla tenebre.
Le notti marziane sono vivacemente illuminate, o molto buie, se
nessuna delle due lune di Marte è alta nel cielo, l’oscurità è totale,
in quanto la mancanza di atmosfera, o piuttosto l’atmosfera assai
rarefatta, non diffonde a sufficienza la luce delle stelle. […]
Entrambe le lune di Marte sono assai più vicine di quanto non lo
sia la nostra luna alla Terra. La più vicina è appena a ottomila
chilometri di distanza di distanza, invece dei quattrocentomila
circa che ci separano dalla nostra, e compie una rivoluzione completa
intorno al pianeta in circa sette ore e mezzo, cosicché è possibile
vederla sfrecciare attraverso il cielo come una gigantesca meteora
due o tre volte ogni notte, attraversando tutte le fasi ad ogni
transito.
La lune più lontana ruota intorno a Marte in poco più di trenta
ore, e col satellite gemello dà alla scena notturna di Marte una
grandiosità splendida e bizzarra.>>
Comunque il capitano non
restò a lungo l’unico prigioniero, i Thark catturarono Dejah Thoris,
principessa di Helium, regno dei marziani rossi, esseri morfologicamente
simili agli umani terrestri.
Nel tentativo di liberare la bella principessa, Carter dimostrò tutta
la sua forza e la sua determinazione ai marziani verdi, fino a conquistarne
il rispetto. Riuscì anche a trovare un amico: un calot (animale paragonabile
ad un cane) di nome Woola, un essere dall’aspetto orribile, ma fedele
che gli avrebbe donato la propria vita.
Nella loro fuga il capitano e la principessa si divisero: lei finì
nella città di Zodanga (uomini rossi nemici di Helium), mentre Carter
prima si trovò ad affrontare le Orde di Warhoon (marziani verdi nemici
dei Thark). Una volta fuggito, allo stremo delle forze, chiese aiuto
ad uno strano individuo che era il guardiano di un edificio molto
importante per Barsoom (così i marziani, o meglio, i barsoomiani chiamano
Marte).
<<
L’edificio nel quale mi trovavo conteneva le macchine che producevano
l’atmosfera artificiale di Marte, garanzia per la sua vita. Il segreto
del procedimento è basato sul nono raggio, una delle luci insolite
e risplendenti che avevo visto uscire dalla grande gemma sul petto
del mio ospite.>>
Infatti questa gemma non
rifletteva solo i sette colori che risplendono nell’arcobaleno, bensì
nove…
<<
Questo raggio viene separato dalle altre radiazioni solari per mezzo
di strumenti finemente calibrati situati sul tetto del gigantesco
edificio, tre quarti del quale altro non sono che un immenso serbatoio
per immagazzinarlo. Il raggio viene poi trattato elettricamente,
o meglio, vengono incorporate ad esso certe particolari frequenze
di vibrazione raffinate elettricamente, e il prodotto finale è pompato
fino a cinque centri principali per l’aria su Marte dove, non appena
è liberato, il contatto con l’etere cosmico lo trasforma in atmosfera.
>>
IL coraggio e l’audacia
del capitano Carter furono tali da liberare Dejah Thoris dalla sua
prigionia e a conquistarne l’amore; ma riuscì anche in un’impresa
che nessuno su Barsoom poteva credere possibile: un’alleanza tra il
popolo di Helium e quello dei Thark contro la città di Zodanga, nemico
comune.
Nei seguenti nove anni il capitano combatté per Helium e per la sua
principessa, finché un guasto alle pompe della fabbrica dell’atmosfera
rischiò di fare di Barsoom un pianeta morto. Ancora una volta fu Carter
a risolvere la situazione, proprio quando ormai l’aria cominciava
a scarseggiare. Dopodiché cadde a terra privo di sensi.
<<
Era buio quando riaprii gli occhi. […] Davanti a me c’era una chiazza
di cielo illuminato dalla luna che s’intravedeva attraverso un’apertura
irregolare. […]
I miei occhi videro un nuovo cielo e un nuovo paesaggio. Le argentee
montagne in lontananza, la luna quasi immobile nel cielo, la valle
cosparsa di cactus sotto di me non erano Marte. Stentavo a credere
ai miei occhi, ma lentamente la verità si fece strada dentro di
me… stavo guardando l’Arizona, dalla stessa sporgenza da cui, dieci
anni prima, avevo rivolto il mio sguardo pieno di desiderio verso
Marte. […]
Mentre siedo qui, questa sera, nel mio studio sovrastante l’Hudson,
già venti anni sono passati da quando ho aperto per la prima volta
i miei occhi su Marte.
Posso vederlo risplendere nel cielo attraverso la piccola finestra
accanto alla mia scrivania, e questa notte sembra chiamarmi di nuovo,
come non mi ha mai più chiamato da quella notte perduta nel passato,
e mi sembra quasi di vedere, attraverso quell’orribile abisso di
vuoto, una meravigliosa donna dai capelli neri in piedi nei giardini
del palazzo, e accanto a lei un bambino che la stringe tra le sue
piccole braccia, mentre lei gli indica nel cielo un pianeta luminoso,
la Terra, e ai suoi piedi è accovacciata un’orrenda creatura da
cuore d’oro. Credo che mi stiano aspettando, lassù, e qualcosa mi
dice che lo saprò molto presto. >>
Commento di Francesca
Benedetti
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al romanzo di Burroughs e non solo ...