Fantascienza
All'osservatorio
di Avu
Un racconto di Herbert George Wells
Recensione di Paolo Morini
"All'osservatorio
di Avu" fa parte della raccolta "Il bacillo rubato e altri
casi", pubblicata nel 1895.
Il 1895 fu un "annus mirabilis" per Wells: pubblicò
tre volumi "La macchina del tempo","La visita meravigliosa"
e la raccolta "Il bacillo rubato e altri casi" e, ironia
della sorte, è anche l'anno della morte di T.H. Huxley, il
suo maestro.
I grandi maestri del romanzo tardo vittoriano, Conrad e James, offrirono
al nuovo astro nascente della letteratura la loro amicizia e la loro
ammirazione e iniziò per Wells una ascesa travolgente.
Nello stesso anno l'editore gli rifiutò però la pubblicazione
di un altro romanzo "L'isola del dottor Moreau", pervaso
da un pessimismo senza riscatto già presente, pur meno palese,
nella "Macchina del tempo".
Il dottor Moreau, ossessionato dalle sue ricerche scientifiche, è
frustrato dalla persecuzione oscurantistica che gli ha proibito la
vivisezione, e perde progressivamente il senso morale e la ragione:
rifugiatosi su un'isola deserta, fabbrica mostri dall'aspetto quasi
umano ma dall'essenza animalesca.
Via via che si allontanano dal suo controllo questi esseri perdono
ogni parvenza umana e in loro si scatena l'originaria natura bestiale:
anziché evocare gli angeli, il folle dottor Moreau mette al
mondo una schiera di demoni da incubo.
L'orrore che suscitano pervade quello che è considerato dalla
critica il romanzo più cupo e terrificante di Wells.
E uno strano essere
è l'oscuro protagonista di "All'osservatorio di Avu"
L'osservatorio
di Avu si trova nel Borneo, su uno sperone di roccia vicino alla cima
di una montagna.
Il capo dell'osservatorio è ammalato e il turno di osservazione
è toccato all'assistente Woodhouse, che si appresta a preparare
la nottata di osservazione: carica il meccanismo a orologeria del
telescopio, apre la cupola, sistema la fenditura davanti al telescopio,
inquadra la zona di ricerca col telescopio cercatore e, tolta la giacca
per via del caldo soffocante, si sistema nella sedia di osservazione.
Il compito è quello di osservare visualmente un gruppo di stelle
della Via Lattea nelle quali il suo capo aveva creduto di scorgere
una notevole variabilità di colorazione.
Effettivamente Woodhouse scorge fra le stelle del campo una particolarmente
rossa, e nell'osservazione dimentica ogni cosa terrestre, si perde
nel cerchio azzurro del campo del telescopio, cosparso da uno spolverio
di stelle, e ha la sensazione di diventare incorporeo, di perdersi
nell'etere
A un tratto le stelle spariscono per un attimo, una specie di lampo
nero le oscura per qualche secondo: Woodhouse rimane perplesso, poi
il fatto si ripete e il telescopio, in preda a un fremito, si sposta
Una forma vaga, nera ed enorme, con una specie di sbatter d'ali si
dimena per entrare nell'osservatorio dalla fessura della cupola: il
nostro aiuto-astronomo, da una visione celestiale passa a condividere
l'osservatorio con una strana creatura-uccello, che si muove a pochi
centimetri dal suo viso procurandogli un senso di infinita ripugnanza.
Forse
un pipistrello gigante, che tuttavia manovra gli artigli con estrema
velocità nel buio, colpendo il nostro amico al volto e infliggendogli
una serie di ferite che, nell'oscurità completa, si rivelano
per il caldo flusso di sangue che sgorga da esse.
Un paio di tentativi di accendere un fiammifero si esauriscono in
qualche sfrigolio, che illumina per un attimo barlumi di pelo grigio
scuro.
La lotta prosegue per molto tempo fino a che, sferrando colpi nel
buio all'impazzata con una bottiglia spezzata come arma, Woodhouse
ferisce la creatura e la convince a battere in ritirata, dopodiché
sviene e viene recuperato all'alba dai colleghi.
Dopo che si è ripreso, parla dell'accaduto con l'astronomo
Thaddy:
- Gli indigeni raccontano
certe storie a proposito di un "gran colugo", di un "klangutang",
sia quel che sia. Non aggredisce spesso gli uomini, ma probabilmente
l'avevi irritato. Quelli dicono che c'è un "gran colugo"
e un "piccolo colugo". E anche un altro affare, con un
nome come "glu-glu". Tutti che volano di notte. Dal canto
mio so che da queste parti esiste la volpe volante e il lemure,
ma non di grandi dimensioni, né l'uno né l'altro.
- Vi sono più cose in cielo e in terra
- fece Woodhouse
(strappando un grugnito a Thaddy per quella citazione) -
e specialmente nelle foreste del Borneo, di quanto non se lo sogni
la nostra filosofia
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