Divagazioni notturne

Divagazioni notturne
E' ora. Orione
discende l'arena
notturna, rilascia
la spada aerea,
s'arrende, si accascia
lungo la strada
celeste, ripiega,
l'ovest insegue
dietro una nube
dorata e dilegua,
cow-boy trasognato
arcuato sul dorso
di un orso ammaestrato...

E Sirio rilascia
notturni bagliori,
ultimi ardori
della notte chiara
appena calata

Presentimento del cielo invernale

Dove il Cane, sulla linea che intorbida
un oriente di gelo, si congeda
dall'incolmabile convessità
dell'aria, e l'alta curva del buio
sospende nebulose invisibili
a una fibbia di luce,

lassù, oltre il varco dove le Pleiadi
pigolando mi scortano
fino alla porta malferma del sonno,
e mettono un sipario
tra te e questo cielo mai toccato
con un dito, ma sempre
amato e non meno amaro, obliqua

lampeggia la spada
all'aerea losanga, e nelle estreme
vie di un remoto incantamento vive
per sempre il cacciatore
con i suoi cani, eterno
immutabile Orione.

Occhi di strega

Lassù dove di luna
in luna vaga e rimbalza
argenteo un concerto,
il lunapark serale,
mentre quaggiù,
di balcone in balcone,
le rondini tardive si radunano
tra loro, tacendo con le rose,
lei splende alta e già ti strega
il suo occhio zaffireo con l’ultimo
calice d’aria celeste,
nel triangolo estivo la bella,
sai, è la stella Vega…
Come una conchiglia è viva
pulsante, fiorita
di luce, e l’ala
lieve d’azzurra speranza sale
da ferite ancora aperte, qui.

Là non sembra che ci sia la notte
ma una lama che taglia a fette l’aria;
quando le ultime stelle

cadranno, l’erba in terra
sarà schiacciata
sotto un cumulo di corpi e calcinacci.

Là possono riemergere relitti di amanti,
mi chino sull’ultimo fiore e attendo.
Verrà l’alba dopo il rantolo di Andromeda
che soffia fuori il buio, alle Perseidi
affido una lettera:

“Dove l’astro si sgretola, una volta
era un desiderio da sopprimere,
ma ora è in orbita un rottame”. Forse
voleva brillare per sempre.