LUIGI
PIRANDELLO
1867-1936
CIAULA SCOPRE LA LUNA.
C'è stato un giorno in cui, alzando gli occhi al
cielo, la vista della luna e delle stelle ci ha dato un'emozione
speciale, e da quel giorno siamo stati presi dalla passione
di sapere e capire.
Mai però abbiamo raggiunto lo stupore che prova il
protagonista di questa novella.
Ciaula lavora in una miniera, in condizioni disumane. Il
buio dei cunicoli non gli fa paura, ma teme la notte, che
ha visto una volta. Costretto a risalire, alla fine della
sua fatica disumana, avrà una sorpresa sconcertante.
Per fortuna, quando la salita cominciò, Ciàula
fu ripreso dalla paura del bujo della notte, a cui tra poco
si sarebbe affacciato.
Attraversando le gallerie, quella sera, non gli era venuto
il solito verso della cornacchia, ma un gemito raschiato,
protratto. Ora, su per la scala, anche questo gemito gli
venne meno, arrestato dallo sgomento del silenzio nero che
avrebbe trovato nella impalpabile vacuità di fuori.
La scala era così erta, che Ciàula, con la
testa protesa e schiacciata sotto il carico, pervenuto all'ultima
svoltata, per quanto spingesse gli occhi a guardare in su,
non poteva veder la buca che vaneggiava in alto.
Curvo, quasi toccando con la fronte lo scalino che gli stava
di sopra, e su la cui lubricità la lumierina vacillante
rifletteva appena un fioco lume sanguigno, egli veniva su,
su, su, dal ventre della montagna, senza piacere, anzi pauroso
della prossima liberazione. E non vedeva ancora la buca,
che lassù lassù si apriva come un occhio chiaro,
d'una deliziosa chiarità d'argento. Se ne accorse
solo quando fu agli ultimi scalini. Dapprima, quantunque
gli paresse strano, pensò che fossero gli estremi
barlumi del giorno. Ma la chiaria cresceva, cresceva sempre
più, come se il sole, che egli aveva pur visto tramontare,
fosse rispuntato. Possibile?
Restò - appena sbucato all'aperto - sbalordito. Il
carico gli cadde dalle spalle. Sollevò un poco le
braccia; aprì le mani nere in quella chiarità
d'argento. Grande, placida, come in un fresco luminoso oceano
di silenzio, gli stava di faccia la Luna.
Sì, egli sapeva, sapeva che cos'era; ma come tante
cose si sanno, a cui non si è dato mai importanza.
E che poteva importare a Ciàula, che in cielo ci
fosse la Luna?
Ora, ora soltanto, così sbucato, di notte, dal ventre
della terra, egli la scopriva. Estatico, cadde a sedere
sul suo carico, davanti alla buca.
Eccola, eccola là, eccola là, la Luna...
C'era la Luna! la Luna!
E Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza
volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva,
nell'averla scoperta, là, mentr'ella saliva pel cielo,
la Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei
piani, delle valli che rischiarava, ignara di lui, che pure
per lei non aveva più paura, né si sentiva
più stanco, nella notte ora piena del suo stupore.
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