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Interpretazioni

RAFFAELE MANGANO
Jaisalmer
tratto da:Il mio amico Abdul - Lupetti editore

Ho negli occhi ancora Jaisalmer. Dalle sue mura, sul lato occidentale, si vede il deserto del Thar che inizia proprio sotto la scarpata della rupe e va a incontrare la linea dell'orizzonte. Il vento fa danzare mulinelli di sabbia e arbusti secchi. Ho pensato alla Fortezza dei Tartari. Forse Buzzati è venuto qua e ha trovato l'ispirazione. Chissà se da questo deserto non è mai sbucato l'esercito nemico.
Durante la scorsa notte, non riuscendo a prendere sonno per il caldo, sono andato sui bastioni. Guardavo quel buio davanti e sopra di me, e stavo per perdermi in una di quelle riflessioni sull'immenso in contrapposizione al nostro essere insignificante. Poi il brillare esagerato delle stelle del deserto mi ha portato a un pensiero ridicolo. Mi sono immaginato che là, da qualche parte, in una delle innumerevoli galassie, in un punto talmente distante da annullare la nostra capacità di comprensione, su un pianeta immerso in quella profondità, ci fosse qualcuno insonne come me. E anche lui, rattrappito nella consapevolezza di non arrivare a capire il concetto di universo infinito, guardava semplicemente il cielo. Ecco, ci stavamo in qualche modo osservando. Io e lui. Beati della vacuità dei nostri semplici pensieri comuni.
Ho riprovato a tornare a dormire, ma poi sono uscito di nuovo. E così più volte durante tutta la notte. E sempre, raggiunto il bastione, guardavo in alto e sorridevo. Anche lui era là. Ne sono sicuro.
Anche il tramonto aveva dato un saggio di come qui i colori siano di una bellezza commovente. Difatti poco prima che il sole scompaia, la luce fa assumere alle mura una colorazione giallo arancio. La città d'oro, viene chiamata. E le tinte del tardo pomeriggio spiegano il perché.
Penso ai racconti dei mercanti di qualche secolo fa, di ritorno da Jaisalmer. E immagino la gente che ascolta a bocca aperta e sogna fortezze lastricate d'oro, animali gobbuti capaci di attraversare i deserti, elefanti dipinti di bianco e giallo, marajà dalle ricche vesti che custodiscono tesori, donne dai visi bellissimi, che camminano altere fasciate da impalpabili sari di seta. E la stravagante prostituta che dedica un tempio a Visnu in riva a un lago di acqua di giada.


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