La Cometa Donati
1) Questa cometa è detta Donati dall’astronomo fiorentino
signor G. B. Donati, che la scoprì in Firenze la sera del
2 giugno 1858: essa fu anche detta cometa del Risorgimento
Italiano, dopo la guerra del 1859 che felicemente lo iniziò,
della quale il popolo la ritenne annunziatrice (0. Z. B.).
0 bellissimo astro chiomato,
Che ti aggiri innocente intorno al Sole
Come la schiera dei pianeti, e corri
Ubbidïente al suo poter le vie
Del firmamento, quando mostri a sera
ll tuo bel disco in occidente e spieghi
La pompa della tua candida chioma,
Il sofo a te sorride, e il vulgo ignaro,
Non più compreso da spavento, il guardo
Estatico in te affisa. Il fulvo Arturo
E la grand’0rsa omai brillano in cielo
0 non visti o spregiati, ed Orïone
Sorger non osa pria del tuo tramonto.
Astro non v'ha che te vinca e somigli
Nella beltade; nè l'argentea luce
Della Luna falcata è più soave
Di quella luce che pel ciel tu spandi.
Ma quel sorriso, o eterea pellegrina,
Di che t’adorni, or che del nostro cielo
Percorri i campi, lunga età non dura,
Come dura il tuo moto! E tu raccorci
L’ampio volume dell‘argentea chioma,
E sparuta divieni allor che volgi
Ad altri cieli il corso, ove non giunge
Sì tiepido il vital raggio del Sole.
Poichè l’Anglo immortal poggiò tant‘alto
Nella scienza degli astri, e nei lor moti
Vide l‘impero d’una forza arcana,
Ch’egualmente affatica e le rotanti
Lor grandi masse, e l'atomo che sfugge
All‘occhio e al tatto, e infaticabil desta
Nell'0ceàn il palpitar dell‘onda;
Non più ravvolge del mistero il velo
Come tu danzi con le tue sorelle,
Astro gentile, per gli eterei campi.
Dal carme Le Nebulose
si parla di Guglielmo Herschel
e di sua sorella Carolina, e dei telescopii a specchio che colle sue abili mani si costruiva quel sommo investigatore dei cieli.
Perocchè un grande del Tamigi in riva
Nel magistero di ricurvi specchi
Posta fidanza a confortar lo sguardo,
Scrutò quei cieli arcani, ove il mistero
Cotanta ala distese; e, dove appare
Quasi deserto il firmamento, scorse
Lieti drappelli degli arcani mondi
Che presagiva l'immortal tuo genio
E a lui compagno nell’ardita impresa
Era giovin sorella, inclita gloria.
Del vago sesso, che non mai conquisa
Dalla fralezza femminil, le veglie
Seco divise, e i compiti, a le fredde
Notti ed il perigliar delle pupille.
Dal carme "Il Sole".
Ecco come è esposta l'applicazione dell'analisi spettrale all'investigazione dell'astro del giorno.
Poichè l'italo genio erse le penne
A tanta altezza, e con felice ardire
Fra i rai del Sol poté ficcar lo sguardo,
La sete del saper che non é sazia
Giammai nell’uomo, più divenne ardente,
E volle altri misteri, altre segrete
Cose veder, che nel suo grembo serra
L’astro del giorno. Una pensosa schiera
Di chiari ingegni all' arrischiata impresa
Allor si volse: e confortando il guardo
Di novelli e più acconci ottici ordigni
Potè scomporne il settiforme raggio,
E del vario tenor delle sue tinte
Argomentarne i più riposti arcani.
Tutto ravvolge il disco ampio del Sole
Un vel di rosee corruscanti nebbie
Aspro di rughe, che nel flutto nuota
Di profonda atmosfera, ove riposo
Non e giammai, ma la tempesta freme
Come nell‘0cean scosso dai venti. |
Una bella descrizione dell'eclisse di Sole
Hai tu veduto qualche volta il Sole
Ammantarsi d’eclisse? Hai tu veduto
Come triste diviene in quei momenti
Paurosi la Terra, ed ogni cosa
Appar dipinta di mortal pallore?
Non appena la Luna a mezzo copre
La lucerna del mondo, e già nei campi
Languido il fiore impallidisce, e un tetro
Grigio scolora il bel verde dell’erbe.
In un plumbeo color muore l'azzurro
Riso dei cieli, a cui succede oscura
Orrida notte: ove se stella appare,
Somiglia a lampo sepolcral che annunzi
Vicina l'agonia della natura
E lunghesso l'immoto aer si spande
Cupo un silenzio, chè la sua canzone
Interrompe l'uccello, entro la siepe
Riparando atterrito; e nei crepacci
Del suol si affretta a scendere, cercando
Asil lo sciame de’ procaci insetti.
In ogni uomo furtiva ed affannosa
Un'angoscia si desta, ed il sapiente
Sacerdote d’Urania ad ora ad ora,
Triste diventa anch’ei, mentre si accinge
A contemplar co' suoi ricurvi vetri
Quel travaglio del Sol. Ma già la luce
Rapidamente scema, e non rimane
Della lampa del dì, che un picciol lembo
Falcato. Già in sottile arco si stringe
A poco a poco, e alfin col suo sfavilla
Ultimo raggio mestamente e muore.
Di subito la scena allor si muta:
Che dove il Sol sedea cinto di lampi,
Livido e nero signoreggia il disco
Della Luna, a mo’ d’aureola cinge (7)
Una corona candida di luce,
E’ l’atmosfera che il grand'astro abbraccia,
E al curïoso spettator si svela
Non più nascosta nel fulgor dei rai
Che discoperto saettava. E appare
Non poca parte di sue rosee nebbie (1)
Quando protese in vertici di coni
Che sembran le nevose Alpi al tramonto
Di un dì sereno, e quando in curvi rami
Come sotto le chete onde del mare
Si distende il corallo. Anche fur viste
Sporgere fuori dall’opaca Luna
Simili a lista di purpureo panno;
Od in brani squarciate andar volando
A quella guisa che pel nostro cielo
Volan le nubi per soffiar di vento.
In quei fiocchi ramosi e in quelle punte
Di rosee nebbie, con sagace sguardo.
Il paziente astronomo ravvisa
La compagine arcana e la testura
Interïor della dïurna lampa,
E quai tesori dentro alla sua cinta
Natura metallifera nasconde.
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