Torna alla Home-Page

Home        Contattaci           Regolamento per gli autori e per chi vuole collaborare             Ultimi aggiornamenti nel sito

Cosmologia


La festa dell’Universo

di Davide Valentinis

Fuochi d’artificio, palloncini e stringhe filanti agli albori del cosmo

“Una stella sul diploma” 2006, corso di studio in Ingegneria – Fisica, Politecnico di Milano

Abstract

Recent reports published by NASA have shown the essential results of the five – years mission WMAP; the analysis was made by the Wilkinson Microwave Anisotropy Probe, an orbiting observatory designed to study the properties of the Cosmic Microwave Background, or CMB. The electromagnetic spectrum of this radiation contains fundamental information about the ancient Universe, and could possibly lead to understand the events that took place in the very first moments after the Big Bang.

First, the present paper recalls the conclusions made from WMAP data; then an introduction to the CMB is given, showing the relation between the anisotropies of the background radiation, the particles known as neutrinos, and the cosmological model of inflation. Finally the problem of entropy in the Planck era is discussed: this is one of the many arguments that suggest the application of the theory of Quantum Gravity to the early Universe, and the attempts to merge it with the conception of cosmic inflation.


La Natura si diverte spesso a giocare con l’uomo.

Fin dalla comparsa delle prime civiltà organizzate sul nostro pianeta, la comprensione delle regole fondamentali e della struttura ultima delle entità fisiche è stata un obiettivo contemporaneamente essenziale ed avvincente, il riflesso di un desiderio costante di conoscenza, indispensabile per la sopravvivenza e la qualità della vita umana.

Per fortuna non giochiamo da soli: frequentemente l’Universo, nel suo immenso nascondino, ha l’accortezza di disseminare delle tracce, dei segni misteriosi e significativi, i quali testimoniano fenomeni avvenuti nel corso dell’evoluzione passata del cosmo e guidano la fantasia e la ragione nella formulazione di nuove teorie, per conseguire modelli quanto più possibile accurati e fedeli della realtà circostante.

In tal senso, uno dei traguardi maggiormente ambiziosi e stimolanti perseguiti dalla Fisica nel corso del Novecento è stata la rappresentazione e l’interpretazione dei fenomeni cosmologici, riferiti all’intero Universo visibile, al fine di ricostruire gli scenari esibiti dal cosmo nelle epoche remote, immaginare lo sviluppo futuro delle strutture celesti e identificarne l’origine ultima. A questa ricerca ha contribuito in modo decisivo l’avvento della teoria della Relatività di Albert Einstein: la concezione, fondata sull’interpretazione della gravità quale distorsione della geometria dello spazio – tempo, ha condotto alla formulazione ed alla successiva conferma osservativa del noto modello del Big Bang. In questa prospettiva, l’origine del cosmo si identifica con un’esplosione primordiale di una sfera di materia e radiazione, nella quale la temperatura e la densità raggiungevano valori estremi. A partire da quel momento, lo spazio si è espanso in ogni direzione, fino ad assumere le dimensioni attuali[1]. Tuttavia, molto rimane ancora da interpretare relativamente alle condizioni iniziali e alla dinamica di questi primi eventi.

Un ausilio essenziale per la Cosmologia contemporanea è rappresentato dall’analisi della radiazione cosmica di fondo a microonde, o CMB. Essa costituisce il residuo della deflagrazione iniziale del cosmo e contiene innumerevoli informazioni riguardanti le epoche celesti più remote[2]. In primo luogo, tali dati sperimentali supportano le concezioni teoriche riguardanti il modello cosmologico standard del Big Bang; inoltre, le lievi anisotropie, o discrepanze di temperatura della radiazione, ispirano l’evoluzione dello schema cosmologico standard in quello della cosiddetta inflazione cosmica[3]. Le proprietà della CMB sono compatibili anche con la distribuzione e l’entità delle particelle dette neutrini nello spazio celeste[2]. Infine, le caratteristiche di entropia associate alle microonde cosmiche risultano un’utile guida verso l’unificazione delle descrizioni particellari ed astrofisiche in un’unica descrizione concettuale, detta gravità quantistica[3]. L’intento del presente articolo è quello di illustrare le fasi essenziali del percorso teorico e sperimentale ispirato dall’analisi della radiazione cosmica di fondo a microonde, oggetto della missione della sonda WMAP. La nostra panoramica ci condurrà a considerare i principali schemi cosmologici e i modelli della Fisica subatomica e particellare, elaborati nell’ultimo secolo per descrivere l’origine delle realtà fisiche; questo sguardo d’insieme ci aiuterà ad intuire la necessità e la volontà di collaborazione fra i diversi ambiti della Fisica, al fine di giungere ad una comprensione unificata e coerente dei fenomeni che avvengono nell’Universo.

I risultati della sonda WMAP

L’agenzia spaziale americana, NASA, ha pubblicato i dati raccolti dalla sonda Wilkinson Microwave Anisotropy Probe, o WMAP, il cui nome significa letteralmente “Ricerca dell’Anisotropia a Microonde Wilkinson”, nel corso di cinque anni; infatti, le osservazioni compiute durante l’attività di tale strumento si sono focalizzate sull’analisi della radiazione cosmica di fondo a microonde, un tenue segnale elettromagnetico che permea l’Universo visibile e costituisce una delle conferme sperimentali fondamentali della teoria cosmologica del Big Bang[4].

Le elaborazioni effettuate dalla navicella hanno consentito di raffinare la nostra comprensione dell’evoluzione del cosmo. Il catalogo della ricerca rappresenta un tesoro colmo di informazioni, il quale include almeno tre dei risultati essenziali conseguiti nell’ambito dell’Astrofisica:

  • Un’ulteriore conferma che l’Universo è permeato da un oceano di neutrini cosmici, particelle le cui interazioni con la materia ordinaria risultano estremamente deboli

  • Un’evidenza sperimentale precisa che la prima popolazione di stelle ha impiegato più di mezzo miliardo di anni per creare una nebbia cosmica, dalla quale si sarebbero costituite le successive generazioni di astri nel cosmo

  • Rigorosi vincoli numerici riguardanti l’entità dell’esplosione primordiale avvenuta durante il primo milionesimo di miliardesimo di secondo di vita dell’intero Universo[4]

“Viviamo in un’epoca straordinaria”, ha affermato Gary Hinshaw del Centro per il Volo Spaziale Goddard della NASA, situato a Greenbelt, nel Mariland. “La nostra è la prima generazione nella storia umana a realizzare misurazioni così dettagliate ed accurate del nostro Universo”[4].

WMAP ha analizzato un relitto dell’Universo primigenio, ossia la luce più antica mai apparsa nel cosmo. Le condizioni fisiche relative a tale epoca ancestrale sono impresse nella radiazione emessa dalla materia in quelle condizioni estreme[5]. Questa luce è il risultato dei processi astronomici avvenuti precedentemente, ed uno sfondo luminoso sul palcoscenico dell’evoluzione successiva del cosmo. La radiazione ha perso progressivamente energia durante l’espansione dell’Universo, la quale si ipotizza sia durata 13,7 miliardi di anni fino all’epoca odierna[4]; conseguentemente, WMAP ora recepisce il segnale sotto forma di microonde. Effettuando accurate misure delle proprietà di tali microonde, la sonda ha consentito di interpretare molteplici annose questioni relative all’età, alla composizione ed al mutamento dell’Universo nel corso del tempo.

Una prima fondamentale conclusione è che il cosmo visibile risulta immerso in un oceano di neutrini cosmici[4]. Queste particelle quasi prive di massa viaggiano incessantemente per lo spazio a velocità molto prossime a quella della luce[2].

“Una barriera di piombo delle dimensioni del nostro intero sistema solare non sarebbe assolutamente in grado di fermare un neutrino cosmico”, ha detto il componente della squadra scientifica Eiichiro Komatsu, proveniente dall’Università del Texas ad Austin[4].

La radiazione a microonde captata da WMAP corrisponde al periodo in cui il cosmo aveva soltanto 380000 anni di età; il segnale mostra che in quell’epoca remota i neutrini costituivano il 10% del contenuto complessivo dell’Universo, gli atomi corrispondevano al 12%, la materia oscura al 63%, i fotoni ammontavano al 15% del totale e le tracce di energia oscura erano trascurabili[4]. Al contrario, le stime prodotte dai dati della sonda WMAP evidenziano che la composizione attuale del cosmo consiste nel 4,6% di atomi, il 23% di materia oscura, il 73% di energia oscura, invece i neutrini corrispondono a meno dell’1% della totalità degli oggetti fisici[4].

Nelle prime fasi di sviluppo dell’Universo esisteva un numero talmente enorme di neutrini cosmici da influenzare notevolmente l’evoluzione fisica primordiale del cosmo. A sua volta, tali processi hanno influito sulle proprietà delle microonde osservate dalla sonda WMAP. I dati acquisiti suggeriscono l’effettiva esistenza di uno scenario cosmico di fondo di neutrini con un’approssimazione sperimentale superiore al 99,5%; questa è la prima volta che una conferma di tal genere è stata ottenuta dal fondo cosmico di microonde[4].

La preponderanza dei risultati cosmologici dedotti da WMAP dipende dai modelli presenti nelle mappe del cielo della sonda; tali riferimenti scaturiscono da onde sonore percepite nell’Universo primordiale[4]. Nello stesso modo del suono prodotto da una corda di chitarra pizzicata, esiste un tono – o armonica – fondamentale ed una serie di note maggiormente acute – le armoniche superiori. La terza armonica, identificata con precisione da WMAP, contribuisce alla conferma sperimentale dell’esistenza di un oceano neutrinico[4].

Il rovente e denso Universo primigenio rappresentava un immane reattore nucleare per la produzione di elio[3]. Le teorie cosmologiche fondate sull’abbondanza di elio nello spazio attuale prescrivono che la generazione di questo elemento chimico nelle fasi nucleari iniziali siano avvenute esattamente all’interno di un oceano di neutrini. I dati inediti raccolti dalla sonda WMAP concordano con queste ipotesi, oltre che con misurazioni accurate delle proprietà dei neutrini realizzate da acceleratori di particelle situati a terra[4].

Un ulteriore progresso derivato dalle analisi di WMAP è l’evidenza manifesta che le prime stelle hanno impiegato almeno mezzo miliardo di anni per creare una nebbia cosmica. I dati forniscono nuovi e cruciali approfondimenti sulla fine della cosiddetta Era Oscura, quando la prima generazione di astri mai apparsa nel cosmo ha iniziato a splendere[4]. La radiazione proveniente da tali stelle ha creato una sottile nube di elettroni all’interno del gas circostante, una concentrazione di particelle che ha originato una serie di collisioni con i fotoni, o quanti di luce, della radiazione di fondo a microonde preesistente[4]. Il fenomeno è simile all’effetto osservabile quando la nebbia intercetta il fascio luminoso generato dai fari di un’automobile.

“Ora possediamo delle conferme che la creazione di questa nebbia è stata un processo prolungato, iniziato quando l’Universo aveva soltanto 400 milioni di anni e terminato soltanto dopo mezzo miliardo di anni”, afferma il componente della squadra WMAP Joanna Dunkley dell’Università di Oxford, nel Regno Unito e dell’Università di Princeton, a New York. “Attualmente, simili misure sono possibili soltanto impiegando WMAP”[4].

Una terza scoperta fondamentale proveniente dalle osservazioni della sonda WMAP delinea rigorosi vincoli numerici relativi all’incredibile esplosione e crescita dell’Universo, avvenuta durante il primo milionesimo di miliardesimo di vita. Questa deflagrazione è denominata inflazione: nel corso di tale processo, potrebbero essere state create notevoli increspature nell’intima trama dello spazio – tempo[6]. Attualmente, alcune versioni della teoria inflazionaria sono state accantonate, invece altre hanno raccolto maggiore consenso[4].

“I nuovi dati di WMAP regolano numerose idee canoniche sviluppate nel tentativo di descrivere l’esplosione di crescita nell’Universo primordiale”, afferma il principale investigatore scientifico di WMAP, ossia Charles Bennett, dell’Università

Johns Hopkins a Baltimora, nel Maryland. “È sorprendente che vaghe predizioni teoriche di eventi verificatisi nei primi momenti di esistenza del cosmo possano essere confrontate ora con misurazioni accurate”[4].

Le analisi quinquennali di WMAP sono state pubblicate nella settimana dal 3 al 10 marzo scorso, ed i risultati corrispondenti sono stati inseriti in una serie di saggi scientifici proposti per l’ Astrophysical Journal[4].

Precedentemente alla divulgazione dei nuovi dati, WMAP aveva già conseguito un paio di successi notevoli. Nel 2003 le osservazioni della navicella hanno evidenziato la presenza di una grande percentuale di energia oscura nell’Universo, eliminando molte delle rimanenti obiezioni all’effettiva sussistenza di una tale forma inconsueta di energia. Nello stesso anno, WMAP ha stimato anche l’età del cosmo, corrispondente a 13,7 miliardi di anni[4].

I fuochi d’artificio: Radiazione Cosmica di Fondo

Purtroppo, in questa partita a nascondino con le leggi dell’Universo non possiamo contare sul fattore campo: nella nostra situazione, il cosmo gioca sempre in casa. Di conseguenza, puntiamo sul contropiede: analizzando i residui fossili delle fasi primordiali dell’evoluzione cosmologica, è possibile dedurre dalle equazioni matematiche e dai dati disponibili le caratteristiche fisiche dello spazio – tempo nel momento in cui questi resti sono stati prodotti, quali temperatura, presenza di masse ed energia, nonché composizione chimica delle eventuali strutture presenti.

Un assist eccezionale ci è stato fornito nel 1964, quando i tecnici Arno Penzias, Robert Wilson e Robert Dicke, dei Bell Laboratories, si imbatterono in un rumore di fondo imprevisto durante il collaudo di un’antenna, progettata per la comunicazione con i satelliti Echo ed Elstar[2]. Il dispositivo, costruito a Crawford Hill, nel New Jersey, era sensibile a lunghezze d’onda di radiazione comprese fra il millimetro ed il centimetro; gli strumenti registravano un segnale uniforme, costante ed apparentemente inspiegabile, nelle lunghezze d’onda elettromagnetiche corrispondenti alle microonde[2]. Dopo aver tentato di sfrattare il nido dei volatili sulla sommità dell’apparecchio, ritenuti responsabili dell’accaduto, gli esperti riscontrarono effettivamente che il radio telescopio captava una radiazione con intensità distribuita in modo approssimativamente uniforme nella volta celeste.

Lo spettro del segnale, ossia la distribuzione specifica della densità di energia trasportata in funzione della frequenza, corrisponde alla forma trovata nel 1900 dal fisico tedesco Max Planck nell’ambito dello studio della radiazione emessa dal cosiddetto corpo nero[7]. Un tale oggetto è definito in modo tale da assorbire la totalità delle onde elettromagnetiche che incidono su di esso, quando non emette radiazione propria[7]. Un esempio è rappresentato da un forno dotato di un’apertura di dimensione molto ridotta: se dell’energia penetra nella cavità attraverso il foro, la probabilità che essa venga interamente assorbita nel corso dei numerosi scontri con le pareti del recipiente è molto elevata, dunque possiamo affermare in prima approssimazione che la radiazione incidente non è in grado di sfuggire dall’interno del corpo nero. Nello stesso modo, un corpo nero è in grado anche di emettere la massima quantità di energia compatibile con le sue caratteristiche fisiche per ogni lunghezza d’onda, ossia è un emettitore perfetto[7]. Considerando la radiazione come formata da singoli pacchetti o quanti di energia elettromagnetica, detti fotoni, è possibile giustificare la forma della distribuzione energetica sperimentale osservata e persino determinare la temperatura alla quale si trova l’oggetto irradiante stesso[7]. Così si ottiene la formula della densità di energia

,

in cui il carattere discreto o quantistico dell’emissione è garantito dalla presenza della cosiddetta costante di Planck h, sempre di mezzo quando si tratta di fenomeni microscopici. Nella formula, T rappresenta la temperatura del corpo emittente espressa in gradi Kelvin, invece k è la cosiddetta costante di Boltzmann. Per misurare la temperatura assoluta di un corpo raggiante, è possibile utilizzare strumenti detti pirometri ottici[7]; in tali apparati, data una temperatura di riferimento T2 di un corpo noto, si osserva la sovrapposizione della radiazione emessa a tale temperatura con le onde elettromagnetiche emesse da una sorgente lontana. La temperatura T1 del corpo più distante, quindi, è identificata attraverso la formula quantistica per l’intensità spettrale, ossia il rapporto fra l’emissione istantanea di radiazione di due oggetti ad una determinata lunghezza d’onda, per unità di area. La relazione è

.

Per la radiazione di fondo, Penzias e Wilson trovarono un valore di circa 2,7 K[7].

Figura 1. Distribuzione di intensità della radiazione cosmica di fondo a microonde in funzione dell’inverso della lunghezza d’onda: la curva sperimentale approssima in ottima misura l’andamento del modello di corpo nero ad una temperatura di 2,73 K al di sopra dello zero assoluto

Il fatto sorprendente della vicenda, oltre alla palese quanto frequente fortuna di una scoperta casuale, è la conferma del modello cosmologico del Big Bang. La radiazione cosmica di fondo, o CMB, Cosmic Microwave Background, rappresenta il residuo fossile dell’immane esplosione avvenuta nei primi momenti di vita dell’Universo, ad un’età corrispondente a circa 13,7 miliardi di anni fa[2]. L’enorme energia dei fotoni emessi in tale occasione è stata diminuita notevolmente nel viaggio che l’ha condotta ai nostri strumenti di rilevazione, a causa dell’espansione dello spazio: l’aumento di dimensioni del cosmo risulta in un fenomeno detto effetto Doppler elettromagnetico o redshift, per il quale le onde di radiazione vengono “stirate” ed estese assieme allo spazio – tempo e la lunghezza dell’onda percepita è molto maggiore di quella posseduta dalla radiazione al momento della sua creazione[8]. Il momento esatto in cui la CMB è stata prodotta corrisponde a 380000 anni a partire dalla deflagrazione iniziale: prima di quell’istante, il cosmo era riempito di un oceano informe di particelle cariche ionizzate quali protoni ed elettroni, che ostacolavano ed assorbivano i fotoni di radiazione elettromagnetica senza consentirne la propagazione[5].

Un aspetto essenziale del segnale di fondo a microonde è la sua sostanziale uniformità in ogni direzione della volta celeste[2]. Questa proprietà è indice del fatto che l’esplosione che ha generato i fotoni non era localizzata in un particolare punto dello spazio, bensì tutti i punti dello spazio – tempo dovevano essere vicini nel momento della deflagrazione, poiché soltanto in questo modo vi sarebbe stata la possibilità di uniformare le condizioni di temperatura ed energia in ogni porzione dell’Universo primordiale[2].

Chi ha invitato il neutrino?

I risultati dell’analisi della CMB prodotti dalla sonda WMAP hanno evidenziato l’esistenza di un oceano uniforme di neutrini che pervade il cosmo visibile[4]. Questa conferma evidenzia il legame notevole che sussiste fra l’Astrofisica, la Cosmologia e la Fisica nucleare e particellare; la correlazione fra questi diversi ambiti della Fisica diventa indispensabile per ricostruire gli eventi cosmici prossimi al Big Bang, data la necessità di analizzare ingenti campi gravitazionali in uno spazio – tempo di dimensioni microscopiche, dunque quantistiche. I neutrini rappresentano particelle elementari incluse nel cosiddetto Modello Standard e dotate di caratteristiche decisamente inusuali rispetto all’esperienza comune:

  • Prive di carica elettrica

  • Dotate di massa estremamente piccola

  • Spin intrinseco pari ad ½ , una caratteristica comune all’elettrone e conforme alla categoria di particelle con spin semintero note come fermioni[7]

  • Caratterizzate da rare interazioni con la materia ed insensibili alle forze elettromagnetica e nucleare forte[8]

L’esistenza di tale particella invisibile fu ipotizzata nel 1931 da Wolfgang Pauli, per rendere conto di un difetto di energia nella reazione nucleare del decadimento radioattivo Beta, in cui un atomo dotato di un numero di protoni Z si trasforma in un elemento di numero atomico Z+1[7]; nel processo viene emesso un elettrone libero e l’energia mancante viene attribuita alla creazione simultanea di un neutrino[8].

Un tipico processo di questo genere è il decadimento Beta del neutrone libero, un esempio di interazione nucleare debole che forma un protone, un elettrone ed un anti – neutrino[9]:

 

La rilevazione sperimentale della sfuggente particella neutrinica, avvenuta negli anni Cinquanta, contribuì ad arricchire una collezione di particelle già nutrita; parafrasando il fisico Isidor Isaac Radi, sorpreso dalla scoperta di un altro corpuscolo, il muone, nel 1946, anche noi ci chiediamo: “E questo, chi l’ha ordinato?” [10] Omaggio della casa, direbbero i migliori osti.

I neutrini costituiscono una parte della materia oscura, ossia la classe di oggetti celesti insensibili alla radiazione elettromagnetica e dunque invisibili ai telescopi terrestri; l’influenza di un neutrino nei confronti della materia può essere analizzata teoricamente soltanto in maniera indiretta, osservando le rare e deboli interazioni a livello atomico con la materia ordinaria[2].

Miliardi di neutrini attraversano ogni secondo il nostro corpo, incuranti di ogni legge sulla privacy. Essi possono essere prodotti nelle reazioni nucleari all’interno delle stelle, quale il nostro Sole, dai decadimenti radioattivi di sedimenti rocciosi presenti sulla Terra, dall’esplosione di stelle massicce dette supernovae e naturalmente dall’esplosione primordiale del Big Bang[3]. In quest’ultimo caso i neutrini fossili hanno un’energia estremamente ridotta e permeano l’Universo in un oceano uniforme; la creazione di questo brodo neutrinico risale all’immenso processo di liberazione di radiazione e di materia susseguito ad una fase dell’evoluzione del cosmo molto particolare, ossia l’accelerazione inflazionaria[6].

Gonfiamo i palloncini: il modello inflazionario

Le prime misurazioni di precisione delle caratteristiche della radiazione cosmica di fondo a microonde sono state effettuate dal satellite COBE, o Cosmic Microwave Background Explorer, nel 1992; malgrado l’uniformità riscontrata, persistevano alcune discrepanze nei valori di temperatura del segnale di fondo nelle diverse direzioni del cielo[2]. Una spiegazione di parte di questo fenomeno risiede nella rivoluzione della Terra nel sistema solare, che altera la percezione della frequenza delle onde elettromagnetiche ricevute nel senso del moto; un'altra volta si ritrova il cosiddetto effetto Doppler[11]. Tuttavia, nel 2003 la sonda WMAP ha raccolto una prima serie di dati a risoluzione maggiore, i quali hanno evidenziato la presenza di disuniformità di temperatura molto fini, pari ad un decimillesimo di grado Kelvin[3]. Per la Natura, la festa non è ancora finita.

In realtà, l’analisi di queste fluttuazioni termiche ha fornito l’ispirazione e la conferma di un raffinamento del modello cosmologico standard del Big Bang, una correzione che ha condotto all’ipotesi dell’Universo inflazionario.

Secondo Alan Guth, il primo a proporre nel 1981 un tale scenario interpretativo, l’Universo ha sperimentato una condizione di espansione accelerata dello spazio – tempo nel breve periodo che intercorre fra 10-35 e 10-33 secondi dall’inizio dell’esplosione: questa fase è denominata inflazione[6].

Il modello inflazionario è in grado di interpretare alcune questioni relative alle condizioni del cosmo primordiale, alle quali la Cosmologia standard del Big Bang non fornisce una risposta esaustiva e definitiva.

Un rompicapo è costituito dall’origine dell’uniformità delle condizioni fisiche su grande scala del cosmo nell’epoca attuale, un equilibrio testimoniato ulteriormente dalle caratteristiche di omogeneità della radiazione cosmica di fondo[9].

Sperimentalmente, si osservano in aree notevolmente distanti del cosmo le stesse caratteristiche di temperatura e densità; d’altra parte, gli scambi di energia fra regioni diverse di spazio possono effettuarsi, per la Relatività, al massimo alla velocità della luce c[11]. Allora, l’orizzonte di Hubble dell’Universo visibile è definito quale il limite esterno della regione sferica che circonda la Terra, per cui la luce che è partita da un punto all’interno di tale sfera di spazio ha avuto il tempo di giungere fino a noi dopo l’inizio dell’espansione del cosmo[12].

Ora, sorge un problema tecnico: secondo il modello standard del Big Bang, nel breve intervallo di tempo di 10-35 s la luce può aver percorso soltanto 10-25 cm circa, secondo la semplicissima legge

,

in cui c rappresenta la velocità della luce nel vuoto, x è lo spazio percorso e t è il tempo impiegato[2].

Invece, da calcoli fondati sulla Relatività generale, risulta che il raggio dell’Universo a 10-35 s corrispondeva a 3 mm: dato che nessuna interazione può propagarsi a velocità superiore a quella della luce, non c’era tempo per qualunque segnale di appiattire le differenze di temperatura ed energia tra tutte le diverse parti del cosmo[2].

 

EPOCA ATTUALE:

EPOCA

INFLATIVA:

Età universo

10^17 s

10^-35 s

Raggio Universo:

3x10^27 cm

3 mm

Temperatura Universo:

3 x 10^28 K

3 K


Tabella 1. Confronto fra le condizioni fisiche fondamentali dell’Universo attuale e quelle esistenti all’epoca inflativa, ossia all’inizio del processo di inflazione cosmica; i valori sono derivati dallo schema teorico della Relatività generale nella forma del modello cosmologico standard del Big Bang

I fisici delle alte energie hanno ripreso a dormire sonni tranquilli grazie alla soluzione proposta dall’Universo inflazionario, ipotizzando un’espansione accelerata del cosmo nel periodo fra 10-35 s e 10-33 s. Il ritmo accelerato dell’espansione del cosmo nel breve tempo dell’inflazione consente all’Universo di raggiungere le dimensioni attuali a partire da un volume più piccolo, rispetto al Big Bang tradizionale, a parità di età totale a partire dalla deflagrazione iniziale; in questo modo, il raggio del cosmo primigenio è percorribile interamente dalla luce in 10-35 s e le condizioni fisiche nelle diverse aree dello spazio – tempo possono essere rese uniformi dai flussi di energia conseguenti ai disequilibri preesistenti[6].

Figura 2. A sinistra, l’espansione dell’Universo procede ad un ritmo costante, secondo la teoria standard del Big Bang. Nella sezione destra, invece, il ritmo accelerato dell’espansione del cosmo nel breve tempo dell’inflazione consente all’Universo di raggiungere le dimensioni attuali a partire da un volume più piccolo, rispetto al Big Bang tradizionale, a parità di età totale a partire dalla deflagrazione iniziale; quest’ultima quantità è rappresentata dall’asse verticale dei tempi. La fase inflazionaria è evidenziata in bianco nella porzione destra della figura.

Un’ulteriore domanda alla quale la Cosmologia inflazionaria fornisce un’interpretazione coerente è il cosiddetto problema della piattezza, ovvero il fatto che il cosmo presenta approssimativamente una geometria piana euclidea su grande scala, simile alla superficie liscia di un tavolo[5]. Questa condizione non è assolutamente scontata, dato che per la Relatività generale la presenza di massa ed energia deforma la struttura geometrica dello spazio – tempo in modo simile a quello di un tappeto elastico e la massa di certo non manca nel nostro Universo visibile. Per visualizzare in modo intuitivo la risposta ipotizzata dall’inflazione cosmica, immaginiamo il cosmo quale un palloncino che si gonfia.

Dal punto di vista geometrico, più il cosmo si espande e più su scala locale appare piatto, nello stesso modo in cui la superficie della Terra, pur essendo sferica, sembra orizzontale ad un uomo.

Dunque, più grande è una sfera, più dolce è la curvatura e più piatta appare una porzione di superficie della sfera stessa; l’inflazione, facendo assumere allo spazio dimensioni colossali rispetto a quelle iniziali, rende la porzione visibile attuale del cosmo così piccola da sembrare piatta[3]. Al solito, le percezioni sono una questione di punti di vista.

Figura 3. Rappresentazione schematica dell’espansione inflazionaria dell’Universo: se la sfera assume dimensioni molto maggiori della porzione visibile nel riquadro, la sua superficie su scala locale appare piatta.

Un terzo problema affrontato dalla Cosmologia inflazionaria è quello dei monopoli magnetici,

particelle previste dalle teorie di grande unificazione e ipoteticamente generate nell’Universo primordiale, a causa di differenze nell’orientamento dei vettori di inconsueti campi energetici[8].

I monopoli sono anomalie invisibili nel cosmo, poiché i magneti osservati presentano sempre un polo positivo ed uno negativo. Questa proprietà è coerente con le equazioni di Maxwell dei campi elettromagnetici, una delle quali esprime la caratteristica da parte del campo magnetico di non avere sorgenti distinte: le linee di forza corrispondenti sono sempre chiuse, in quanto si dirigono sempre dal polo positivo a quello negativo esternamente ad un materiale e viceversa all’interno del magnete.

L’eventuale presenza dei monopoli magnetici è una questione puramente teorica, potenzialmente priva di alcuna realtà fisica; in ogni caso, la teoria dell’inflazione cosmica produce un argomento in relazione al quale, se anche tali particelle magnetiche fossero reali, esse sarebbero talmente rare da non influenzare la struttura del cosmo visibile.

Secondo il modello inflazionario, l’espansione accelerata confina fuori dall’Universo visibile i monopoli, poiché lo spazio si sarebbe espanso partendo da una regione così ridotta da contenere al massimo un monopolo; in questo modo, le disuniformità non sarebbero cancellate del tutto, ma sarebbero confinate in una parte dell’Universo non osservabile dalla nostra posizione[2]. Un po’ come dire che la Natura non ripulisce la casa dopo la festa, ma nasconde la polvere sotto il tappeto.

La dinamica, ossia l’origine, dell’espansione accelerata prevista dall’inflazione si fonda sulla presenza di un campo scalare uniforme che permea l’intero spazio, detto campo di Higgs; questa entità è detta scalare poiché è sufficiente un unico valore o numero per ogni punto dello spazio, al fine di specificare le caratteristiche del campo, nello stesso modo della temperatura nelle diverse aree della superficie terrestre[3]. Il campo di Higgs è indicato in questo modo dal nome del fisico scozzese Peter Higgs, il quale propose tale interpretazione negli anni Sessanta del secolo scorso. Nella versione originale, questa concezione intende illustrare la ragione per cui le particelle elementari conosciute e catalogate nel cosiddetto Modello Standard presentano valori della massa così specifici e differenti fra loro: l’intero spazio privo di materia è permeato dal campo di Higgs, nello stesso modo di un oceano o di un miele viscoso; le diverse qualità di particelle materiali esistenti in natura, dunque, sperimentano un’interazione, o accoppiamento, differente con il campo scalare[3]. Per tale ragione, ogni corpuscolo elementare risulta frenato nel proprio moto attraverso lo spazio proporzionalmente all’influenza esercitata dal campo di Higgs su di esso: il risultato è una resistenza all’accelerazione a, o inerzia al moto, nei confronti dell’applicazione di una forza F; riconosciamo che quest’ultima rappresenta la massa m propria della particella in esame, in virtù della seconda legge di Newton

.

Il campo di Higgs esercita la propria influenza sul moto delle particelle quando le condizioni di temperatura, energia e densità sono inferiori ad un valore specifico, elevatissimo rispetto alle condizioni ordinarie; quando il campo scalare ha iniziato ad interagire con i corpuscoli elementari nell’Universo primigenio immediatamente successivo al Big Bang, si è verificata una rottura di simmetria; il termine è giustificabile intuitivamente, considerando che prima della rottura le particelle erano indistinguibili e dunque simmetriche rispetto alla massa e al campo di Higgs, invece successivamente i corpuscoli si sono differenziati fra loro a causa dell’interazione differente con il campo scalare[3].

Successivamente, lo schema fisico del campo di Higgs è stato applicato anche in ambito cosmologico, in relazione al modello inflazionario[6].

Per comprendere meglio il meccanismo dell’inflazione, consentiamo alla Meccanica Quantistica di entrare in campo. Letteralmente! Attraverso opportune considerazioni di carattere quantistico, nelle quali ancora una volta regna sovrana la costante di Planck h, arriviamo ad una delle forme del cosiddetto principio di indeterminazione di Heisenberg, per il quale il valore energetico di ogni campo o particella esistente in natura può oscillare in modo imprevedibile su intervalli di tempo molto ridotti[13]. In formule abbiamo

,

dove E rappresenta l’energia di un campo o particella, t l’intervallo di tempo necessario a misurare precisamente questa energia e il valore a secondo membro costituisce in totale la costante di Planck h, divisa per 4π.

Le fluttuazioni energetiche del campo di Higgs di inflazione, ribattezzato inflatone, sono in grado di riprodurre i presupposti necessari ad innescare l’espansione inflazionaria, nelle condizioni estreme esistenti nell’Universo primordiale[14].

Infatti, una caratteristica fondamentale dell’inflatone è la forma peculiare del grafico del potenziale, che esprime intuitivamente la quantità di energia per unità di volume immagazzinata nel campo stesso. Uno sguardo alla figura 2 mostra che l’inflatone implica un potenziale a forma di sombrero, caratterizzato da un picco centrale di energia non minima[7]. A causa delle fluttuazioni di energia imposte dal principio di indeterminazione di Heisenberg, ed amplificate dalle condizioni energetiche estreme dell’Universo primordiale, il valore del potenziale può variare imprevedibilmente e rimanere intrappolato nel picco energetico centrale in equilibrio precario, o metastabile: in questo modo, il campo di Higgs, presente nell’intero spazio fisico, possiede un’energia non nulla, in grado di provocare l’espansione accelerata dello spazio stesso[3]. Una tale condizione è denominata falso vuoto, in cui lo spazio – tempo privo di materia è permeato da un campo di valore energetico positivo. Il risultato è l’inizio della fase inflazionaria[6].

Figura 2. La forma del potenziale del campo di Higgs è simile ad un sombrero. A causa del principio di indeterminazione di Heisenberg, il valore del potenziale può variare imprevedibilmente e rimanere intrappolato nel picco energetico centrale in equilibrio metastabile: in questo modo l’energia del campo è in grado di dare luogo all’inflazione

Le fluttuazioni quantistiche, tuttavia, sono simili ai prestiti in banca: prima o poi riconquistano sempre quello che hanno ceduto. Infatti, un lieve spostamento quantistico della posizione del potenziale produce la caduta del valore del campo verso lo stato di energia minima, corrispondente al cerchio rosso in figura 2[3]. Quindi, per determinare lo scivolamento del potenziale di Higgs verso lo stato energetico nullo è necessario fornire energia all’inflatone, ossia occorre “dare una spinta quantistica” al potenziale quando quest’ultimo si trova in corrispondenza del picco: così il campo scalare di Higgs assume un valore positivo, invece il valore dell’energia associata al campo stesso diventa pari a zero[6]. Il processo è simile alla situazione che si presenterebbe se dovessimo tamponare due fori in una diga pericolante a mani nude: per preservare lo stato di quiete dell’acqua contenuta dallo sbarramento, è necessario esercitare una pressione netta con i palmi delle mani sulle crepe; nello stesso modo, per rendere nulla l’energia del campo di Higgs occorre che il valore del campo stesso sia diverso da zero[3].

Al termine dell’inflazione, quando l’inflatone scende verso il valore di energia minima, deve liberare l’energia accumulata, che ha consentito la fase di espansione accelerata: il processo è simile ad un ferro rovente, che per portarsi alla stessa temperatura dell’ambiente deve cedere energia sotto forma di calore e luce.

L’energia liberata dal campo di Higgs riempie l’Universo di radiazione e di materia, ossia particelle, poiché sappiamo che l’energia può essere convertita in massa attraverso la relazione di Einstein fra massa a riposo ed energia[11]

.

Il modello inflazionario, dunque, dà un’interpretazione della prima generazione di particelle nell’Universo, o nucleosintesi[3].

Ma le meraviglie non finiscono qui: le disuniformità di temperatura nella radiazione di fondo a microonde, evidenziate dalla sonda WMAP, attestano che il periodo dell’inflazione ha amplificato su scala macroscopica le minuscole fluttuazioni nei valori di energia previsti dal principio quantistico di indeterminazione di Heisenberg[13]. Secondo i modelli teorici, sono state tali discrepanze nella distribuzione di materia ed energia nella gioventù del cosmo a determinare, per attrazione gravitazionale delle particelle circostanti, la formazione dei primi nuclei o agglomerati di materia. Da questi nuclei di condensazione si sarebbero formate successivamente le strutture organizzate su scala gerarchica dell’Universo, quali galassie ed ammassi[15].

Complimenti, abbiamo appena spiegato come mai lo spazio non è vuoto.

Per ora, accontentiamoci di uno sguardo d’insieme e rimandiamo ad una prossima festa di compleanno gli altri dettagli della dinamica; al contrario, concentriamoci su un ultimo rompicapo della Natura, che pone in relazione il modello inflazionario ed un’altra concezione fondamentale, a lungo considerata dai fisici e candidata nientemeno che alla missione dell’unificazione della Fisica e delle interazioni particellari: la teoria delle superstringhe, evolutasi successivamente nella M – Teoria[10]. Nonostante gli apparenti successi e l’ingegnosità dell’impianto matematico sul quale si fonda, questa prospettiva delle stringhe ha avuto uno sviluppo controverso, ed ora esponenti della comunità scientifica esprimono dubbi circa l’autenticità del significato fisico della teoria. In altri termini, occorre ancora ottenere una conferma che gli oggetti descritti dalla concezione delle stringhe esistano realmente.

Malgrado la sintesi delle differenti aree della Fisica sia un obiettivo attualmente lontano dall’essere raggiunto, la M – teoria offre un esempio concreto degli sforzi e dei tentativi operati in tale direzione unificatrice.

Figura 3. Diagramma temporale dell’Universo inflazionario: le fluttuazioni quantistiche generano un’espansione accelerata del cosmo nei primi istanti dopo il Big Bang; in tal modo, prima dell’inflazione l’Universo è sufficientemente piccolo da consentire gli scambi di energia fra le diverse parti dello spazio e quest’ultimo diventa omogeneo ed uniforme come viene osservato attualmente

Dai palloncini alle stringhe filanti: inflazione e gravità quantistica

Le stringhe entrano in campo

La teoria delle stringhe è stata proposta inizialmente nel 1968 dall’italiano Gabriele Veneziano per descrivere alcuni fenomeni riguardanti le interazioni nucleari forti; successivamente, furono Yoichiro Nambu, Holger Nielsen e Leonard Susskind nel 1970 a riconoscere la potenzialità intrinseca del sistema concettuale di Veneziano: assumendo che le particelle elementari siano in realtà stringhe vibranti unidimensionali, la teoria può essere in grado di prevedere l’esistenza di numerose particelle materiali e mediatrici delle forze rilevate e comprese nel Modello Standard, più altri corpuscoli ancora non osservati, tra cui i cosiddetti partner supersimmetrici ricercati negli odierni esperimenti di Fisica delle alte energie[10].

Il concetto fondamentale di questa prospettiva è che ogni ente materiale fisico sia costituito da corde o stringhe delle dimensioni della lunghezza di Planck, pari a 10-35 m[10]; non c’è nulla da fare, h è come il prezzemolo, insaporisce qualunque ricetta microscopica.

La definizione di lunghezza di Planck evidenzia che in corrispondenza a tale scala di misurazione gli effetti della Meccanica quantistica risultano rilevanti anche nei confronti della descrizione della gravità, dunque si entra nel dominio della gravità quantistica; a questo punto, è necessario unire le descrizioni offerte dalla Relatività generale di Einstein con la Fisica dei quanti[12].

Secondo la teoria delle stringhe, la differenza fra una particella materiale e l’altra sarebbe determinata dall’energia e dal modo di vibrazione delle stringhe che costituiscono il corpuscolo; a loro volta, i modi di vibrazione sono correlati al numero di oscillazioni, ossia di picchi e ventri, presenti fra gli estremi della stringa in vibrazione, nello stesso modo delle corde di uno strumento musicale o di una corda per saltare[10].

  • Maggiore tensione della stringa = maggiore energia

  • Ma per la Relatività speciale l’energia è massa e viceversa

  • Maggiore massa significa risposta più elevata della particella al campo gravitazionale

  • Le masse delle particelle osservate, allora, corrispondono a modi di vibrazione differenti delle medesime stringhe fondamentali[10]

Figura 4. Maggiore energia di vibrazione di una stringa fondamentale significa una maggiore massa della particella alla quale la stringa stessa dà origine

Le superstringhe si candidano al ruolo di teoria unificatrice della Relatività generale e della Meccanica quantistica, in quanto, essendo oggetti dotati di una dimensione, risultano in grado di attenuare gli effetti catastrofici che si verificano quando si tenta di utilizzare contemporaneamente le descrizioni relativistiche e quantomeccaniche[10]. La compatibilità fra queste ultime è necessaria per interpretare gli eventi cosmologici molto prossimi al Big Bang, date le enormi masse, i campi gravitazionali ingenti e le dimensioni ridotte dello spazio in gioco in tali circostanze[1].

Nel 1977 Ferdinando Gliozzi, Joël Scherk e David Olive posero in evidenza l’importanza della supersimmetria nella teoria delle stringhe[10].

Una proprietà fondamentale delle particelle conosciute in natura è lo spin, nello stesso modo della massa o della carica elettrica, un concetto che può essere impiegato per classificare le diverse qualità di particelle stesse nel Modello Standard.

La supersimmetria, in termini approssimati, associa ad ogni genere di particella conosciuta in natura un partner dotato di spin aumentato di 1/2 , detto partner supersimmetrico, finora mai rilevato sperimentalmente[16]. Dal momento dell’inclusione della supersimmetria nel quadro concettuale delle stringhe, il sistema è stato ribattezzato con il nome di teoria delle superstringhe[10].

L’intento attuale dei fisici e cosmologi è quello di correlare la teoria delle stringhe all’inflazione cosmica, per verificare se i due sistemi concettuali sono compatibili fra loro e possono essere unificati in uno schema coerente e consistente.

Un indizio incoraggiante in tal senso è la presenza nell’ambito della teoria delle superstringhe di numerosi esempi di campi scalari, potenzialmente in grado di riprodurre le caratteristiche di un campo di Higgs o inflatone; la difficoltà risiede nella dinamica stessa dell’inflazione, la quale richiede condizioni specifiche definite per l’innesco dell’accelerazione e per il suo termine dopo un intervallo di tempo di soli 10-2 – 10-3 secondi[14].

Le sfere di Hubble e il problema dell’entropia

Un altro indice interessante è riferito al cosiddetto problema dell’entropia nell’Universo. Ancora una volta, torniamo alla radiazione cosmica di fondo a microonde osservata da WMAP. Essendo la radiazione in equilibrio termico, risulta possibile associare alla distribuzione energetica di corpo nero una grandezza detta entropia, la quale è direttamente proporzionale al volume occupato dalle particelle presenti e al cubo della loro temperatura assoluta[12]. In termini intuitivi, l’entropia misura il grado di disordine di un sistema, inteso quale numero di configurazioni o stati microscopici che non alterano le proprietà macroscopiche di un oggetto fisico[7].

Nell’espansione standard, la temperatura e la curvatura spaziale diminuiscono, invece il volume dell’Universo aumenta, dunque complessivamente l’entropia rimane costante: si afferma in questa circostanza che il processo è adiabatico. Al raggio dell’Universo visibile viene assegnato un parametro detto orizzonte di Hubble e pari all’inverso della costante di Hubble H; quest’ultima è utilizzata per descrivere la velocità di espansione del cosmo e di allontanamento reciproco delle galassie nel modello cosmologico del Big Bang[12]. Il parametro di Hubble è anche indice della curvatura dello spazio, dunque questo valore diventa progressivamente minore durante l’espansione del cosmo[12]. Come abbiamo analizzato precedentemente nell’ambito del problema dell’orizzonte, all’interno della distanza di Hubble la luce ha tempo di propagarsi in ogni luogo, ed uniformare le condizioni fisiche nelle diverse aree comprese nel raggio stesso[2]. Dunque l’orizzonte di Hubble non corrisponde necessariamente al raggio totale del cosmo, ma soltanto alla sezione teoricamente visibile di quest’ultimo.

Tuttavia, nell’espansione inflazionaria sono presenti processi non adiabatici, in grado di riscaldare l’Universo e renderlo maggiormente disordinato al termine del fenomeno inflativo; quindi, l’entropia riscontrata nella radiazione a microonde discende dai processi di liberazione di energia verificatisi alla fine dell’intervallo di inflazione[12].

Nonostante questo, il cosmo risulta estremamente meno disordinato di quanto potrebbe essere: l’entropia immagazzinata nel fondo cosmico a microonde corrisponde ad un numero dell’ordine di 1090, contro un valore possibile di 10122 associato al raggio attuale dell’Universo visibile[12].

Entropia e ologrammi

Come afferma il fisico Maurizio Gasperini, l’entropia osservata nella CMB può corrispondere alla situazione fisica esistita nel passato del cosmo, se assegniamo una determinata quantità di entropia ad ogni porzione sferica di spazio corrispondente alla lunghezza di Planck; ricordiamo che quest’ultima distanza rappresenta la dimensione caratteristica delle superstringhe, in corrispondenza della quale diventano rilevanti gli effetti quantistici sulla struttura dello spazio - tempo. All’epoca di Planck, ossia quando l’Universo aveva l’età di 10-43 s e presentava un raggio di 10-33cm, molto minore di quello attuale, l’Universo poteva contenere al massimo 1030 sferette del genere descritto, dunque il volume e l’entropia totale corrispondeva coerentemente al valore di 1090. Tale calcolo si può ottenere considerando che l’orizzonte di Hubble, a quel tempo, era più piccolo del raggio effettivo dell’Universo di un fattore pari a 1030; questa quantità va elevata alla terza potenza, poiché stiamo considerando le tre dimensioni dello spazio ordinario[12].

Precisamente, la prescrizione sull’entropia enunciata da Gasperini equivale ad attribuire ad ogni sferetta del raggio dell’orizzonte di Hubble l’entropia massima garantita dal principio olografico.

Questo concetto, espresso dal premio Nobel del 1999 Gerard t’Hooft, è immaginabile assumendo che l’informazione sulla totalità di entropia in ogni sferetta sia localizzata sulla superficie esterna della sfera stessa e non al suo interno[12].

A questo proposito, definiamo attraverso il termine informazione il complesso delle quantità fisiche che contribuiscono a definire lo stato di un sistema; un esempio è dato dai valori di temperatura e pressione esistenti in una determinata località della superficie terrestre, necessari per descrivere il tempo meteorologico.

L’informazione può essere rilevata considerando soltanto una porzione specifica del sistema in esame: per esempio, dalla temperatura segnata dal termometro sul balcone di casa nostra, possiamo dedurre la temperatura presente in tutto il quartiere in cui abitiamo, con ottima approssimazione.

Il principio olografico, in ambito astrofisico, si riferisce originariamente a particelle libere che vengono attratte da un buco nero. Nello spazio – tempo ordinario, la fisica di questi corpuscoli è descritta da un sistema di riferimento a quattro dimensioni, le tre spaziali ed il tempo. Tuttavia, attraverso le tecniche matematiche proposte da T’Hooft, risulta possibile analizzare le caratteristiche delle stesse particelle libere in un sistema di coordinate a due dimensioni[10]. Intuitivamente, possiamo immaginare che, proiettando le traiettorie dei corpuscoli in esame su uno schermo bidimensionale, siamo in grado di fornire ancora una rappresentazione fedele di tali percorsi.

Secondo T’Hooft, dunque, “i dati possono essere scritti su una superficie”: questo ha suggerito la corrispondenza con l'olografia.

Infatti, una lastra olografica ottica illuminata da un’opportuna luce di riferimento risulta in grado di riprodurre immagini tridimensionali di oggetti, ossia l’informazione delle proprietà dei corpi da visualizzare nelle tre dimensioni dello spazio ordinario è contenuta interamente sulla superficie bidimensionale della diapositiva fotosensibile[16].

Nello stesso modo, le caratteristiche dell’entropia dello spazio al tempo di Planck sono incluse sull’area esterna delle sferette immaginarie con le quali suddividiamo lo stesso spazio e dunque la superficie bidimensionale delle sfere stesse contiene i dati termodinamici relativi all’intero volume racchiuso dalle sferette[12].

La concezione teorica può essere visualizzata intuitivamente, immaginando una gustosa cassetta di arance siciliane appena colte. Supponiamo di possedere una cassetta di un metro di lato, in grado di contenere al massimo 20 arance. Allora la quantità totale di succo d’arancia ottenibile dalla cassetta sarà data dal succo presente in ogni frutto, moltiplicato per il numero di frutti presenti. Ora, sostituiamo la cassetta precedente con un altro contenitore di due metri di lato, ma in grado di ospitare ancora 20 arance. Il valore di succo totale ottenibile dalla cassetta non varia, tuttavia le arance sono distribuite complessivamente su un’area maggiore e quindi il contenuto di succo per centimetro quadrato della cassetta risulta minore. Ora spostiamoci dagli agrumi al cielo: le arance sono analoghe alle sferette di Hubble descritte precedentemente, ognuna dotata di una quantità di “succo” di entropia; la sostituzione della cassetta corrisponde all’espansione dell’Universo. Durante la dilatazione dello spazio, le sferette si allontanano idealmente fra loro, invece il contenuto totale di entropia del cosmo resta invariato; in questo modo è possibile fornire un’interpretazione del valore entropico misurato a partire dalla CMB, un risultato notevolmente minore di quello massimo compatibile con l’Universo attuale.

Figura 5. Rappresentazione artistica del metodo geometrico delle sfere di Hubble per il calcolo dell’entropia della radiazione di fondo a microonde: lo spazio alla scala di Planck risulta suddiviso in porzioni individuali rappresentate da sfere, – in azzurro nella figura – ognuna delle quali presenta un raggio pari all’orizzonte di Hubble; a sua volta, ogni sfera contiene una porzione analoga di entropia, – raffigurata quale una sostanza dorata all’interno delle sfere azzurre – che contribuisce al contenuto entropico totale del cosmo. Quando l’Universo si espande, le sfere si distanziano maggiormente fra loro, ma l’entropia inclusa all’interno del singolo globo rimane costante

Il metodo geometrico sferico per l’entropia ha anche un’altra traduzione fisica notevole: esso corrisponde ad assegnare ad ognuno di tali solidi la massima entropia di un buco nero di pari estensione[12].

I buchi neri sono gli oggetti dotati della maggiore entropia specifica nell’Universo: qualunque mutamento microscopico all’interno del buco nero è sconosciuto, dato che nemmeno la luce è in grado di sfuggire al vortice gravitazionale, quindi le proprietà macroscopiche di un buco nero non vengono alterate minimamente da quello che accade all’interno dell’orizzonte degli eventi del vortice[1]. Possiamo paragonare il fenomeno ad un aspirapolvere senza alimentazione elettrica e dalla capacità infinita, in altre parole il santo graal delle massaie.

I buchi neri, inoltre, obbediscono al principio olografico, secondo le considerazioni che abbiamo analizzato in precedenza. I fisici Jacob Beckenstein e Stephen Hawking hanno offerto persino un’interpretazione quantitativa di questa concezione, derivando da principi parzialmente quantistici una formula per l’entropia contenuta in un buco nero[9]:

Nella formula (8), c rappresenta la velocità della luce nel vuoto, k è la costante di Boltzmann, G costituisce la costante di gravitazione universale, invece h tagliato rappresenta la costante di Planck, divisa per 2π. La presenza contemporanea della costante di gravitazione universale e di quella quantistica di Planck evidenzia il fatto che il fenomeno considerato si riferisce alla gravità quantistica, ossia presuppone un’unione almeno parziale fra concetti della Relatività generale e della Meccanica Quantistica[9].

Notiamo che l’entropia S contenuta in un buco nero è proporzionale all’area A, alla superficie dell’orizzonte degli eventi del buco nero stesso e non al volume totale del vortice gravitazionale. Quindi, in accordo con il principio olografico, possiamo considerare l’entropia contenuta in una sfera tridimensionale di spazio come distribuita su un’area bidimensionale, ossia possiamo ridurre il numero di dimensioni da esaminare da tre a due[9]. Le tessere del puzzle iniziano ad incastrarsi, ed a suggerirci un interessante panorama.

Le sfere di Hubble, allora, contengono la massima entropia possibile in una tale regione di spazio[12].

Il fatto sorprendente della trattazione, tuttavia, è che il valore preciso dell’entropia nella radiazione cosmica di fondo risulta coerente con questa visione soltanto se consideriamo il cosmo all’età di Planck, ossia alla scala in cui agisce la gravità quantistica e dunque anche la teoria delle superstringhe; riferendosi ad epoche precedenti o successive, i calcoli non corrispondono in modo sufficiente e si ottiene per l’entropia complessiva un valore di 10122 , estremamente maggiore rispetto ai dati ricavati dalla radiazione di fondo[12].

Quella che abbiamo analizzato è una delle numerose ragioni in favore della correlazione fra lo scenario cosmologico dell’inflazione e la descrizione della trama del cosmo fornita dalla gravità quantistica, in particolare dalla teoria delle stringhe.

Sebbene quest’ultima concezione abbia conosciuto notevole popolarità negli anni trascorsi, occorre ricordare che altre interpretazioni alternative si sono evolute nella medesima direzione di unificare gravità e particelle quantistiche; fra queste prospettive, occorre ricordare la Gravità Quantistica a Loop, o LQG [17], nonché il recente calcolo della geometria macroscopica dello spazio – tempo utilizzando il metodo della triangolazione causale. [18]

In questa ricerca, si rivela fondamentale la sinergia e la collaborazione fra la Fisica quantistica e particellare, l’Astrofisica e la Cosmologia, per giungere ad una comprensione unificata dei fenomeni fisici nel nostro Universo attuale e nelle fasi evolutive precedenti del cosmo. Notevoli progressi sono attesi dall’attivazione del nuovo acceleratore di particelle LHC al CERN di Ginevra; gli esperimenti futuri potrebbero riservare novità radicali nell’ambito dell’identificazione delle proprietà del campo di Higgs e delle particelle supersimmetriche previste dalla teoria delle superstringhe[16].

La festa non è ancora finita.

Tanti auguri.

Figura 6. Raffigurazione artistica della storia evolutiva dell’Universo a partire dal Big Bang: il cosmo emerge dalle fluttuazioni quantistiche del vuoto, ossia le onde oscure nella sezione inferiore dell’immagine; successivamente, l’Universo attraversa una fase inflazionaria di espansione accelerata, riprodotta mediante l’esplosione iniziale con sfumature dal giallo al rosso. Lo stadio successivo è quella della dilatazione standard prevista dal modello del Big Bang: sono rappresentate quattro sezioni del cosmo in corrispondenza di altrettante epoche temporali successive; le tre galassie campione si distanziano progressivamente fra loro nel corso del tempo, in virtù dell’espansione dello spazio. Per semplicità visiva sono state considerate soltanto due delle tre dimensioni dello spazio ordinario, identificate dagli assi X ed Y in figura

Bibliografia

[1] Hawking S., Dal Big Bang ai buchi neri, BUR scienza, Milano, 2000

[2] Barrow J. D., Le origini dell’Universo, BUR scienza, Milano 2001

[3] Greene B., La trama del cosmo, Einaudi, Torino 2004

[4] Harrington J. D., Naeye R., Gutro R., De Nike L., MacPherson K., Johnson R., WMAP Reveals Neutrinos, End of Dark Ages, First Second of Universe, http://www.nasa.gov/home/hqnews/2008/mar/HQ_08076_WMAP_release.html

[5] Krauss L. M., Dietro lo specchio, Codice Edizioni, Torino 2007

[6] Guth A., The inflationary Universe, Basic Books, USA 1998

[7] Eisberg R., Resnik R., Quantum Physics, John Wiley and Sons, USA, 1985

[8] Teodorani M., L’atomo e le particelle elementari, Macro edizioni, Forlì – Cesena 2007

[9] Penrose R., La strada che porta alla realtà – Le leggi fondamentali dell’universo, BUR scienza, Milano 2005

[10] Greene B., L’universo elegante, Einaudi 2000

[11] Einstein A., Relatività: esposizione divulgativa, Bollati Boringhieri, Torino 1967

[12] Gasperini M., L’universo prima del Big Bang, Franco Muzzio Editore, Roma 2002

[13] Griffith D. J., Introduzione alla Meccanica Quantistica, CEA, Milano 2005

[14] Burgess C., Quevedo F., Il grande ottovolante cosmico, Le Scienze, 473, 1 (gennaio), 54 - 61 (2008)

[15] Romano G. , La complessità dell’Universo, Gremese, Roma, 2007

[16] Goodman J. W., Introduction to Fourier Optics, McGraw – Hill, USA, 1996

[17] Smolin L., Atomi dello spazio e del tempo, Le Scienze, 426, 2 (febbraio), 84 – 94 (2004)

[18] Ambjørn J., Jurkiewicz J., Loll R., The Self – Organizing Quantum Universe, Scientific American, 299, 1 (luglio), 24 – 31 (2008)

[17] Goodman J. W., Introduction to Fourier Optics, McGraw – Hill, USA, 1996

[19] Quigg C., Il futuro della Fisica – L’imminente rivoluzione della fisica delle particelle, Le Scienze, 476, 4 (aprile), 56 -63 (2008)



COSMOLOGIA

Coordinamento: Pasqua Gandolfi
© Copyright UAI  - 2007