Fu quindi stipulato un armistizio di 3 giorni e, mentre
ognuno curava le proprie ferite o quelle del vicino, una
fame insopportabile , dovuta alla mancanza di rifornimenti,
ci tormentava.
Poichè,
incendiate le messi ed i foraggi, gli uomini e gli animali
si trovavano in una situazione gravissima, gran parte
del cibo, che era trasportato dai giumenti dei tribuni
dei comites, venne distribuita anche alla massa
dei soldati semplici, privi completamente di sostentamento.
L'Imperatore,
per la cui cena sotto i bassi pali della tenda non si
preparavano ghiottonerie, secondo l'uso dei re, ma un
piccolo piatto di polenta, che avrebbe disdegnato anche
un semplice soldato che compie il suo dovere, distribuì,
senza curarsi di sè, fra le tende dei poveri tutto
ciò che era richiesto dai loro bisogni. Una notte
poi, interrotto il sonno inquieto e affannoso, a cui era
costretto dedicare poche ore, stava scrivendo sotto la
tenda, così come aveva fatto Giulio Cesare, e meditava
su una frase oscura di un filosofo, quando vide, piuttosto
confusamente, come raccontò agli intimi, l'immagine
del Genio pubblico che gli era apparsa nelle Gallie allorchè
stava assurgendo alla suprema dignità di Augusto.
Esso
si allontanava in atteggiamento alquanto triste, attraverso
la tenda con il capo e la Cornucopia avvolti da un velo.
Sebbene, inchiodato dallo stupore, rimanesse immobile
per un istante, tuttavia, superiore com'era ad ogni forma
di paura, affidava il futuro ai decreti celesti. Lasciato
il giaciglio, che era steso per terra, mentre completamente
sveglio nella notte profonda innalzava agli dei preghiere
espiatorie, credette di vedere una fiaccola ardentissima,
simile a una stella cadente, dileguarsi dopo aver solcato
un tratto del cielo. Fu preso da terrore, temendo che
la stella di Marte fosse apparsa così chiaramente
minacciosa.
Si
trattava di quello splendore igneo da noi Greci chiamato
diaisswn, che nè
mai cade nè tocca terra.
Infatti
chi crede che dei corpi possano cadere dal cielo, è
giustamente ritenuto ignorante e pazzo. Questo fenomeno
fisico si spiega in due modi, dei quali sarà sufficiente
accennare alcuni. C'è chi pensa che scintille ,
ardenti d'energia eterea ed incapaci di andare abbastanza
lontane, si estinguano o almeno che raggi di luci, penetrate
in dense nubi, scintillino per il violento contatto. Altri
ritengono che ciò avvenga quando qualche lume si
apprende ad una nube. Questa luce in forma di stella precipita
finchè è sostenuta dal vigore dei fuochi:
ma consunmatasi per l'ampiezza degli spazi, si risolve
in aria e si tramuta nella sostanza per il cui eccessivo
attrito s'è infiammata.
Pertanto in fretta furono chiamati prima dell'alba gli
aruspici etruschi ai quali fu chiesto che cosa preannunciasse
quella stella dalla strana forma. Risposero che si doveva
evitare con la massima prudenza qualsiasi impresa. Dimostrarono
che nei libri di Tarquizio, sotto la rubrica "Sui
segni celesti" era scritto che dopo l'apparizione
di una fiaccola in cielo non si doveva nè ingaggiare
battaglia nè compiere alcuna azione del genere.
Ma poichè egli non teneva in nessun conto neppure
questi indizi, come molti altri, gli aruspici lo pregavano
di ritardare almeno di alcune ore la partenza. Non ottennero
neppure ciò, dato che l'imperatore si opponeva
a qualsiasi forma di divinazione, per cui, sorto ormai
il sole, furono levate le tende.