E accade nonostante la ragione
ci permetta di comprendere come la speranza concreta di un domani migliore,
non dipenda da un puntino luminoso lassù nel cielo, ma molto più
semplicemente dall'intelligenza.
Ciò a cui assistiamo
ogni giorno dell'anno, e soprattutto in questo periodo di feste natalizie,
è davvero la caduta del senso del proprio valore. E' un'umiliazione
continua per l'intelletto». Cosa si sente di dire a chi crede che
il domani possa in qualche modo essere influenzato dalle previsioni?
Di guardare un po' più al passato che al futuro. Perché
la speranza trova sicuramente conforto e slancio nel passato. Specialmente
quando il passato in questione è quello veneto. Inutile piangersi
addosso, dunque, e credere che la notizia di una ripresa economica possa
giungere da un oroscopo. Si provi, invece, ad osservare cosa i nostri
nonni e bisnonni hanno fatto per trasformare una delle regioni più
povere del paese in una tra le più floride d'Europa.
La ricchezza più vera, quella più tangibile è nella
nostra storia, nella nostra memoria. Purtroppo, abbiamo perso il senso
del confronto, dell'azione. Si è smarrita la fiducia nel capitale
umano in nome di divinità inesistenti.
Perché non è neppure il senso religioso che accompagna la
speranza oggi, bensì una specie di demone che si scatena dentro
ad un popolo di adulatori del fatalismo. Il fatalismo, però, si
sa, non conduce a nulla di buono»
Invece il fatalismo, quello
che rimanda alla passività innanzitutto, sembra essere piuttosto
diffuso. «Senza comprendere quanto il fatalismo rappresenti la negazione
dell'uomo, di tutto quello che ruota intorno a lui e al suo futuro. Mentre,
ripeto, che sarebbe opportuno guardare un po' di più al nostro
ieri per riprenderci i nostri valori».
[..]
Annamaria Bacchin