Gregorio
di Nissa contro gli astrologi
di Gianfranco Ravasi
Una critica decisa al sistema del fatalismo deterministico facendo,
però, balenare anche l'idea che l'uomo non è solitario
e disperso nel mondo. La lettura dei segni celesti anticamente fu
una variazione sul tema dello stoicismo, mentre oggi è fantasia
per allocchi.
Il Padre greco discute la questione inscenando un faccia a faccia
con un filosofo pagano, in un approccio rigorosamente razionale.
«Nessuno
è più superstizioso degli scettici», ironizzava
Trockij nel suo saggio su Letteratura e rivoluzione. A lui indirettamente
dava ragione Chesterton osservando che «quando non si crede
più in Dio, non è vero che non si creda più
a nulla, si crede a tutto». E nei nostri giorni ipertecnologici
e scettici si assiste al proliferare incontrollato di maghi, cartomanti,
chiromanti, «maestri», astrologi e così via.
A proposito dell'astrologia, che è oggi pura e semplice fantasia
per allocchi, bisogna però ricordare che in epoca classica
costituiva una disciplina di tutt'altro genere: essa, infatti, si
poneva in parallelo a un'altra forma di determinismo, quella stoica,
offrendone una variante.
Da un lato, infatti, lo stoicismo, seguito da uno sciame di altre
tipologie di pensiero minori, indicava una serie di ragioni "metafisiche"
per sostenere il determinismo causale e logico (in ciò si
distinse soprattutto Crisippo). D'altro lato, si sviluppava invece
un fatalismo astrologico che cercava di elaborare una teoria degli
influssi astrali sull'uomo ma anche su alcune morfologie animali,
vegetali e minerali.
A questa concezione, che era ben altro rispetto alle beceraggini
e alle circonvenzioni d'incapaci perpetrate allora e soprattutto
oggi dai vari maghi, si oppone in modo netto e vigoroso colui che
può essere considerato il maggior teologo dei Padri cappadoci,
Gregorio di Nissa, fratello di un altro grande di quella Chiesa,
Basilio, considerato quasi come il garante dell'ortodossia: quattro
secoli dopo, il settimo concilio ecumenico, il Niceno secondo del
787, lo acclamerà «Padre dei padri» della
Chiesa, confermando una stima iniziata già durante la vita
di questo teologo.
Quando scrive il testo del Contro il fato, Gregorio è ormai
all'apice del suo prestigio. Siamo tra il 379 e il 384 ed egli destina
quest'opera forse a un vescovo. Un'opera che ora possiamo finalmente
leggere, oltre che nell'originale greco, anche nella prima versione
italiana eseguita da Michele Bandini che vi allega non solo un'ampia
introduzione ma anche un impeccabile apparato esegetico di note
e commenti.
Difficile è definire il genere letterario dello scritto.
Di per sé si presenta come il resoconto redazionale di un
dibattito sul tema del determinismo tra il Nisseno e un filosofo
pagano. In realtà, l'impianto corrisponde più a quello
di un trattatello polemico e apologetico: se all'esposizione delle
dottrine astrologiche, sostenute dal filosofo si assegnano quattro
dei cinque capitoli iniziali, la relativa refutazione dilaga per
gli altri diciotto capitoli, con evidente squilibrio quantitativo.
Come osserva il curatore, siamo in presenza di «uno scritto
di spessore filosofico notevole» che nasce dalla mente e dalla
penna di «un letterato di valore e di un pensatore robusto».
Egli è un sostenitore fiero e fermo della libertà
nelle scelte personali per cui «sorte e destino è la
volontà di ciascuno».
È significativo che l'argomentare del vescovo ignori qualsiasi
appoggio testuale biblico, come sarebbe stato nella prassi teologica,
perché egli vuole mantenersi rigorosamente sul terreno della
riflessione razionale, accettando perciò lo stesso piano
sul quale si muoveva il suo interlocutore pagano.
La confutazione delle sue argomentazioni è, sì, puntigliosa
ma va ben oltre estendendosi a tutto il sistema del fatalismo deterministico
facendo, però, balenare anche l'idea che l'uomo non è
solitario e disperso nel mondo nel quale esercita la libertà
umana.
Essa, in ultima istanza, è la risposta della volontà
personale a quel progetto che Dio vuole compiere nella creazione.
In questo contrappunto tra grazia e libertà si svolge il
filo della storia umana e non certo attraverso meccanismi estrinseci
di ordine fisico o secondo necessità immanenti.
CONTRO IL FATO
a cura di Michele Bandini
Edb. Pagine 202. Euro 19,00