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Astrofisica

A cura di Corrado Ruscica



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3 – Evoluzione di stelle di grande massa

L’evoluzione e il destino delle stelle dipendono in modo critico dalla loro massa iniziale.

In generale, possiamo dire che stelle con massa inferiore a 8 masse solari terminano la fase di fusione nucleare con la combustione dell’elio. Il prodotto finale sono le nebulose planetarie che contengono al centro la nana bianca.

Le stelle invece che hanno una massa maggiore di 8 masse solari continuano la fusione nucleare ben oltre la fase di combustione dell’elio. Qui il nucleo si arricchisce di carbonio e ossigeno, si contrae nuovamente e si riscalda.

Una volta che si è esaurito l’elio, comincia la fase di combustione del carbonio-ossigeno. La fusione nucleare di questi elementi produce neon, magnesio, silicio e zolfo. Alla fine il silicio e lo zolfo innescano una reazione nucleare per formare ferro, nickel e altri elementi di peso atomico simile.

Durante questa fase la struttura della stella assomiglia a quella di una “cipolla” con il nucleo principalmente formato da ferro e con gli strati più esterni contenenti successivamente ossigeno, carbonio, elio e idrogeno.

La fase finale dell’evoluzione stellare termina con una violenta esplosione che porta alla formazione delle supernovae  con al centro le stelle di neutroni oppure i buchi-neri.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vedi articolo sui buchi-neri di Hawking


Highly Evolved Star Structure

 

 

 

 

 

La struttura a cipolla di una stella di 20 masse solari in una fase avanzata della sua evoluzione.

 

4 – Le nebulose planetarie

Abbiamo detto che quando una stella di massa inferiore a circa 8 masse solari ha esaurito l’idrogeno essa diventa una gigante rossa.

L’elio è l’elemento principale della combustione nucleare che produce carbonio e ossigeno, mentre l’idrogeno continua a bruciare attorno al nucleo.

La stella brilla di un fattore 1000-10000. Lo strato più esterno, ricco di idrogeno, si estende enormemente raggiungendo dimensioni dell’ordine del raggio dell’orbita terrestre o persino di Marte.

La temperatura superficiale di questo strato esterno scende a valori di circa 5000-6500 gradi, che risulta abbastanza bassa per le stelle, e dà alla stella la caratteristica colorazione rossa.

Durante questo stadio dell’evoluzione, si forma un forte vento stellare che nel corso della fase di gigante rossa porta via gran parte dello strato d’idrogeno che circonda il nucleo della stella.

Raggiunta la fase in cui si ha la massima perdita di massa, la stella comincia a pulsare – gli strati più esterni si espandono e si contraggono a cicli – con periodi che durano da alcuni mesi fino a qualche anno.

Queste stelle vengono chiamate stelle variabili a lungo periodo.

Il materiale espulso dalla stella forma una sfera di gas che si espande nello spazio e viene chiamata nebulosa planetaria.

 

The Formation of a Planetary Nebula

 

La formazione di una nebulosa planetaria. Dopo che  l’inviluppo esterno che circonda il nucleo è stato espulso (in arancione), ha luogo un forte flusso sottoforma di vento stellare (in verde) dalla parte più compatta e più calda della stella. Il vento stellare interagisce con la parte più lenta dell’inviluppo espulsa in precedenza (in blu) e la deforma.

 

Ring Nebula

dettaglio

La Nebulosa ad Anello appare come una sfera di gas formata da gas e polveri con un diametro di meno di 2 anni-luce. La stella al suo centro (vedi dettaglio) ha prodotto la nebulosa planetaria.

Credit: Hubble Space Telescope

Le nebulose planetarie hanno masse tipiche di circa 2/10 la massa solare anche se alcune risultano più massive.

Esse si espandono ad una velocità dell’ordine di 15-30 Km/sec nel mezzo interstellare.

Le nebulose planetarie sono illuminate dalle stelle centrali e mostrano una varietà di strutture. Alcune appaiono sferiche o eliche, altre hanno forme bipolari e altre ancora hanno forme irregolari.

In un tempo dell’ordine di qualche decina di migliaia di anni le nebulose planetarie si diffondono disperdendosi nel mezzo interstellare.

Mediamente, si ha una nebulosa planetaria all’anno nella nostra Galassia e sono circa 1500 quelle identificate.

La stella centrale della nebulosa planetaria continua intanto la sua evoluzione. Il suo nucleo consiste di carbonio e ossigeno, prodotti della combustione dell’elio, attorno si ha una sfera di elio, che è invece il prodotto della combustione dell’idrogeno.

Le masse tipiche della stella centrale della nebulosa planetaria hanno valori che sono mediamente meno della metà della massa solare fino a qualche massa solare mentre le dimensioni tipiche sono paragonabili a quelle della Terra – diametro dell’ordine di  10000 Km.

La stella centrale risulta alquanto compatta e un cucchiaino di materia peserebbe circa 10-100 tonnellate.

Terminate le fasi della nebulosa planetaria, o quasi dopo, la fusione nucleare nella stella compatta cessa e la superficie della stella può raggiungere una temperatura di qualche centinaio di migliaia di gradi.

Nel corso di alcune centinaia di milioni di anni, la stella si raffredda e diventa una nana-bianca – “bianca” perché si riferisce al colore della luce che emette e “nana” a causa delle sue dimensioni compatte.

Le stelle nane-bianche continuano a raffreddarsi e alla fine della loro vita, dopo qualche miliardo di anni, si spengono, cioè esse diventano quasi “invisibili” anche se si trovano vicine nei pressi della Galassia.

 

La Nebulosa Helix. Questa nebulosa, dalla forma a spirale, è la più vicina al Sistema Solare. La stella di color blu-bianco al centro della nebulosa è la stella da cui essa si è formata e che evolverà in una stella nana-bianca.

Credit: Anglo-Australian Observatory

In alto, l’ammasso globulare M4 nella costellazione dello Scorpione che si trova a circa 6000 anni-luce.

In basso a sinistra, una selezione della regione dell’ammasso dove si stimano circa 100000 stelle in un volume di spazio che si estende per 50 anni-luce.

In basso a destra, è rappresentata una piccola regione che ha una estensione di circa 1 anno-luce e dove si possono vedere le deboli stelle nane-bianche.

M4 contiene circa 40000 nane-bianche, residuo di stelle giganti rosse che hanno formato le nebulose planetarie, già disperse nello spazio interstellare dell’ammasso.

Credit:

University of California, Santa Cruz e Kitt Peak National Observatory, National Optical Astronomy Observatories - foto a sinistra;

 

University of British Columbia, Vancouver, Canada e NASA - foto a destra


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