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Astroletteratura
Cognizioni


GIOVANNI PASCOLI

Il poeta che guardava il mondo con occhi di fanciullo aveva un autentico interesse per l’astronomia. In molte poesie si possono trovare nozioni di cosmologia e di astronomia che stupiscono per la correttezza delle descrizioni, per la modernità delle idee da parte di un poeta che visse nei primi anni del 1900, quando si definirono molte delle leggi che governano il cosmo. In alcune liriche si possono trovare accenni al colore delle stelle, sempre chiamate col loro vero nome, alla possibilità di esistenza di altri mondi e di altre forme di vita, al sistema solare, alla Luna e ai luoghi lunari, al concetto di spazio tempo, alla natura delle stelle cadenti e delle comete, alle catastrofi cosmiche, non ultima alla fine del nostro pianeta e alla speranza di rinascita della vita su altri mondi.
I versi riguardanti argomenti astronomici sono in grassetto e i vari argomenti sono specificati a lato.
 


Il ciocco- Canto secondo

Ed il ciocco arse, e fu bevuto il vino
arzillo, tutto. Io salutai la veglia
cupo ronzante, e me ne andai: non solo:
m'accompagnava lo Zi Meo salcigno.
Era novembre. Già dormiva ognuno,
sopra le nuove spoglie di granturco.
Non c'era un lume. Ma brillava il cielo
d'un infinito riscintillamento.
E la Terra fuggiva in una corsa
vertiginosa per la molle strada,
e rotolava tutta in sé rattratta
per la puntura dell'eterno assillo.
______________gravitazione universale
E rotolando per fuggir lo strale
d'acuto fuoco che le ruma in cuore,
ella esalava per lo spazio freddo
ansimando il suo grave alito azzurro.
Così, nel denso fiato della corsa
ella vedeva l'iridi degli astri sguazzare,
e nella cava ombra del Cosmo
ella vedeva brividi da squamme
verdi di draghi, e svincoli da fruste
rosse d'aurighi, e lampi dalle freccie
_______________costellazioni
de' sagittari, e spazzi dalle gemme
delle corone, e guizzi dalle corde
delle auree lire; e gli occhi dei leoni
vigili e i sonnolenti occhi dell'orse.
Noi scambiavamo rade le ginocchia
sotto le stelle. Ad ogni nostro passo
trenta miglia la terra era trascorsa,
coi duri monti e le maree sonore.
E seco noi riconduceva al Sole,
e intorno al Sole essa vedea rotare
gli altri prigioni, come lei, nel cielo
_________________sistema solare
di quella fiamma, che con sé li mena.

Come le sfingi, fosche atropi ossute,
l'acri zanzare e l'esili tignuole,
e qualche spolverìo di moscerini,
girano intorno una lanterna accesa:
una lanterna pendula che oscilla
nella mano d'un bimbo: egli perduta
la monetina in una landa immensa,
la cerca invano per la via che fece
e rifà ora singhiozzando al buio:
e nessun ode e vede lui, ch'è ombra,
ma vede e svede un lume che cammina,
né par che vada, e sempre con lui vanno,
gravi ronzando intorno a lui, le sfingi:
lontan lontano son per tutto il cielo
altri lumi che stanno, ombre che vanno,
che per meglio vedere alzano in vano
verso le solitarie Nebulose
l'ardor di Mira e il folgorio di Vega
.__________________nomi di stelle
Così pensavo; e non trovai me stesso
più, né l'alta marmorea Pietrapana,
sopra un grano di polvere dell'ala
della falena che ronzava al lume:
dell'ala che in quel punto era nell'ombra;
della falena che coi duri monti
e col sonoro risciacquar dei mari
mille miglia in quel punto era trascorsa.
Ed incrociò con la sua via la strada
d'un mondo infranto, e nella strada ardeva,
come brillante nuvola di fuoco,
la polvere del suo lungo passaggio.
Ma niuno sa donde venisse, e quanto
_______________una cometa
lontane plaghe già battesse il carro
che senza più l'auriga ora sfavilla
passando rotto per le vie del Sole.
Né sa che cosa carreggiasse intorno
ad uno sconosciuto astro di vita,
allora forse di su lui cantando
i viatori per la via tranquilla;
quando urtò, forviò, si spezzò, corse
in fumo e fiamme per gli eterei borri,
precipitando contro il nostro Sole,
versando il suo tesoro oltresolare: stelle;
che accese in un attimo e spente,
rigano il cielo d'un pensier di luce.
_____________stelle cadenti, Leonidi

Là, dove i mondi sembrano con lenti
passi, come concorde immensa mandra,
pascere il fior dell'etere pian piano,
beati della eternità serena;
pieno è di crolli, e per le vie, battute
da stelle in fuga, come rossa nube
fuma la densa polvere del cielo;
e una mischia incessante arde tra il fumo
delle rovine, come se Titani aeriformi,
agli angoli del Cosmo,
l'un l'altro ardendo di ferir, lo spazio
fendessero con grandi astri divelti.
Ma verrà tempo che sia pace, e i mondi,
fatti più densi dal cader dei mondi,
________________fine dell'universo
stringan le vene e succhino d'intorno
e in sé serrino ogni atomo di vita:
quando sarà tra mondo e mondo il Vuoto
gelido oscuro tacito perenne;
e il Tutto si confonderà nel Nulla,
come il bronzo nel cavo della forma;
e più la morte non sarà. Ma il vento
freddo che sibilando odo staccare
le foglie secche, non sarà più forse,
quando si spiccherà l'ultima foglia?
E nel silenzio tutto avrà riposo
dalle sue morti; e ciò sarà la morte.

Io riguardava il placido universo
e il breve incendio che v'ardea da un canto.


Tempo sarà (ma è! poi ch'il veloce
immobilmente fiume della vita
è nella fonte, sempre, e nella foce),
tempo, che persuasa da due dita leggiere,
mi si chiuda la pupilla:
né però sia la vision finita.
Oh! il cieco io sia che, nella sua tranquilla
anima, vede, fin che sa che intorno
a lui c'è qualche aperto occhio che brilla!
Così, quand'io, nel nostro breve giorno,
guardo, e poi, quasi in ciò che guardo un velo
fosse, un'ombra, col lento occhio ritorno
a un guizzo d'ala, a un tremolìo di stelo:
qundo a mirar torniamo anche una volta
ciò ch'arde in cuore, ciò che brilla in cielo;
noi s'è la buona umanità che ascolta
l'esile strido, il subito richiamo,
il dubbio della umanità sepolta:
e le risponde: - Io vivo, sì, viviamo. -

Tempo sarà che tu, Terra, percossa
dall'urto d'una vagabonda mole,
divampi come una meteora rossa;
e in te scompaia, in te mutata in Sole,
morte con vita, come arde e scompare
la carta scritta con le sue parole.
Ma forse allora ondeggerà nel Mare
del nettare l'azzurra acqua, e la vita
verzicherà su l'Appennin lunare.
La vecchia tomba rivivrà, fiorita
di ninfèe grandi, e più di noi sereno
vedrà la luce il primo Selenita.
Poi, la placida notte, quando il Seno
____________nomi di località lunari
dell'iridi ed il Lago alto e selvaggio
dei sogni trema sotto il Sol terreno;
errerà forse, in quell'eremitaggio
del Cosmo, alcuno in cerca del mistero;
e nello spettro ammirerà d'un raggio
la traccia ignita dell'uman pensiero.

O sarà tempo, che di là, da quella
profondità dell'infinito abisso,
dove niuno mai vide orma di stella;
un atomo d'un altro atomo scisso
in mille nulla, a mezzo il dì, da un canto
guardi la Terra come un occhio fisso;
e venga, e sembri come un elianto,
la notte, e il giorno, come luna piena;
e la Terra alzi il cupo ultimo pianto;
e sotto il nuovo Sole che balena
nella notte non più notte, risplenda
la Terra, come una deserta arena;
e Sole avanzi contro Sole, e prenda
già mezzo il cielo, e come un cielo immenso
su noi discenda, e tutto in lui discenda...
Io guardo là dove biancheggia un denso
sciame di mondi, quanti atomi a volo
_______________la Via Lattea
sono in un raggio: alla Galassia: e penso:
O Sole, eterno tu non sei - né solo! -

Anima nostra! fanciulletto mesto!
nostro buono malato fanciulletto,
che non t'addormi, s'altri non è desto!
felice, se vicina al bianco letto
s'indugia la tua madre che conduce
la tua manina dalla fronte al petto;
contento almeno, se per te traluce
l'uscio da canto, e tu senti il respiro
uguale della madre tua che cuce;
il respiro o il sospiro; anche il sospiro;
o almeno che tu oda uno in faccende
per casa, o almeno per le strade a giro;
o veda almeno un lume che s'accende
da lungi, e senta un suono di campane
che lento ascende e che dal cielo pende;
almeno un lume, e l'uggiolìo d'un cane:
un fioco lume, un debole uggiolìo:

un lumicino... Sirio: occhio del Cane
che veglia sopra il limitar di Dio!
Ma se al fine dei tempi entra il silenzio?
se tutto nel silenzio entra? la stella
della rugiada e l'astro dell'assenzio?
Atair, Algol? se, dopo la procella
__________________nomi di stelle
dell'Universo, lenta cade e i Soli
la neve della Eternità cancella
che poseranno senza mai più voli
né mai più urti né mai più faville,
fermi per sempre ed in eterno soli!
Una cripta di morti astri, di mille
fossili mondi, ove non più risuoni
né un appartato gocciolìo di stille;
non fiumi più, di tanti milioni
d'esseri, un fiato; non rimanga un moto,
delle infinite costellazioni!
Un sepolcreto in cui da sé remoto
dorma il gran Tutto, e dalle larghe porte
non entri un sogno ad aleggiar nel vuoto
sonno di ciò che fu! - Questa è la morte! -

Questa, la morte! questa sol, la tomba...
se già l'ignoto Spirito non piova
con un gran tuono, con una gran romba;
e forse le macerie anco sommuova,
e batta a Vega Aldebaran che forse
_________________nomi di stelle
dian, le due selci, la scintilla nuova;
e prenda in mano, e getti alle lor corse,
sotto una nuova lampada polare,
altri Cigni, altri Aurighi, altre Grand'Orse;
____________costellazioni
e li getti a cozzare, a naufragare,
a seminare dei rottami sparsi
del lor naufragio il loro etereo mare;
e li getti a impietrarsi a consumarsi,
fermi i lunghi millenni de' millenni
nell'impietrarsi, ed in un attimo arsi;
all'infinito lor volo li impenni,
anzi no, li abbandoni all'infinita
loro caduta: a rimorir perenni:
alla vita alla vita, anzi: alla vita!
Io mi rivolgo al segno del Leone
dond'arde il fuoco in che si muta un astro,
alle Pleiadi, ai Carri, alle Corone,
indifferenti al tacito disastro;
ai tanti Soli, ai Soli bianchi, ai rossi
Soli, lucenti appena come crune,
_________________ colore delle stelle
ai lor pianeti, ignoti a noi, ma scossi
dalla misteriosa ansia comune;
a voi, a voi, girovaghe Comete
che sapete le vie del ciel profondo;
o Nebulose oscure, a voi che siete
granai del cielo, ogni cui grano è un mondo:
di là di voi, di là del firmamento,
di là del più lontano ultimo Sole;
io grido il lungo fievole lamento
d'un fanciulletto che non può, non vuole
dormire! di questa anima fanciulla
che non ci vuole, non ci sa morire!
che chiuder gli occhi, e non veder più nulla,
vuole sotto il chiaror dell'avvenire!
morire, sì; ma che si viva ancora
intorno al suo gran sonno, al suo profondo
oblìo; per sempre, ov'ella visse un'ora;
nella sua casa, nel suo dolce mondo:
anche, se questa Terra arsa, distrutto
questo Sole, dall'ultimo sfacelo
un astro nuovo emerga, uno, tra tutto
il polverìo del nostro vecchio cielo.
Così pensavo: e lo Zi Meo guardando
ciò ch'io guardava, mormorò tranquillo:
"Stellato fisso: domattina piove".
Era andato alle porche il suo pensiero.
Bene egli aveva sementato il grano
nella polvere, all'aspro; e San Martino
avea tenuta per più dì la pioggia
per non scoprire e portar via la seme.
Ma era già durata assai la state
di San Martino, e facea bono l'acqua.
E lo Zi Meo, sicuro di svegliarsi
domani al rombo d'una grande acquata,
era contento, e andava a riposare,
parlando di Chioccetta e di Mercanti,
sopra le nuove spoglie di granturco,
la cara vita cui nutrisce il pane.

 


L'imbrunire

Cielo e Terra dicono qualcosa
l'uno all'altro nella dolce sera.
Una stella nell'aria di rosa,
un lumino nell'oscurità.
I Terreni parlano ai Celesti,
quando, o Terra, ridiventi nera;
quando sembra che l'ora s'arresti,
nell'attesa di ciò che sarà.
Tre pianeti su l'azzurro gorgo,
tre finestre lungo il fiume oscuro;
sette case nel tacito borgo,
sette Pleiadi un poco più su.
Case nere: bianche gallinelle!
_____________nome popolare delle Pleiadi
Case sparse: Sirio, Algol, Arturo!
__________nomi delle stelle
Una stella od un gruppo di stelle
per ogni uomo o per ogni tribù.
Quelle case sono ognuna un mondo
con la fiamma dentro, che traspare;
e c'è dentro un tumulto giocondo
che non s'ode a due passi di là.
E tra i mondi, come un grigio velo,
erra il fumo d'ogni focolare.
La Via Lattea s'esala nel cielo,
per la tremola serenità.


Il bolide


Tutto annerò. Brillava, in alto in alto,
il cielo azzurro. In via con me non c'eri,
in lontananza, se non tu, Rio Salto.
Io non t'udiva: udivo i cantonieri
tuoi, le rane, gridar rauche l'arrivo
d'acqua, sempre acqua, a maceri e poderi.
Ricordavo. A' miei venti anni, mal vivo,
pensai tramata anche per me la morte
nel sangue. E, solo, a notte alta, venivo
per questa via, dove tra l'ombre smorte
era il nemico, forse. Io lento lento
passava, e il cuore dentro battea forte.
Ma colui non vedrebbe il mio spavento,
sebben tremassi all'improvviso svolo
d'una lucciola, a un sibilo di vento:
lento lento passavo: e il cuore a volo
andava avanti. E che dunque? Uno schianto;
e su la strada rantolerei, solo...
no, non solo! Lì presso è il camposanto,
con la sua fioca lampada di vita.
Accorrerebbe la mia madre in pianto.
Mi sfiorerebbe appena con le dita:
le sue lagrime, come una rugiada
nell'ombra, sentirei su la ferita.
Verranno gli altri, e me di su la strada
porteranno con loro esili gridi
a medicare nella lor contrada,
così soave! dove tu sorridi
eternamente sopra il tuo giaciglio
fatto di muschi e d'erbe, come i nidi!
Mentre pensavo, e già sentìa, sul ciglio
del fosso, nella siepe, oltre un filare
di viti, dietro un grande olmo, un bisbiglio
truce, un lampo, uno scoppio... ecco scoppiare
e brillare, cadere, esser caduto,
dall'infinito tremolìo stellare,
un globo d'oro, che si tuffò muto
nelle campagne, come in nebbie vane,
_______________un meteorite
vano; ed illuminò nel suo minuto
siepi, solchi, capanne, e le fiumane
erranti al buio, e gruppi di foreste,
e bianchi ammassi di città lontane.
Gridai, rapito sopra me: Vedeste?
Ma non v'era che il cielo alto e sereno.
Non ombra d'uomo, non rumor di péste.
Cielo, e non altro: il cupo cielo, pieno
di grandi stelle; il cielo, in cui sommerso
mi parve quanto mi parea terreno.
E la Terra sentii nell'Universo.
Sentii, fremendo, ch'è del cielo anch'ella.
E mi vidi quaggiù piccolo e sperso
errare, tra le stelle, in una stella.

 


La morte del Papa


XII

Per quella via... Ma quella era la via
dell'Universo, l'alta sui burroni
dell'Infinito ignota Galaxia:

e prima d'essa Cani Idre Leoni,____________________costellazioni
raggianti nelle tenebre celesti,
gelide: stelle, costellazïoni:

Soli: sciami di Soli, anzi, con mesti
pianeti ognuno, dove il fuoco primo
par che si spenga e che l'amor si desti;
____________altri sistemi solari

dove marcisce il puro fuoco in limo
di vita, impuro, su cui vola forse
l'uomo con l'ali, o sguazza il fauno simo.
___________altre forme di vita

Le costellazïoni indi trascorse,
dalla fulgida Lira alla Carena,
___________________costellazioni australi
dalla fulgida Croce alle grandi Orse;

ecco la fitta polvere, la rena
ogni cui grano è Mondo che sfavilla
nella sua solitudine serena;

dove pare un pulviscolo, una stilla,
il nostro cielo dalla volta immensa...
se pur là c'è la notte, una pupilla

nell'ombra, uno che veglia, uno che pensa! ........



La pecorella smarrita

I - "Frate," una voce gli diceva: "è l'ora
che tu ti svegli. Alzati! La rugiada
è sulle foglie, e viene già l'aurora".
Egli si alzava. "L'ombra si dirada
nel cielo. Il cielo scende a goccia a goccia.
Biancica, in terra, qua e là, la strada".

S'incamminava. "Spunta dalla roccia
un lungo stelo. In cima dello stelo,
grave di guazza pende il fiore in boccia".

S'inginocchiava. "Si dirompe il cielo!
Albeggia Dio! Plaudite con le mani,
pini de l'Hermon, cedri del Carmelo!"

Tre volte il gallo battea l'ali. I cani
squittìano in sogno. Le sei ali in croce
egli vedea di seraphim lontani.

Sentiva in cuore il rombo della voce.
Su lui, con le infinite stelle, lento,
fluiva il cielo verso la sua foce.

Era il dì del Signore, era l'avvento.
Spariva sotto i baratri profondi
colmi di stelle il tacito convento.

- Mucchi di stelle, grappoli di mondi,
nebbie di cosmi. Il frate disse: "O duce
di nostra casa, vieni! Eccoci mondi".

In quella immensa polvere di luce
splendeano, occhi di draghi e di leoni,
Vega, Deneb, Aldebaran, Polluce...
___________________nomi di stelle

E il frate udì, fissando i milïoni
d'astri, il vagito d'un agnello sperso
la tra le grandi costellazïoni

nella profondità dell'Universo...

                         II

E il dubbio entrò nel cuore tristo e pio.
"Che sei tu, Terra, perché in te si sveli
tutto il mistero, e vi s'incarni Dio?

O Terra, l'uno tu non sei, che i Cieli
sian l'altro! Non, del tuo Signor, sei l'orto
con astri a fiori, e lunghi sguardi a steli!

Noi ti sappiamo. Non sei, Terra, il porto
del mare in cui gli eterni astri si cullano...
un astro sei, senza più luce, morto:

foglia secca d'un gruppo cui trastulla
il vento eterno in mezzo all'infinito:
scheggia, grano, favilla, atomo, nulla!"

Così pensava: al sommo del suo dito
giungeva allora da una stella il raggio
________________spazio-tempo
che da più di mille anni era partito.

E vide una fiammella in un villaggio
lontano, a quelle di lassù confusa:
udì lontano un dolce suon selvaggio.

Laggiù da una capanna semichiusa
veniva il suono per la notte pura,
il dolce suono d'una cornamusa.

E risonava tutta la pianura
d'uno scalpiccio verso la capanna:
forse pastori dalla lor pastura.

E il frate al suono dell'agreste canna
ripensò quelle tante pecorelle
che il pastor buono non di lor s'affanna:

tra i fuochi accesi stanno in pace, quelle,
sicure là su la montagna bruna;
e il pastor buono al lume delle stelle

quaggiù ne cerca intanto una, sol una...

                       III

"Sei tu quell'una, tu quell'una, o Terra!
Sola, del santo monte, ove s'uccida,
dove sia l'odio, dove sia la guerra;

dove di tristi lagrime s'intrida
il pan di vita! Tu non sei che pianto
versato in vano! Sangue sei, che grida!

E tu volesti Dio per te soltanto:
volesti che scendesse sconosciuto
nell'alta notte dal suo monte santo.

Tu lo volesti in forma d'un tuo bruto
dal mal pensiero: e in una croce infame
l'alzasti in vista del suo cielo muto".

In cielo e in terra tremulo uno sciame
era di luci. Andavano al lamento
della zampogna, e fasci avean di strame.

Ma il frate, andando, con un pio sgomento
toccava appena la rea terra, appena
guardava il folgorìo del firmamento:

quella nebbia di mondi, quella rena
di Soli sparsi intorno alla Polare
dentro la solitudine serena.

Ognun dei Soli nel tranquillo andare
traeva seco i placidi pianeti
_____________________altri sistemi solari
come famiglie intorno al focolare:

oh! tutti savi, tutti buoni, queti,
persino ignari, colassù, del male,
che no, non s'ama, anche se niun lo vieti.

Sonava la zampogna pastorale.
E Dio scendea la cerula pendice
cercando in fondo dell'abisso astrale

la Terra, sola rea, sola infelice.



La vertigine

Si racconta di un fanciullo che aveva
perduto il senso della gravità...

                        I

Uomini, se in voi guardo, il mio spavento
cresce nel cuore. Io senza voce e moto
voi vedo immersi nell'eterno vento;

voi vedo, fermi i brevi piedi al loto,
ai sassi, all'erbe dell'aerea terra,
abbandonarvi e pender giù nel vuoto.

Oh! voi non siete il bosco, che s'afferra
con le radici, e non si getta in aria
se d'altrettanto non va su, sotterra!

Oh! voi non siete il mare, cui contraria
regge una forza, un soffio che s'effonde,
laggiù, dal cielo, e che giammai non varia.
_________la forza di marea

Eternamente il mar selvaggio l'onde
protende al cupo; e un alito incessante
piano al suo rauco rantolar risponde.

Ma voi... Chi ferma a voi quassù le piante?
Vero è che andate, gli occhi e il cuore stretti
a questa informe oscurità volante;

che fisso il mento a gli anelanti petti,
andate, ingombri dell'oblio che nega,
penduli, o voi che vi credete eretti!

Ma quando il capo e l'occhio vi si piega
giù per l'abisso in cui lontan lontano
________________orrore del vuoto
in fondo in fondo è il luccichìo di Vega...?

Allora io, sempre, io l'una e l'altra mano
getto a una rupe, a un albero, a uno stelo,
a un filo d'erba, per l'orror del vano!

a un nulla, qui, per non cadere in cielo!

                             II

Oh! se la notte, almeno lei, non fosse!
Qual freddo orrore pendere su quelle
lontane, fredde, bianche azzurre e rosse,
______colore ed età delle stelle

su quell'immenso baratro di stelle,
sopra quei gruppi, sopra quelli ammassi,
quel seminìo, quel polverìo di stelle!
_________oggetti del profondo cielo

Su quell'immenso baratro tu passi
correndo, o Terra, e non sei mai trascorsa,
con noi pendenti, in grande oblìo, dai sassi.

Io veglio. In cuor mi venta la tua corsa.
Veglio. Mi fissa di laggiù coi tondi
occhi, tutta la notte, la Grande Orsa:

se mi si svella, se mi si sprofondi
l'essere, tutto l'essere, in quel mare
d'astri, in quel cupo vortice di mondi!

veder d'attimo in attimo più chiare
le costellazïoni, il firmamento
crescere sotto il mio precipitare!
_______________viaggio nello spazio

precipitare languido, sgomento,
nullo, senza più peso e senza senso.
sprofondar d'un millennio ogni momento!
_________spazio-tempo

di là da ciò che vedo e ciò che penso,
non trovar fondo, non trovar mai posa,
da spazio immenso ad altro spazio immenso;

forse, giù giù, via via, sperar... che cosa?
La sosta! Il fine! Il termine ultimo! Io,
io te, di nebulosa in nebulosa,

di cielo in cielo, in vano e sempre, Dio!


La cometa di Halley ( e Dante )

O tu stella randagia, astro disperso,
che forse cerchi, nel tuo folle andare,
la porta onde fuggir dall'universo!

Le stelle, quando la tua face appare,
impallidiscono; ansa nei pianeti
l'intimo fuoco, alto s'impenna il mare.

Escono le sibille dai segreti
antri d'Urano. In riva dei canali
di Marte, in pianto, passano i profeti.

Pieno di pianto è il cielo dei mortali
figli del Sole; e sangue rosso piove
nella penombra, a man a man che sali,

degli astri attorno al semispento Giove.
__________Giove, stella mancata?

II
O tu, ricordi questa terra nera?
Valgono appena otto anni tuoi, da quando
tu lo vedesti, in una cupa sera,

un della Terra. Andava solo, errando,
senza speranza, col bordone in mano,
ma senza meta, dalla patria in bando

e da sè stesso: e nel cammin suo vano
ei s'arrestava, mentre l'ombra queta
calava, udendo un mesto suon lontano.

E dagli abissi uscita allor, Cometa,
tu fiammeggiavi lunga all'orizzonte.
Udiva il suon lontano di compieta,

che par che pianga. E lo toccasti in fronte.

III

Le stelle impallidirono. Non v'era
altro che te nel cupo cielo esangue
che tu sferzavi con la tua criniera.

Tra i pianeti e i soli, eri com'angue
che uccide e passa. A questa nera Terra
dicevi il tristo ribollir del sangue,

l'ombre vaganti, i gridi di sotterra,
tutti gli affanni, tutte le sventure,
tutti i delitti: incendi, stragi, guerra.

All'uomo, dietro le montagne oscure
e gl'irti rocchi, tu mostravi un luogo:
la sua città. Razzavi come scure

e fumigavi lenta come un rogo.
IV

Egli guardò. Non vide che una selva
oscura, e sopra il sonno delle genti
del mondo reo sentì latrar la belva.

Vide l'abisso con racchiusi i venti,
le fiamme e il gelo, e la perpetua romba
delle grandi acque, e lo stridor dei denti.

Udì l'alto silenzio che rimbomba
eternemente; e il lume del sentiero
scòrse, ch'è tra le stelle e la gran tomba.

Egli era il peregrino del Mistero.
E tu la morte gli accennasti, ed esso
la vide, e l'abbracciò col suo pensiero,

e sì l'uccise nel potente amplesso.
V


Ma tu sdegnosa ti spargevi avanti,
torva Cometa, in un diluvio rosso
le miche accese d'altri mondi infranti.


Dante era l'uomo. E tu dicevi:- Io posso
spezzarti, o Terra. E niuno saprà mai
che v'era un globo, ora da me percosso,


nei freddi cieli.Ti disperderai
come una grigia nuvola d'incenso,
o nera terra!
E tu, Ombra, che stai?-


Stava. Egli solo nello spazio immenso
stava a te contro, a guardia degli umani,
astro di morte.-Io mi son un che penso-

egli diceva - e sempre è il mio domani-.

VI

Tu gli solcasti della tua minaccia
la dura fronte; e il pensator terreno
le mani aperse ed allargò le braccia.

E immobilmente ascese tra il baleno
delle tue scheggie, ascese senza fine,
come in un plenilunio sereno.

Gli si frangean, col croscio di ruine,
bolidi intorno; in polvere lucente
ridotto il cosmo gli piovea sul crine.

Negli occhi aperti, accese appena e spente
morian le stelle. E Dante fu nessuno
Terra non più, Cielo non più, ma il Niente

Il Niente o il Tutto: un raggio, un punto, l'Uno.
Gennaio 1910

Giovanni Pascoli nell'anno 1910 vide la cometa di Halley, la stessa cometa che aveva fatto la sua comparsa nel 1301, (infatti dice che sono 8 anni suoi (di lei) che sono trascorsi) .
Una cronaca del tempo di Giovanni Villani riporta la notizia
Il periodo della cometa è 76 anni circa e il conto torna. In quell'anno Dante, ambasciatore della parte Bianca, lasciava Firenze diretto a Roma, da Papa Bonifacio VIII e non sarebbe più tornato nella sua città. Non ho notizie di una testimonianza diretta del sommo poeta al riguardo. Nella Divina Commedia c'è un verso in cui si accenna a questo fenomeno e nel Convivio egli parla delle comete
dandone una spiegazione secondo il sapere del tempo.
Paolo Maffei nel suo "La cometa di Halley", Mondadori 1984, così scrive di Dante:
In quell'autunno del 1301, durante il viaggio o quando era già a Roma , volgendo lo sguardo a nord verso la sua città, dovette vedere questo astro che si avviava a fare ancora una volta il suo "giro di boa" intorno al sole per ricominciare subito ad allontanarsi verso i confini del istema solare. Da quegli spazi lontani sarebbe tornato dopo altri 77 anni [...] Nel 1378, quando la cometa di Halley ritornò, Dante era già divenato un grande del passato...
La stessa cometa comparirebbe nel celebre "L'Adorazione dei magi" di Giotto dipinto nel 1303 nella Cappella degli Scrovegni a Padova.
 


10 Agosto


San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché sì gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.

Ritornava una rondine al tetto:
l'uccisero: cadde tra spini:
ella aveva nel becco un insetto:
la cena de' suoi rondinini.

Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono…

Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! D'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!



Il gelsomino notturno

E s'aprono i fiori notturni,
nell'ora che penso a' miei cari.
Sono apparse in mezzo ai viburni
le farfalle crepuscolari.
Da un pezzo si tacquero i gridi:
là sola una casa bisbiglia.
Sotto l'ali dormono i nidi,
come gli occhi sotto le ciglia.
Dai calici aperti si esala
l'odore di fragole rosse.
Splende un lume là nella sala.
Nasce l'erba sopra le fosse.
Un'ape tardiva sussurra
trovando già prese le celle.
La Chioccetta per l'aia azzurra
va col suo pigolio di stelle.

Per tutta la notte s'esala
l'odore che passa col vento.
Passa il lume su per la scala;
brilla al primo piano: s'è spento . . .
È l'alba: si chiudono i petali
un poco gualciti; si cova,
dentro l'urna molle e segreta,
non so che felicità nuova.

Segnalazione di Raffaello Ambrogetti


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