L’esistenzialismo di Jaspers: l’uomo di fronte
al Tutto.
Il
senso cosmico che l’uomo ha maturato osservando l’Universo lo ha condotto
a porsi numerose domande a proposito della propria esistenza. Se l’uomo
non avesse mai visto la volta celeste avrebbe pensato di coincidere
con il Tutto e non si sarebbe mai posto il problema di mettersi in relazione
al Tutto. L’uomo osservando il cosmo si sente un piccolo passeggero
e cerca di trovare un senso nella propria esistenza. Alcuni filosofi,
nella loro analisi, partono da alcune domande, che forse spesso anche
molti di noi hanno formulato considerando in modo profondo lo stato
in cui l’essere umano si trova, la sua posizione nell’Universo, la sua
condizione rispetto al Tutto. “Qual è la relazione
fra l’esistenza, il tempo e l’essere? Come deve essere pensato questo
rapporto perché le domande che determinano l’esistenza di ognuno abbiano
una risposta? Quali sono i ruoli della scienza e della metafisica in
questa ricerca? Perché c’è l’uomo piuttosto che il nulla?” L’attenzione degli esistenzialisti è concentrata sull’esistenza dell’uomo
come individuo, come singolo. Ogni uomo è infatti alla ricerca della
verità della propria esistenza, ed ogni singolo è la sua esistenza,
unica e inconfondibile. La ricerca del senso dell’esistenza non può
ammettere tutte quelle verità che non nascano dal tormento e dalla ricerca
individuali. Infatti qualsiasi negazione dell’esistenza come possibilità
di scelta, sarebbe dogmatismo. “ L’essenza della filosofia sta infatti non nel possesso
della verità, ma nella sua ricerca. Il suo maggior pericolo è quello
di capovolgersi in dogmatismo, cioè in un sapere costituito da affermazioni
compiute, definitive, esaustive semplicemente da tramandarsi. Filosofia
significa in verità: essere in cammino". L’Essere inteso come “altro” a cui mi devo rapportare (trascendenza,
Dio, il nulla) non è dentro l’uomo, ma è esterno ad esso. L’uomo non
può mai raggiungere l’assoluto in quanto esso è al di là degli oggetti
determinati. Per questo Jaspers delinea i limiti del sapere scientifico
in quanto esso è conoscenza delle cose, ma non dell’Essere e non risponde
alle domande sul senso della vita dell’uomo. La conoscenza scientifica
è oggettiva, mentre l’esistenza è inoggettivabile, in quanto ognuno
ha la propria esistenza diversa da tutte le altre, è “una questione
personale”. La scienza è orientazione nel mondo, resta sempre inconclusa,
il mondo come totalità rimane sempre al di là di essa. “L’Essere non ci può essere dato rinchiuso e gli
orizzonti sono per noi illimitati. L’Essere ci trascina in tutti i sensi
verso l’infinito” L’uomo dunque non può cogliere l’Essere, ma è consapevole che esso
esista. Infatti l’esistenza rimanda necessariamente alla trascendenza.
L’uomo si accorge che ogni cosa finita giunge prima o poi ad un naufragio.
Il mondo dunque può essere considerato una cifra della trascendenza,
nel senso che ci rimanda ad essa. La trascendenza si rivela soprattutto
in quelle situazioni dette da Jaspers “situazioni-limite”. “situazioni come
quella di essere sempre in una situazione, di non poter vivere senza
lotta e dolore, di dover assumere una irrimediabile colposità, che debbo
morire, costituiscono quelle che io chiamo situazioni-limite. Non sono
trasparenti, non ci è dato di scorgere nulla al di là di loro. Sono
come un muro contro il quale urtiamo e naufraghiamo. Non possiamo modificarle,
ma solo portarle a chiarezza.” L’uomo capisce di non avere in sé le cause della propria esistenza.
Queste situazioni con la loro invalicabilità lasciano intravedere all’uomo,
esistenza finita e destinata al naufragio, ciò che lo trascende. La filosofia attraverso la riflessione sull’esistenza mostra all’uomo
la sua essenza più profonda: la libertà. La riaffermazione del carattere
assolutamente libero di ogni esistenza nasce dalla coscienza che ognuno
crea da sè il proprio destino. L’esistenza, in quanto scelta e decisione,
si rivela come l’atto col quale l’uomo accetta la sua condizione finita
e si rapporta con la trascendenza. L’uomo costruisce il suo essere autentico
ponendosi in rapporto con la trascendenza, con il tutto che non può
in nessun modo essere ridotto a oggetto e che pertanto sfugge continuamente.
La trascendenza infatti non può essere conosciuta, come si è visto,
attraverso la scienza, ma nemmeno attraverso la metafisica. Il fatto
che l’uomo non possa aspirare a un sapere assoluto rappresenta la sua
grandezza e la garanzia della sua indipendenza. La trascendenza non
si fa conoscere, si annuncia nella realtà, e se da un lato appare come
"lontananza assoluta", dall’altro viene colta dall’uomo come
"vicinanza esistenziale" in cui la trascendenza si fa cogliere. L’uomo percepisce osservando l’Universo il senso dell’immenso, capisce di essere solo un puntino nel cosmo che lo contiene. Osservando i movimenti perfetti e ricorrenti degli astri coglie quell’armonia che è propria della Natura e si sente parte di un Tutto. Ecco
il significato espresso dalla poesia “Sereno” di Giuseppe Ungaretti.
Egli è riuscito con i suoi versi a trasmettere esattamente quella sensazione
dell’uomo, “immagine passeggera”, prendente parte ad “un giro immortale” del quale non conosce le ragioni, ma ne coglie
l’irresistibile fascino. Riporto
per concludere alcune parole di un intervento del Sindaco del mio paese,
Barzago, risalenti a giugno del 2001, che spero possano sensibilizzare
tutti quanti verso il problema dell’inquinamento luminoso e che possano
essere il punto di partenza per molti altri Comuni, che come il mio,
decidano di impegnarsi per permettere ad una stella in più di brillare
nel loro cielo: “…Dopo i primi concreti interventi, il gruppo Amici del Cielo (associazione
di astrofili cresciuta in paese) ha voluto offrire simbolicamente a
Barzago la targa di “Comune antinquinamento luminoso”. Gliene siamo
molto grati, anche perché questa è una dimostrazione di quanto siano
preziose per una comunità le associazioni che si occupano di problemi
che altrimenti passerebbero sempre in secondo piano. Chi si trova a
passare per Barzago noterà quindi dei cartelli stradali con la scritta
“Paese antinquinamento luminoso”. Sono all’ingresso del Comune, assieme
a quelli del gemellaggio da noi realizzato con il paesino francese di
Tournon St. Martin. Ed è proprio in una delle visite effettuate per
gli scambi culturali tra i due paesi che ho verificato come sia possibile
essere meno invasi dalla luce artificiale. Una sera tardi tornavamo da una festa organizzata
dai nostri amici francesi. Era presso un mulino recuperato come ostello,
posto appena fuori dal centro abitato. Ebbene, chi di noi decise di
tornare a piedi presso le famiglie che ci ospitavano, si ritrovò a camminare
lungo strade completamente buie, e per “completamente” intendo l’assenza
di qualsiasi lume, né ai pochi incroci presenti, né fuori dalle case
situate lungo il percorso. E così, anche in quella sera d’estate in
Francia, nel mezzo del Parco della Brenne, ho potuto osservare un cielo
magnifico, con un silenzio rotto solo dalle voci italiane e francesi
degli amici, e soprattutto domandandomi se quella situazione fosse di
arretratezza rispetto ad un progresso che vuole sempre più zone urbanizzate
e visibili, quindi illuminate, oppure fosse una ritrovata situazione
di maggiore tranquillità e di un vivere più umano e naturale, dove anche
il cielo possa fare parte delle cose belle da vedere, delle cose che
a volte danno inizio a pensieri, a meditazioni, a domande. Ecco, credo
che siano le domande la risorsa più preziosa che un cielo stellato ci
può dare. In quest’epoca tutta fatta di cose preconfezionate, dove il
consumismo non genera mai desideri, dove la bramosia di emergere a tutti
i costi impone sicurezze e certezze
a volte fittizie, spesso negative per la vita sociale. Per una stella in più
era il motto coniato in occasione di un’iniziativa
promossa dal gruppo Amici del Cielo
in collaborazione con il Comune. E’ uno slogan stupendo. Pensare
che da un vialetto, da un sentiero, da un prato del nostro paese si
riesca, giorno dopo giorno, a poter osservare una stella in più. E altrettanto
bello è poter continuare ad ascoltare la mia bimba di sei anni che a
volte, la sera, mi dice – papà, guarda come si vedono bene i Re Magi!-
” |
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