Le molecole del tempo


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LE MOLECOLE DEL TEMPO:

tempo e memoria nel nostro cervello

Il linguaggio del sistema nervoso: le molecole del tempo

Il nostro cervello è formato da cellule nervose (i neuroni) che comunicano tra loro mediante sottili filamenti, lungo i quali ogni cellula può inviare dei segnali, gli impulsi nervosi, a un certo numero di altre cellule. Questi impulsi nervosi, sono segnali di ampiezza e durata fissa, ciascuno come un bip, che si succedono nel tempo con intervalli variabili, e la frequenza temporale dei bip (cioè il fatto che i singoli impulsi si susseguono l'uno all'altro con grande rapidità, oppure invece sono relativamente distanziati nel tempo) è il linguaggio di comunicazione dei neuroni.
Nel cervello, che è formato da un numero enorme di neuroni (circa 100 miliardi), si distinguono varie aree, alcune destinate a ricevere i segnali che provengono dagli organi di senso, altre destinate a comandare i movimenti delle varie parti del corpo, altre infine destinate a svolgere altre funzioni, tra cui le funzioni mentali più alte che esprimono il nostro pensiero, la nostra volontà, ecc.

Dire che i neuroni comunicano mediante impulsi variamente distribuiti nel tempo, significa che un messaggio nervoso deve necessariamente occupare un certo tempo nel suo cammino di andata o ritorno dal cervello: un messaggio nervoso ha una durata piccola, ma comunque apprezzabile, che potremmo considerare formata dalle molecole del tempo, cioè dai singoli impulsi e dai singoli intervalli tra un impulso e il successivo.

Molto spesso noi non siamo consapevoli che le nostre sensazioni hanno una durata apprezzabile e che la nostra rappresentazione del mondo che ci circonda è il risultato di fenomeni neurali che si succedono, sia pure rapidamente, nel tempo. Quando ad esempio osserviamo un quadro, i nostri occhi si fermano brevemente a fissare un certo punto della scena rappresentata nel quadro, poi si spostano su un altro punto, e così via, cosicchè la nostra immagine del quadro risulta dall'integrazione delle successive immagini di porzioni in parte diverse del quadro, compiuta dal nostro cervello.

Lo stesso dicasi per l'immagine che noi percepiamo dell'ambiente che ci circonda: noi non abbiamo l'impressione che questa scena sia stata da noi esplorata con sguardi successivi. È come se il cervello rendesse apparentemente simultanee le varie immagini dell'ambiente che i nostri occhi hanno raccolto in momenti successivi.
Talvolta invece sono gli oggetti esterni che si muovono e si modificano nel tempo, e il nostro cervello utilizza proprio la distanza nel tempo dei vari segnali che riceve per dare la sensazione di movimento di uno stimolo visivo, o per percepire un suono con certe caratteristiche.
Due segnali distinti nel tempo, ma separati da un breve intervallo, possono sembrare simultanei, se questo intervallo è inferiore ad un certo valore critico.
Nel caso della visione, se i segnali provengono rispettivamente da due punti luminosi ad una piccola distanza l'uno dall'altro, può avvenire che a noi appaia un unico punto luminoso che si muove rapidamente dalla prima posizione alla seconda. In questo caso il nostro cervello trasforma in movimento la percezione di stimoli che in realtà sono fermi, ma si succedono rapidamente nel tempo: è il cosiddetto movimento apparente, ed è su questo fenomeno che si basa la percezione del movimento delle immagini cinematografiche e di quelle televisive.
Nel caso dell'udito il tempo è ovviamente la variabile più importante: gli stimoli sonori hanno componenti di varia frequenza temporale, ed essi vengono analizzati dal nostro sistema uditivo proprio mediante le frequenze temporali che li compongono. Inoltre, le piccolissime differenze di tempo con cui un suono emesso da una sorgente sonora raggiunge i nostri due orecchi vengono utilizzate dal cervello per riconoscere la posizione della sorgente nello spazio, a seconda che i segnali raggiungono prima l'orecchio sinistro o quello destro. Si tratta di differenze dell'ordine di poche decine di microsecondi (un microsecondo è un milionesimo di secondo).

 

LA DURATA DEL PRESENTE: IL TEMPO SOGGETTIVO

È esperienza comune che intervalli di tempo, pure uguali secondo l'orologio, possono apparirci durare più o meno a lungo, a seconda delle circostanze in cui li stiamo vivendo. Questi fenomeni di natura psicologica, possono avere motivazioni piuttosto complesse, non sempre facili da valutare. Vi sono però esempi di fenomeni più semplici, puramente sensoriali, che mostrano come la durata apparente di uno stimolo visivo o uditivo, a parità della sua durata fisica, dipende dall'attenzione che noi concentriamo su di esso. Quando si tratta di stimoli la cui durata fisica non supera tre o quattro secondi, i risultati delle valutazioni soggettive di durata di questi stimoli vengono interpretati come durata del presente.
Se si presentano successivamente stimoli tutti uguali, e tutti della stessa breve durata, e ogni tanto si inserisce uno stimolo che differisce dai precedenti (per es. per il colore o per le dimensioni, se si tratta di stimoli visivi, oppure per le caratteristiche sonore, se si tratta di stimoli uditivi) e del quale il soggetto deve dare una valutazione temporale, si trova che la durata apparente dello stimolo diverso dagli altri è del 30% - 50% più lunga rispetto agli altri stimoli. Le condizioni in cui è stato condotto questo esperimento permettono di concludere che è proprio l'attenzione che occorre dedicare allo stimolo che appare occasionalmente durante la serie di altri stimoli tutti uguali, che ne aumenta la durata apparente.

LA MEMORIA DEL PASSATO E IL SENSO DEL FUTURO

La memoria, come capacità di ricordare, è una delle nostre facoltà mentali più importanti.
Vi sono vari tipi di memoria. Vi è una memoria cosiddetta implicita, che ci rende capaci di imparare a fare qualcosa, e che richiede addestramento, ma che acquistiamo attraverso un processo di cui siamo in larga misura inconsapevoli. In genere questo tipo di memoria, una volta acquisita, dura lungamente nel tempo.
La memoria detta esplicita è invece quella memoria di cui siamo in grado di esprimere consapevolmente il contenuto.
Così la memoria episodica, che ci permette di ricordare episodi e fatti della nostra vita, e la memoria semantica, che è il ricordo di nozioni apprese e di fatti che hanno validità generale, come ad esempio la storia o la geografia che abbiamo imparato a scuola.
Essenziale per la memoria episodica è una struttura del nostro cervello detta ippocampo, per la sua forma simile a quella di un cavalluccio marino. Se si subiscono danni dell'ippocampo in entrambe gli emisferi cerebrali, si produce amnesia, cioè non si ha più la capacità di ricordare persone o avvenimenti appena accaduti. Si ritiene che l'ippocampo sia essenziale per iniziare l'instaurarsi della memoria episodica. Probabilmente una traccia di questa memoria viene poi depositata nell'ippocampo stesso o in altre aree del cervello per divenire un ricordo permanente. Infatti, la memoria può essere a breve termine, come quella che ci permette ad esempio di ricordare il numero dell'autobus che è appena passato mentre stiamo aspettando il nostro, o a lungo termine, come è ad esempio la memoria degli episodi della nostra infanzia. È proprio la memoria episodica a lungo termine che ci dà il senso del tempo passato, il senso di ciò che abbiamo vissuto. In un famoso esperimento su pazienti che dovevano subire un'operazione al cervello perchè affetti da epilessia, la stimolazione elettrica di una parte laterale del lobo temporale del cervello (in prossimità cioè della tempia) causò nel paziente il ricordo di episodi passati della propria vita.

E dove nasce nel nostro cervello la capacità di pensare il tempo futuro? Si ritiene che quei processi che ci consentono di progettare il nostro comportamento, di fare piani consapevoli, quindi di pianificare il futuro, abbiano luogo nella parte anteriore del nostro cervello, nei lobi frontali. E questa parte del cervello interviene anche nell'organizzazione temporale della memoria, quella che permette di ricordare ad esempio se dopo la presentazione di una serie di immagini, una certa immagine è stata presentata prima o dopo un'altra.