Seneca


astrocultura tesine

Solo il passato ci appartiene
De brevitate vitae, 10, 2-5

[2] La vita è divisa in tre momenti: il passato, il presente, il futuro. Di questi momenti, quello che stiamo vivendo è breve, quello che dobbiamo ancora vivere è incerto, quello che abbiamo vissuto è sicuro. Su di esso infatti la sorte ha perso ogni diritto, esso non può essere sottoposto all'arbitrio di alcuno. [3] Ma gli uomini affaccendati lo pèrdono, perché non hanno tempo di volgersi indietro verso ciò che è stato, e del resto, se anche trovassero il tempo, non è piacevole ricordare ciò di cui si ha rimorso. Pertanto richiamano malvolentieri alla memoria il tempo che hanno male impiegato, e non osano ritornare su quelle azioni le cui manchevolezza, prima nascoste dalle attrattive del piacere presente, emergono riesaminandole. [4] Si volge volentieri verso il passato soltanto chi ha sottoposto tutte le proprie azioni alla censura della sua coscienza, a cui nulla sfugge; chi invece ha avuto molte brame ambiziose, ha disprezzato gli altri con superbia, ha vinto con prepotenza, ha ingannato con perfidia, ha rubato con avidità e dissipato con prodigalità, è inevitabile che abbia paura dei suoi ricordi. Eppure il passato è la parte del nostro tempo Sacra e intoccabile, posta al di là di tutte le vicende umane, sottratta al dominio della sorte; non possono turbarla né il bisogno né la paura né gli attacchi delle malattie; non può essere modificata né abolita; il suo possesso è perenne e senza rischi. Solo i singoli giorni costituiscono il presente, e soltanto istante per istante; invece tutti i giorni del tempo passato saranno presenti ogni volta che lo vorremo, si lasceranno esaminare e trattenere a nostro piacimento; ma gli affaccendati non hanno tempo per fare questo. [5] E proprio di una mente serena e tranquilla riandare ad ogni parte della propria vita; gli animi degli affaccendati, invece, come se fossero sottoposti ad un giogo, non possono voltarsi a guardare indietro. Pertanto la loro vita sprofonda in un abisso; e come non serve a nulla versare grandi quantità di acqua se non c'è sotto un recipiente che la raccolga e la conservi, così non ha alcuna importanza la quantità di tempo che viene concessa, se non ha una base su cui poggiare: passa attraverso animi scompaginati e bucati.

Nel dialogo La brevità della vita, dedicato al problema del tempo, Seneca spiega quale deve essere il retto rapporto dell'uomo con le tre parti in cui tradizionalmente viene suddiviso il tempo: presente, passato e futuro. Egli afferma che il passato, rispetto all'incerto futuro e al fuggevole e quasi inafferrabile presente, ha il vantaggio di costituire un'acquisizione definitiva ed immutabile.
È un'idea espressa da Seneca anche in altri passi (cfr. per es. Epistula 99, 4 "il tempo passato ci appartiene e nulla è più sicuro di ciò che è stato"; Ad Marciam, 22, 1 "in questa realtà così instabile e confusa niente è certo se non il passato"), e che troviamo già in Orazio: "Vivrà padrone di sé e lieto colui che ogni giorno può dire: Ho vissuto. Domani il padre Giove occupi pure il cielo con una nera nube, oppure faccia splendere un limpido sole; in nessun caso renderà vano ciò che è stato, né potrà cambiare, o far sì che non sia avvenuto ciò che una volta per tutte l'ora fuggitiva ha portato" (Odi, III, 29, 41-48).
Ma il retto rapporto con il passato è possibile solo al sapiente, che rievoca volentieri le azioni virtuose che ha compiuto. Gli occupati, invece, ossia gli uomini stolti, sempre affaccendati in occupazioni inutili e insensate, non hanno né tempo né voglia di rievocare il passato: qualora infatti si fermassero per un istante a riflettere, raccogliendosi in se stessi, si accorgerebbero con terrore di essersi affaticati tanto per non concludere nulla.