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Astronomia

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Fotografare il tempo: la fotografia astronomica
Davide Sacquegna

 

La questione della differenza tra fotografia artistica e fotografia scientifica era dibattuta, come ricorda Ando Gilardi (Creatività e informazione fotografica, in "Storia dell'Arte Italiana - grafica e immagine II", pag. 556), già all'inizio del '900, quando si distingueva tra fotografia "vera", cioè che ritrarrebbe la realtà così come essa è, e fotografica artistica, che invece tendeva, mediante varie tecniche, ad abbellire il modello "a tutto scapito del valore di rassomiglianza, di identificazione, col medesimo", insomma a compiere un tradimento della realtà. In effetti la fotografia è sempre stata legata, più di qualunque altra forma di rappresentazione della realtà, al concetto di fedeltà al vero, di riproduzione realistica del modello, e di conseguenza ha assunto un ruolo particolarmente significativo in ambito scientifico. Come ricorda McLuhan (Understanding media, 1964), tutte le scienze trovarono in essa, per la prima volta, un mezzo non verbale per trasmettere le informazioni, che consentiva di superare i limiti insiti nella comunicazione verbale, al punto che oggi neppure la fisica atomica potrebbe fare a meno di questo mezzo. La peculiarità della fotografia è infatti quella della "imprescindibilità del rapporto con la realtà visibile" (Valtorta, Il rapporto con la realtà in "D'ars" n. 153, aprile 1998), che ha indotto molti in passato a ritenere che la fotografia dovesse proporsi come fine più alto la riproduzione perfetta del reale, raggiungibile attraverso una padronanza assoluta da parte dell'autore del mezzo tecnico (si veda Valtorta, Il retro delle immagini. Caso e controllo in fotografia, in "Papel Alpha", n. 4, 1999). Non solo, ma questo rapporto privilegiato con la realtà ha meritato alla fotografia la definizione di "messaggio senza codice", come afferma Barthes, che, al pari di quanto faceva Baudelaire già nell'800, "misconosce il carattere autoriale, discreto, connotato della fotografia" (Faeta, strategie dell'occhio, FrancoAngeli, 1998 pag. 46).
La camera oscura sembrerebbe quindi lo strumento principe della documentazione scientifica in quanto capace di rappresentare la realtà oggettivamente: se tale oggettività, come afferma Faeta (cit., passim), è da rigettare per quanto riguarda le scienze etnografiche, può essere confermata invece nelle cosiddette scienze "esatte", quelle cioè, come la fisica, che si propongono di studiare i fenomeni naturali esattamente misurabili e quantificabili. All'interno della categoria delle scienze esatte che si servono spesso e volentieri del medium fotografico, l'astronomia riveste sicuramente un ruolo particolare. Una fotografia astronomica, infatti, non esaurisce il suo ruolo nell'informazione scientifica che essa trasmette, ma possiede un valore aggiunto, una "bellezza" intrinseca, che le conferisce un significato ed un ruolo che potremmo definire artistici. Sarebbe difficile, d'altra parte, negare un'autorialità e quindi una funzione artistica ad una fotografia, per esempio, delle Pleiadi scattata da un astrofilo: tale riproduzione non ha infatti nessuna funzione scientifica, in quanto non aggiunge nuove informazioni a quelle già possedute dalla comunità scientifica sull'oggetto rappresentato, pur rientrando a pieno titolo nella categoria della fotografia astronomica, e pur distinguendosi nettamente da tutti gli altri tipi di fotografia artistica. Infatti, nella fotografia di un soggetto umano, di un paesaggio o di un oggetto quotidiano, scattata a fini artistici, la creatività dell'autore interviene nella scelta di un'infinità di fattori, quali il punto di vista, la scelta di cosa includere nel quadro e cosa escludere, il rapporto tra i diversi piani, le condizioni di luce etc., tutte scelte che rispondono ai codici propri del linguaggio fotografico.
La fotografia delle Pleiadi, per tornare al nostro esempio, non può evidentemente fare riferimento agli stessi codici: per limitarci ad un solo esempio, è impossibile, in questo caso, scegliere un punto di vista (a meno che il fotografo non voglia compiere un viaggio su un altro sistema solare). La libertà dell'autore nella fotografia astronomica è quindi limitata alle scelte di carattere tecnico relative alle caratteristiche del mezzo utilizzato: tipo di lenti, dimensioni dell'obiettivo, tipo di pellicola, numero di ingrandimenti, tempo di esposizione etc, oltre, ovviamente, alla scelta dell'oggetto celeste da riprendere.
Naturalmente, in questo discorso non rientrano le fotografie di eventi eccezionali, come il passaggio di una cometa, l'esplosione di una supernova o la collisione tra due asteroidi, così come le fotografie di corpi celesti realizzate nei grandi osservatori o quelle scattate dal telescopio orbitante Hubble: in questi casi è evidente il carattere scientifico della fotografia, in quanto essa assolve allo scopo di fornire informazioni oggettive sull'oggetto o sull'evento riprodotto.
Ma la peculiarità della fotografia astronomica rispetto alle altre forme di fotografia scientifica è rappresentata, in primo luogo, dalla sua capacità di fotografare il passato: è noto infatti che, quando osserviamo un corpo celeste, non lo vediamo come esso è ora, ma come era nel momento in cui la luce che ora raggiunge i nostri occhi partì da esso: per esempio, se osserviamo la galassia M31 in Andromeda, compiamo un viaggio nel tempo di circa due milioni di anni, poiché essa dista, appunto, due milioni di anni luce da noi.
Un caso ancora più particolare è rappresentato dalle fotografie dello spazio profondo, per esempio quelle immagini scattate da Hubble in cui appaiono, in un campo ristrettissimo, centinaia di galassie, ciascuna delle quali ha una distanza che varia dai milioni ai miliardi di anni luce: nella stessa fotografia, quindi, troviamo riassunta e ridotta alla contemporaneità gran parte della storia dell'universo.


La fotografia astronomica, dunque, può essere considerata come l'unica forma di fotografia che spezza il limite della bidimensionalità, introducendo nella rappresentazione il tempo, già noto dalla teoria della relatività come la quarta dimensione del continuum spazio-temporale in cui è immerso il nostro universo.

Davide Sacquegna

 

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Coordinamento: Pasqua Gandolfi
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