Torna alla Home-Page


Home              Contattaci              Regolamento per gli autori e per chi vuole collaborare              Ultimi aggiornamenti nel sito


Astronomia

Mitologia


Il"LA" di Piero e la cometa vorace
Divagazioni su Deep Impact - 4 luglio 2005
Isabella Cattaneo

Questa che voglio raccontare è una strana storia, perciò è meglio che la scriva subito perchè quando i fatti sono strani volano via perdendosi nell'aria, come appunto è successo al "la" di Piero, fuggito nel vento per correre dietro a una cometa!, ma se vi dico tutto insieme non potete capire, ritorno con calma all'inizio.
Ricordo piacevolmente il luogo, la calma silenziosa di quell'antico salone odoroso di cera del grande palazzo vicino al mare . La sala in questione era una "sala da musica", dove vivevano insieme alcuni strumenti: un violoncello anzianotto che odorava di legno vecchio ma distinto come la livrea rattoppata e linda di un fedele maggiordomo, un violino vicino alla mezza età piuttosto antipatico di cui si sussurrava fosse un pò scordato, una giovanissima batteria dal linguaggio scurrile insofferente a quell'ambiente fine secolo, e infine il mio amico protagonista, il pianoforte Piero e la sua lunga coda, come quella di una cometa ..(già di una cometa), un buon carattere, di quelli che spontaneamente, senza alcuno sforzo si trovano con tutti, tra gli umani si direbbe uno che sa ascoltare.

La compagnia era affiatata in modo discreto, senza litigi nè entusiasmi, con quel comportamento un pò anglosassone, prudente e riservato, e se sotto sotto covasse qualche malanimo, non era certo Piero quello che se ne accorgeva.
Tutto accadde nell'ultima serata musicale primaverile che l'anziana contessa dava ogni anno a fine aprile. I quattro protagonisti erano stati tutti accordati e lustrati nel limite del possibile, data l'età.
Gli ospiti erano una ventina, sempre quelli e sempre più vecchi, sorpresi ogni volta di ritrovarsi ancora, si spiavano in giro guardinghi, temendo di scoprire l'assente, il primo, l'inevitabile primo buco in quel gruppo che invecchiava come in una fiaba prigionieri nel passato cristallizzato del palazzo al confine di quel mondo giovane e veloce che cambiava sempre, al contrario degli ospiti della contessa.
Doveva essere un finale senza sorprese, scontato come al solito, l'ultimo brano di grande effetto affidato come sempre a Chopin e a Piero. "Chopin non delude mai", fu il pensiero un pò impastato di sonno dell'ospite seduto in fondo, accanto a una delle tre porte che si aprivano al saloncino dei rinfreschi, che già liberava succulenti aromi.
Ma Chopin quella sera non deluse ma sorprese non poco, quello sì, a un certo punto anche l'ospite sonnacchioso in fondo alzò la testa e guardò Piero, stupito da quella leggera stonatura, come un piccolo inciampo, una nota assente, fuggita. Tutti guardarono il pianoforte che, se la sua natura glielo avesse permesso, sarebbe arrossito fino alla radice dei suoi tasti, la coda ebbe un leggero fremito, come se si fosse rifugiato qualche cosa, (forse quella nota), un gemito, un sussurro, che poi sparì rapito da un'improvvisa folata di vento fuggito via dall'unica finestra rimasta aperta.
La damigella legnosa al pianoforte, in bilico tra una tarda giovinezza e una precoce vecchiaia, invece impallidì fino a una trasparenza lunare, poi si riprese, era troppo sicura di sè per cedere allo sconforto. La contessa con un guizzo giovanile approfittò come un'equilibrista di quell'attimo di stupore rimasto sospeso nell'aria, battè le mani giuliva come una bambina a Natale, riprese il suo respiro con quello degli altri , e spedì tutti nel saloncino dei rinfreschi.
Le chiacchiere, il vino, la primavera ventosa e l'ottimo patè portarono in alto e in diverse direzioni gli animi, i pettegolezzi manipolarono il tutto disperdendo nella giovane notte i vecchi ospiti, il palazzo si spense nel buio e nelle brume primaverili. Nel salone, la luna illuminava solo un angolo, quello vicino alla vetrata, inondando di luce lattea il vecchio pianoforte, gli altri nell'ombra lo guardavano e lui sentì il loro silenzio pesante come un macigno.

Al mattino si seppe, tutti ne parlarono, fu una liberazione. Era fuggito il "la" di Piero, sì proprio la nota, se n'era andata con quel ventaccio strano la sera precedente, chissà dove. Piero, ora ne parlava liberamente, come in uno scroscio irresistibile; aveva sentito che qualche cosa non andava già dalle prime sonate a fine inverno, sentiva la nota irrequieta, instabile, nervosa, quasi...ribelle. Nei giorni successivi Piero fu spostato, lasciò per la prima volta l'angolo di privilegio, dopo un consulto alcuni tecnici stabilirono che il vecchio pianoforte aveva bisogno di una messa a punto, ne valeva la pena?, ma lui sapeva quello di cui aveva bisogno, doveva ritrovare il suo "la", l'irrequieta nota che da sempre gli dava nell'incertezza della sua presenza tante soddisfazioni e gioie. Piero da quel giorno nell'angolo più buio e disadorno della sala si chiuse in un triste silenzio, gli altri gli regalarono sguardi tra il patetico e l'affettuoso, poi cominciarono a rivoltarsi tra loro, affiorarono vecchie rivalità, si sa quando i protagonisti cadono in disgrazia finalmente ci sarà più gloria per i comprimari. A Piero non interessava più nulla; in quanto alla gloria, non se n'era mai accorto di averla.
Un giorno Piero ebbe una visita, si accocolò su di lui la grassa gatta Bubasti, con la sua ciccia riempì in modo perfetto la tonda estremità, come se la coda del pianoforte terminasse in un gatto; e da quel giorno fu il posto preferito da Bubasti. La gatta aveva vissuto quasi sempre in cucina, sul ripiano in pietra vicino al camino, il suo pelo profumava d'arrosto e vaniglia, ed ora la sua presenza rappresentava l'elemento estraneo in quel santuario di musica, riportando tutti alle terrene dimensioni, come se il lento ancheggiare della gatta togliesse di colpo un pò di boria agli strumenti. Dopo i primi giorni di comprensivo silenzio, Bubasti si fece raccontare la storia del "la" da Piero, ed oltre a quello tante altre cose della sua vita; dai concerti alla convivenza con la contessa, agli antichi fasti del palazzo. Gli altri, sentendo quei due confidarsi, se ne stavano ancora di più in disparte, contrariati. Quel Piero!, non si era mai confidato tanto con loro, e adesso sciorinava tutto a una gatta che non aveva mai visto altro in vita sua che tegami e piatti sporchi.
Ma Bubasti era una gatta speciale, vedeva sì davanti a lei tegami e leccornie (non solo piatti sporchi), ma vedeva anche oltre, a chilometri di distanza, senza muoversi dalla cucina, solo guardando il fuoco nel caminetto. Vedeva e sentiva tutto anche i pensieri vicini e lontani, da quelli della cuoca a quelli della contessa, rimbalzavano nei suoi begli occhioni cangianti che diventavano scuri quando "sentiva" le cattiverie e si schiarivano come perle quando attorno a lei tutto era in pace.
Bubasti era pigra, non si era mai spinta fino al salone di musica ma sapeva tutto di Piero, dei suoi pensieri buoni e distratti, non l'aveva mai visto prima d'ora ma gli era sempre stato simpatico, gli altri no, ma non se ne curava più di tanto. Così da quel giorno Buby (come la chiamavano in cucina) rimase accanto a Piero ascoltandolo con attenzione, parlando poco e solo quando lui aveva bisogno di ascoltarla; il vecchio pianoforte si abituò ben presto a quella coccolosa presenza, le teneva calda la coda fredda e nera.

Un pomeriggio Buby abbandonò la sua posizione di coda, si avvicinò alla tastiera lentamente, poi dopo essersi stiracchiata per bene, voltando il sederone al vicino violoncello che stava già origliando, disse a Piero tutto quello che pensava della sua disavventura, lo disse in un soffio come se volesse tradurlo da un sogno, liberarlo da quegli occhi che vedevano oltre il presente.
" Il tuo "la", è fuggito con il vento della cometa; quella sera in cui suonavi non c'era un filo di aria, poi è arrivato all'improvviso Lui".
"Ma Buby era la solita folata di primavera, si è aperta la finestra e..",
" No, io conosco tutti i venti, Lui non l'avevo mai sentito ma so che è il vento che accompagna Tempel, una maga-cometa che passa vicino alla terra accompagnata da un vento cinico e vorace che le porta tutti gli insofferenti che vogliono fuggire dalla noia, dalle delusioni, o semplicemente da una vita che a loro non piace più; si rifugiano da lei come Pinocchio nel paese dei balocchi, sperando di arrivare in un mondo dove potranno avere tutto ciò che vogliono. è un attimo, guardano in alto e la cometa li strega con la sua luce, il suo vagabondare nella libertà del cielo, verso nuovi mondi dove nulla è già visto, e allora si lasciano incantare da quel vento strano che nasce dalla sua coda e che li rapisce portandoli da lei. In questo momento stanno per raggiungerla un arcobaleno che ha perso i colori, il 29 febbraio che vorrebbe entrare tutti gli anni nel calendario, un povero lampo abbandonato dal suo temporale, un pesce che vorrebbe volare , un uccello che vorrebbe nuotare, un gruppo di diavoli che vorrebbero diventare padroni dell'universo, e un giovane astronomo innamorato della cometa.
" Ma allora non tornerà mai più, sarà felice con gli altri in un universo di luce, sempre in viaggio, raggiungerà altri mondi dove ci saranno tanti colori, calendari ospitali, dove i lampi non avranno bisogno dei temporali, si suonerà musica nuova e lui finalmente potrà trovare il suo ritmo ideale, libero da concerti, melodie settecentesche, spartiti e.......vecchi pianoforti, e non penserà più al suo amico Piero".
" Invece non sarà affatto così, la maga-cometa non è un mondo di luce e libertà, è fatta di freddo e di ghiaccio...e anche sporco !, lei corre veloce come un treno impazzito verso le tenebre e il suo ghiaccio stritola lentamente quegli sciocchi che si sono affidati a lei, i loro sogni diventano cibo per la sua famelica coda che divora tutto come un pitone".
"Perchè mi dici così", piagnucolò il povero pianoforte, " sei cattiva oggi" e tacque scricchiolando come se il legno invecchiasse di colpo sotto il peso di quelle parole.
Bubasti saltò giù zampettando verso la cucina, doveva dirglielo, lei ora avrebbe tentato qualche cosa per salvare il "la" , ma era giusto che Piero fosse al corrente della situazione, era doloroso per lui, sempre più a suo agio nella fantasia che nella realtà, ma a volte pensare al peggio ci si prepara a un'inaspettata gioia.

La cucina era buia e la grande fiamma nel camino sembrava assorbire tutta quella oscurità, Buby le si accoccolò davanti, lo faceva sempre quando era giù di morale, la grande fiamma la scaldava dentro e fuori sciogliendole grumi di tristezza. "Che c'e Buby?, non riesci proprio a ritrovare il "la" di Piero?", anche lei sapeva, come tutti del resto nella grande casa antica.
" è imprigionato dalla sua ambizione, e ancor di più dal ghiaccio di quella cometaccia gelida e divorante come il suo amico vento... " non riuscì più a proseguire, grosse lacrimone le si erano fermate sui baffi come perle in bilico.
"Buby, il ghiaccio non si scioglie con il fuoco?",
"sì, ma...",
" Io sono il fuoco, sono giovane, guizzante, coraggiosa e con un pò di fortuna potrò raggiungerli".
Chi aveva parlato con tanto entusiasmo era la fiammella Ginger, che guizzava come un ricciolo scomposto proprio sulla cima della fiamma-madre.
"Che dici Ginger?", la rimproverò la genitrice, lanciando bagliori inquietanti tutt'intorno, tanto che anche Buby spostò un pò indietro il suo sederone ma non staccò un attimo i grandi, attenti occhioni trasparenti da quella linguacciuta inquieta.
. "Ma che ci vuole mamma!?, mi farò accompagnare da Jason, in quattro folate saremo lassù..." .
" Oh, quel fanfarone che ti arieggia attorno e ogni tanto riesce a infilarsi nel camino per scarruffarti tutta, vi ho visti, stai attenta Ginger, dare troppa confidenza ai venti può esserti fatale, ti troverai in cenere prima o poi."
La fiamma- madre esagerava sempre un pò, pensò Buby, ma l'idea di Ginger non le sembrava niente male, e comunque, attualmente era l'unica strategia a portata di mano, l'avarizia del tempo difficilmente avrebbe permesso altre soluzioni.
A questo punto penso sia doveroso presentare l'amico di Ginger. Jason, era un giovane vento incostante e un pò cialtrone, si faceva vivo sopratutto al tramonto, amoreggiando, con la complicità di alcuni benevoli camini, con giovani e flessuose fiammelle, che in quelle ore si accendevano un pò ovunque.
Buby si spostò adagio verso l'angolo in penombra del camino, da dove poteva parlottare un pò in disparte con Ginger, mentre la fiamma-madre si sporgeva con la sua bruciante corposità verso Armida, la malandata sedia a dondolo che se ne stava sempre volentieri vicino al fuoco per scaldarsi il vecchio legno, diceva lei, ma in realtà le due amiche spettegolavano senza ritegno su tutto il personale della villa, e mentre in quel momento si infervoravano sull'ultima ghiotta notizia del giorno Buby e Ginger, unendo la saggezza della prima e la voglia d'avventura della seconda, prepararono un piano d'attacco. Fu un piano disperato, tutto o quasi era affidato alla fortuna, gli eventuali guasti si sarebbero riparati in corsa, avrebbe poi detto Jason, usando un frasario maschio da Quattroruote. Partirono. Jason scese impetuoso, scompigliando cenere, fiamme e pentoloni, poi risalì portandosi con sè Ginger, la fiamma-madre li seguì finchè potè lanciando infernali bagliori tutt'intorno, Armida rischiò brutto, ma si riprese tutta eccitata, finalmente c'era qualche cosa di veramente grosso da spettegolare!, poi continuò gongolante un dondolio ritmato come ai vecchi tempi.
La notte della fuga di Ginger e Jason era fredda e tersa, dall'alto la fiammella vedeva per la prima volta il cielo, Jason le frusciava attorno proteggendola ,attento che lei fosse sempre vibrante, e quando si ripiegava su se stessa un pò stanca , la scompigliava dolcemente finchè la vedeva guizzare di nuovo come una ballerina, poi ripartivano sfidando tutte le leggi fisiche di questo mondo, ma si sa che nelle magie tutto può succedere.

Jason e Ginger avevano un nemico: il ventaccio famelico che aveva rapito il "la" di Piero e gli altri creduloni, cedere ai suoi vortici significava diventare nutrimento della maga-cometa. Ginger stava guardando affascinata la Terra che si allontanava sempre più tonda e colorata, quando improvvisamente apparve un enorme massa luminosa , ghiacciata; dentro di lei si vedevano, bianchi come statue, strani personaggi, in un'immobilità terrificante, solo gli sguardi di alcuni sciagurati erano vivi, terrorizzati o imploranti, e Lei avanzava imponente portandoseli tutti con sè scricchiolando nelle tenebre dell'infinito. Jason e Ginger si accorsero che qualche cosa li chiamava, un debole suono cristallizzato, a tratti riusciva a liberarsi , gemendo sempre più flebile tra l'incolore arcobaleno e un galletto in ferro di un campanile ormai già accartocciato che avrebbe voluto un pollaio vero tutto per sè.
" è il "la" di Piero quello che sento, vuole dirci qualche cosa"
Ginger era così agitata che quasi si spense, Jason la stava raggiungendo più veloce che poteva per non farla spirare quando fu investito da un vortice freddo, tagliente, era il fedele vento della cometa, i due venti lottarono come in una tempesta mentre l'immane vascello di ghiaccio con i suoi dannati si allontanava veloce. Jason, allo sfinimento, raccolse le ultime forze per raggiungere la cometa tenendo stretta Ginger, l'altro li seguiva carico di furore, ma la parete di ghiaccio da dove proveniva il gemito era sempre più vicina, Ginger capì all'ultimo istante che sarebbero andati a cozzarle addosso come siluri. E così fu, esplose un botto tremendo, luce, fuoco, ghiaccio, crolli e rumori come frustate, ma Ginger rimaneva viva, vibrante e cresceva...cresceva...cresceva..come un incendio su quelle superfici lisce e trasparenti che cominciavano a sciogliersi come lacrime, Jason invece andava spegnendosi in un debole fruscio, quasi del tutto divorato da quel vento demoniaco, improvvisamente si sciolse anche il ghiaccio che imprigionava il lampo fuggito al suo temporale, che appena libero si scagliò con tutta la sua forza in quel turbine contento di ritrovarsi ancora dopo tanta immobilità in mezzo a una tempesta , il vento cattivo non era mai stato tra tuoni e lampi, così quell'improvvisa lama di fuoco che si scagliava su di lui lo sconvolse dal terrore, cercò l'aiuto della sua compagna, ma lei si stava riducendo in un brutto grumo di ghiaccio squallido e impotente, il ventaccio sentendosi solo, perduto, si infiacchì e in quell'attimo di debolezza il lampo lo divorò del tutto per poi lanciarsi laggiù verso la Terra, dove lo stavano aspettando tante nubi buie e gonfie impazienti di raggiungere insieme a lui nuovi temporali.
Ginger non si era mai sentita così bene, vibrante e potente. Con il lampo fuggirono via quelli che ancora potevano salvarsi, ad un tratto udì un suono cristallino, puro,una nota perfettamente accordata risuonò allegra attorno a lei prima di tuffarsi laggiù, seguendo gli altri, accompagnando una vecchia canzone che era fuggita con la Cometa perchè nessuno la suonava più.
Ora quei fuggiaschi erano liberi, e sopratutto liberati da quelle ingannevoli illusioni ormai dissolte come il ghiaccio della Maga Cometa.
Ginger era stata completamente assorbita da quegli avvenimenti, paura sorpresa ed entusiasmo si erano susseguiti velocemente, ora però tutto stava per concludersi, era sola in tutto quel vuoto, e Jason dov'era?, si sentì inghiottire verso il basso, turbinò su se stessa per poi precipitare giù come una stella cadente in quel cielo nero e freddo.
Era notte fonda nella grande cucina quasi buia, la fiamma madre aspettava silenziosa la sua piccola Ginger. Armida, davanti a lei non osava neppure accennare un debole dondolio per paura di scricchiolare, aveva detto tutto quello che il suo vecchio legno gli aveva suggerito per consolare l'amica, ma ora davanti a loro c'era la realtà, e la realtà era solo una vecchia sedia a dondolo e un debole fuoco che si spegneva nella cenere in quel silenzio denso che solo di notte abita da quelle parti.
Armida ricordò che qualcuno gli aveva detto che l'ora più buia è quella che precede l'alba e proprio in quel momento più buio udì Piero. Lo udirono benissimo tutti, da Armida alla contessa, dagli altri strumenti a Buby che sonnecchiava triste accanto alla cenere. Tutta la grande dimora vibrava, risvegliata da quella musica cristallina, perfetta; le note volavano nell'aria liberate da un incantesimo,
rimbalzavano eccitate tra cristalli e ceramiche, e tutte rincorrevano festose il "La" di Piero, finalmente ritornato, Mi e Si lo stuzzicavano corteggiandolo, Fa, che si sentiva un pò la mamma della famigliola musicale lo accompagnava con rinnovata tenerezza, Re cercava di tenerlo un pò basso perchè voleva sapere tutto dell'avventura nello spazio, Sol ostentava un'aria di rimprovero per quella fuga ingiustificata che aveva fatto tanto soffrire Piero e tenuto tutta la famiglia musicale disoccupata per tanto tempo, Do infine era solamente estasiato per sentirlo ancora, e per giunta intonato più che mai.

Gli altri strumenti tacevano, Piero era ritornato il più amato, ammirato e ascoltato, loro inevitabilmente sarebbero ritornati comprimari, nella sua ombra.
Ma il pandemonio più piacevole scoppiò poco dopo, quando un vento sfacciato sbuffò nel camino alzando una nube di cenere, svegliò la fiamma madre, diede uno spintone ad Armida che dondolò tutta eccitata cercando di scricchiolare il meno possibile per sembrare più giovane, soffiò sui baffi di Buby, che dormicchiava con un occhio aperto perchè era certa che qualcuno sarebbe tornato con una bella notizia, mescolò tutti quegli odori di cucina che a lui piacevano tanto, poi riprese a scompigliare un pò la sua Ginger, sì proprio lei, che ritornata con Jason stava finendo di raccontare a tutti l'avventura nello spazio. Le pentole erano le più eccitate, quando si giunse alla distruzione della Cometa fecero cadere tutti i coperchi per il sollievo. " Quella là... mezza cometa, mezza strega " miagolò Buby, " più strega che cometa " scricchiolò sicura di sè Armida.
Infine zittirono tutti con il fiato sospeso quando raccontò del suo malore, ridotta a un lumicino prima che finalmente Jason riuscisse a raggiungerla e portarla via con sè, quando al lieto fine presentò lo sfacciato venticello come il suo fidanzato, pentole, coperchi e tutta la cucina sospirarono gongolanti, mentre la fiamma madre avvampò su per il camino, poi ritornò ad allargarsi in basso fiammeggiando sinistramente verso il vento-genero. Quello sventato aveva portato la sua Ginger in un'avventura pericolosissima, ma in fondo, sussurrò confidandosi con Armida, se era riuscito a tenerla accesa nello spazio sarebbe stato in futuro un compagno protettivo per la sua figliola.
Buby lasciò la ventosa cucina, seguì dondolandosi le note che provenivano dal salone, l'attraversò lenta e sicura, lanciò solo uno sguardo un pò ironico al gruppo degli altri strumenti, che abbassarono vergognosi il volume, e arrivò davanti a Piero, lui smise di suonare un attimo, come si accoglie con rispetto un gran personaggio, lei saltò sulla coda del pianoforte e si accoccolò come nei giorni tristi in cui Piero le raccontava la sua vita, poi il pianoforte riprese a suonare accompagnato da un "La" come nuovo, Buby sospirò soddisfatta addormentandosi del tutto, con tutte e due gli occhi finalmente chiusi
.La strana storia finisce qui, lasciai quei luoghi poco tempo dopo, ma so per certo che ad ogni concerto di primavera è presente tra gli ospiti d'onore anche una grassa gatta acciambellata in fondo alla coda del pianoforte.
Ancora oggi, nella grande dimora delle magìe si racconta la vera storia dell'umiliante assalto subito dalla maga-cometa Tempel del quale gli scienziati sapientoni vorrebbero farci credere di esserne i responsabili, ma noi sappiamo come andò tutta la faccenda e chi furono i veri eroi.
Mi piacerebbe tanto ritornare nel grande palazzo vicino al mare, ma ora sono al di là del parco, dove la vita corre in fretta e nessuno vuol credere che le magìe esistono.

4 luglio 2005 - Un robot cosmico della Nasa scaglierà un proiettile di 372 chilogrammi sulla superficie ghiacciata della cometa Tempel, allo scopo di analizzarne la composizione.

ISABELLA CATTANEO
e.mail: cattaneo.isabella@fastwebnet.it

 


 

Coordinamento: Pasqua Gandolfi
© Copyright Astrocultura UAI  2003