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Filosofia

Le Concezioni di Spazio e Tempo nella Tradizione Hindu
Stefania Ferrari

Osservatorio Astronomico “G. D. Cassini” di Perinaldo


Introduzione
I testi della tradizione hindu presentano molteplici visioni della struttura spazio-temporale dell'universo. Diamo qui una visione d'insieme dei concetti di spazio e tempo ricorrenti nei principali testi, prendendo spunto in particolare dalla "Bhagavad-Gita" (il "Canto del Beato"), famoso episodio del poema epico "Mahabharata" e tra i più popolari testi spirituali indiani, composto nel IV-III secolo a.C.

Lo Spazio

Nella tradizione hindu si ritiene che esistano infiniti universi, strutturati a strati concentrici nel seguente modo:
- strato inferiore (gli inferi)
- strato mediano (il mondo terrestre)
- strato superiore (il mondo celeste)

Nel nostro mondo celeste troviamo tutti gli oggetti astronomici conosciuti: la Luna, il Sole, i pianeti, le stelle, che si posizionano via via sempre più distanti dalla Terra. Oltre a questi, definiti "pianeti materiali", prettamente astronomici, nella Bhagavad-Gita si fa menzione anche di altri pianeti materiali ma cosiddetti "superiori", in quanto abitati dagli dèi, fino ad arrivare al pianeta superiore più lontano e importante, chiamato Brahmaloka, il pianeta in cui dimora il dio Brahma.
Gli esseri umani che vivono sulla Terra, possono, in base alle loro colpe o ai loro meriti, rinascere nello strato inferiore, in quello mediano o in quello superiore. Occorre ricordare però che anche se si rinasce nei mondi o pianeti superiori come dèi, si rimane sempre soggetti al ciclo vita-morte-rinascita. Solo la completa liberazione dal mondo materiale tramite la devozione nei confronti del Dio Supremo (nel testo citato impersonato da Krishna, eroe mitologico incarnazione del dio Visnù) permetterà di poter raggiungere un pianeta non del mondo materiale, ma di quello spirituale, Krishnaloka, o Goloka, il pianeta spirituale di Krishna, e di sconfiggere per sempre il ciclo delle rinascite [1].

Il Tempo

Il tempo si conta a partire da un'unità di misura molto piccola, il "battito di ciglia" di un uomo. A partire da una serie particolare di suoi multipli, si arriva alla definizione del giorno umano e quindi dell'anno umano. Ma un anno degli uomini corrisponde solamente ad un giorno degli dei, ed è sulla base degli anni divini che si costruisce la struttura delle ere cosmiche [2]:

1 anno umano = 1 giorno degli dei (giorno divino)
360 anni umani = un anno divino
12.000 anni divini = 1 grande era (mahayuga)
1.000 grandi ere = 1 età del mondo o "giorno di Brahma" (kalpa) = 432 x 107 anni umani
100 anni di Brahma = vita di Brahma = 432x 109 anni divini = 15.552 x 1010 anni umani

Un'età del mondo (kalpa) corrisponde ad un giorno della vita di Brahma. Alla fine di ogni giorno comincia la notte di Brahma, in corrispondenza della quale l'Universo fisico si dissolve temporaneamente riassorbendosi nel caos indifferenziato delle origini, l'"Uno indifferenziato"; fino all'alba che segna l'inizio di un nuovo giorno di Brahma in cui l'universo si manifesta nuovamente. Queste continue dissoluzioni del mondo si susseguono per un'intera vita di Brahma, che dura 100 anni di 360 giorni. Alla fine di questa vita, Brahma muore e si verifica una "Grande Dissoluzione" del mondo. Visnù si risveglia dal suo sonno profondo, e con l'energia del suo respiro induce la rinascita di Brahma, con la quale si dà inizio ad una nuova vita del dio, e quindi ad una nuova origine dell'Universo.

Le Ere Cosmiche

Il mahayuga è suddiviso in quattro ere cosmiche o yuga, le quali rappresentano la progressiva decadenza delle virtù degli esseri umani. I nomi di queste ere corrispondono a quelli dei colpi del gioco dei dadi (dal vincente al perdente):

Krta: durata 4000 anni divini più due crepuscoli di 400 anni divini ciascuno;
Treta: durata 3000 anni divini più due crepuscoli di 300 anni divini ciascuno;
Dvapara: durata 2000 anni divini più due crepuscoli di 200 anni divini ciascuno;
Kàli: durata 1000 anni divini più due crepuscoli di 100 anni divini ciascuno.

Il Krta è l'era perfetta, in cui regnano giustizia e verità; il Treta è l'era in cui la saggezza deve essere acquisita con il sapere e lo studio; nel Dvapara il sorgere delle passioni comincia a incrinare la saggezza acquisita; nell'era Kali prevalgono violenza e ingiustizia [1].
Al termine di ogni singolo yuga, il dio Visnù discende sulla Terra per riportare l'ordine. L'ultima discesa, avvenuta tramite l'incarnazione nell'eroe mitologico Krishna, segna il passaggio dallo yuga Dvapara a quello Kali; l'inizio dell'era Kali coincide con la morte di Krishna, che viene collocata tradizionalmente nel 3102 a.C.. Pertanto, secondo questa classificazione noi ci troviamo attualmente all'inizio dell'era Kali (la peggiore...), più precisamente, nel crepuscolo mattutino del Kaliyuga. Sempre secondo la tradizione, il mahayuga che comprende questo nostro attuale yuga, si colloca nel primo kalpa del 51° compleanno di Brahma, kalpa che prende il nome di Età del Cinghiale [2].

Il "Batter di Ciglia" del Supremo

Un'intera vita di Brahma, tutto questo tempo incredibilmente lungo e inconcepibile dalla mente degli uomini, non è, però, altro che un semplice battito di ciglia del Supremo, di Dio, il quale si colloca al di sopra anche di Brahma stesso che, pur essendo un dio nasce e muore come gli uomini, seppure su scale temporali lunghissime. Al culmine di tutta quest'immensa scala di misure temporali, il battito di ciglia umano si riflette in quello di Dio: e l'universo non è altro che il periodico manifestarsi di un attimo di transitorietà, un breve pensiero, nella mente di Dio.


Note Bibliografiche

[1] A.C.B.S. Prabhupada, La Bhagavad-Gita così com'è, The Bhaktivedanta Book Trust, Italia,1990
[2] Piano Stefano, Sanatana Dharma, un incontro con l'induismo, Edizioni San Paolo, Milano, 1996


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