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Filosofia

Rig Veda
Stefania Ferrari

Osservatorio Astronomico “G. D. Cassini” di Perinaldo


La Genesi dell’Universo negli inni del Rig Veda

Introduzione. Presentiamo qui alcuni interessanti brani tratti dal più antico dei testi dell’induismo, il Rig Veda. Questi brani affrontano esplicitamente alcune teorie sulla genesi dell’Universo e il problema della sua conoscenza.
Il Rig Veda
Il Rig Veda è uno dei più antichi e importanti testi filosofici e mitologici dell’induismo. Fa parte di un complesso di quattro raccolte di inni in lingua sanscrita denominate “Veda” (parola che significa “sapere”): Rig, Yajur, Sama, e Atharva. Gli indù ritengono che questi inni siano “parole divine” : pronunciate direttamente dall’Ente Supremo, creatore dell’Universo con un atto di amore e di sacrificio, con lo stesso amore offrì a tutta l’umanità le parole divine dei Veda attraverso la saggia guida dei profeti [1].
Non è chiaro in quale preciso periodo storico siano nati questi testi; si ritiene che siano stati composti come inni e poi successivamente messi per iscritto tra il 3500 A.C. e il 1300 A.C. [2].
il Rig Veda è il testo più importante, pietra miliare per le altre tre raccolte. E’ composto da 10 “mandala” o libri, contenenti in tutto 1028 “suktas” o inni, per un totale di 10600 “riks” o versi. Nelle altre tre raccolte vengono rielaborati gli argomenti già presenti nel Rig Veda e contengono in prevalenza preghiere, inni rituali e di devozione, canti. Le quattro raccolte mostrano tuttavia variazioni di stile e dizione, e sembrano separate da diverse centinaia o anche migliaia di anni.
L’Inno della Creazione

Gli inni del Rig Veda sono dedicati, nella stragrande maggioranza dei casi, a divinità che rappresentano personificazioni dei poteri della natura. Ma alcuni brani hanno come argomento le speculazioni sull’origine del mondo attraverso l’azione di un creatore. In particolare, un inno intitolato “Inno della Creazione” (Rig Veda X.129) è molto interessante perché espone una teoria della genesi dell’Universo senza il diretto intervento di una divinità specifica. Ecco il testo dell’inno, tradotto dall’inglese, come viene esposto in un saggio universitario pubblicato in India [2]

In quel momento non vi era né l'esistente, né il non-esistente.
Non vi era aria, né il cielo che è al di là.
Che cosa conteneva? Dove? Chi proteggeva?
C'era l'acqua, insondabile, profonda?

In quel momento non vi era né la morte né l'immortalità.
Non vi era segno della notte, né nel giorno.
L'Uno respirava, senza respiro, con il suo stesso potere.
Oltre a quello non vi era nient'altro.

In principio vi era oscurità nascosta da oscurità;
indistinguibile, tutto questo era acqua.
Ciò che era nascosto dal vuoto, l'Uno, venendo in essere,
sorse attraverso il potere dell'ardore.

In principio il desiderio venne prima di tutto,
che fu il primo seme della mente.
I saggi che cercavano nei loro cuori con saggezza
scoprirono il legame dell'esistente con il non-esistente.

La loro corda fu estesa attraverso:
che cosa c'era al di sotto e che cosa c'era al di sopra?
C'erano portatori di semi, c'erano poteri;
vi era energia al di sotto, e impulso al di sopra.

Chi lo sa veramente? Chi può qui dichiarare
da dove è stata prodotta, da dove viene la creazione?
Dalla creazione di questo universo gli Dei vennero successivamente:
chi allora sa da dove ciò è sorto?

Da dove questa creazione sia sorta,
se lui l'ha fondata oppure no:
lui che la sorveglia nel più alto dei cieli,
lui solo lo sa, o forse non lo sa.

La creazione viene descritta semplicemente come un passaggio dal non-esistente all’esistente, dal vuoto alla materia, ma non è possibile affermare di più: la mente umana non può concepire il nulla. Infatti prima della creazione non può esistere alcuna realtà, alcun concetto come quello di esistenza, e neanche la sua negazione. Non solo, ma anche gli Dei non possono essere d’aiuto, in quanto sono stati generati dopo la creazione stessa. Solo un’intuizione, una presa di coscienza dell’uomo distolta dal mondo dell’impermanenza e del continuo movimento, può forse, come i Saggi del testo, arrivare a sperimentare fisicamente l’inconcepibile.

Il Mantra fondamentale OM

La parola “mantra” significa preghiera, inno, formula sacra. Più che per il significato della parole di cui è costituito, il valore del mantra è riposto nel suono che esso produce durante la sua recitazione. Un mantra famoso e a lungo citato che si legge nel Rig Veda è quello detto della Dea Madre Gayatri, di cui riporto la traduzione dall’inglese [1]:

OM, il supremo divino Creatore, che permea le tre regioni cosmiche: la Terra, l’etereo Cielo, e il Paradiso, noi contempliamo nell’adorabile gloria del Sole; che noi possiamo assimilare in noi stessi le sue splendenti qualità della luce vitale e dell’energia.

E preghiamo affinché ci possa stimolare e ispirare con il potere dell’Intelligenza, e che ci guidi nella via al divino, il Grande Uno, per fare buone e nobili azioni.


La parola OM assume qui un significato che va oltre il suo semplice suono. Il mantra OM viene identificato con il divino suono primordiale, dalla cui vibrazione scaturisce la creazione dell’intero universo. Ecco un passo tratto dall’Atharva Veda (IV-1-4) che chiarisce questo concetto [1]:

L’Uno che creò l’intero Universo è chiamato il Padre e il Signore.

Da lui fu emessa la vibrazione del suono OM, che conferisce la vita a tutto il cosmo.

Possa questa parola primordiale espandere ovunque, cantando la lode a Brahma, la sorgente della vita e dell’energia, il Sole.


Come viene sottolineato più volte nelle Upanishad, raccolta di testi filosofici successivi ai Veda, il mantra OM è identificato con Brahman, l’Essere Assoluto e impersonale, creatore di tutto l’Universo. Pronunciare questo suono ha quindi, per gli induisti, il significato di avvicinarsi allo stato primordiale dell’esistenza, all’istante preciso in cui dal non-esistente si passa all’esistente, dall’indifferenziato al differenziato, in altre parole ad entrare in “risonanza” con l’istante esatto della creazione.

                                 

il simbolo del mantra OM


Bibliografia
[1] Ramachandra T., The Immortal Vedic Hymns, Sanatan Dharma Trust, London, 1981

[[2] Macdonell Arthur A., A Vedic Reader for Students, Oxford University Press., India, 1990

[3] Harvey Andrew, Sulle Orme di Dio Cinquemila anni di misticismo indiano, Astrolabio- Ubaldini Editore, Roma, 2002


[4] Lauro Michele, Induismo, Giunti Editore, Firenze, 2002



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