ASTRONOMIA
E METAFISICA
NELLO SCHEMA DANTESCO:
ANALISI DEL PRIMO CANTO
DEL PARADISO
di Clara Giovanetti
La gloria
di colui che tutto move
per l'universo penetra e risplende
in una parte più e meno altrove :
Nel
ciel che più de la sua luce prende fu' io, e vidi cose
che ridire
né sa né pò chi di là su discende
( Vv. 1-6 )
E' tra le terzine più belle di tutta la Commedia, oltre
che uno dei pensieri più intensi per esprimere un altissimo
concetto divino e la fede religiosa d'ogni uomo e d'ogni
tempo.
La Cantica del Paradiso, per l'intera struttura che la
compone e per le dotte materie trattate, è quella più
interamente cosmologica, metafisica ed astronomica di
tutta la Divina Commedia.
Poteva non essere proprio quest'ultima Cantica, quella
dell'ascesa al cielo, così architettata ? No, non poteva.
Dante sale al cielo, spinta simmetrica a quella dell'ascensione
al Paradiso celeste, ma il parallelismo Paradiso-Firmamento
non è semplicisticamente legato al moto ascensionale.
E' il meccanismo sofisticato, perfetto, ancorché misterioso
dell'Universo che fa ragionare Dante di astronomia.
Per il Poeta un grande Piano divino regola i moti di tutte
le creature esistenti nello sconfinato edificio cosmico.
Quindi anche l'Universo, esecuzione d'un grande disegno
scaturito dalla Mente Creativa che l'uomo in terra chiama
Dio, è regolato dalla Suprema Gloria dell'Altissimo.
Ogni galassia ha questo stesso garante spirituale e l'equilibrio
del cosmo testimonia la perfezione di Colui che l'ha edificato.
Sotto questa ottica Dante sale al cielo e sotto lo stesso
principio teologico esamina ed enuncia le dottrine astronomiche
del suo tempo.
Tuttavia tutta la sua produzione letteraria, e in particolare
la Divina Commedia, è ricca di riferimenti astronomici
e cosmologici puntuali e a volte sorprendenti, tenuto
conto delle acquisizioni medievali della materia.
La conoscenza astronomica di Dante è mutuata da Aristotele
e dalla sistemazione cristiana da parte di Tommaso D'Aquino
delle dottrine aristoteliche.
Sulla base di queste, la struttura gerarchica del Paradiso
dantesco attua una relazione con le leggi astronomiche
dell'Universo.
E' una trasposizione filosofica e metafisica che vede
il cosmo una compagine lontana, misteriosa ma perfetta
al pari del Paradiso celeste.
La Divina Commedia è una straordinaria opera con vari
piani di lettura: quello poetico-linguistico, estetico-letterario,
storico-esegetico, numerico-simbolico, scientifico per
quasi ogni sua disciplina e... - dobbiamo continuare?
- ma il prospetto astronomico è presente perché neanche
Dante è sfuggito al fascino che, da sempre, il cielo e
l'universo esercitano sull'uomo.
Il I canto contiene sì la spiegazione dantesca, scientifica
e metafisica, dell'ascensione dei corpi, ma per fornirla
Dante ha bisogno di indicare la stagione astronomica di
questo avvenimento attraverso la posizione del sole, "lucerna
del mondo":
Surge ai mortali per diverse foci
la lucerna del mondo; ma da quella che quattro cerchi
giugne con tre croci, con miglior corso e con migliore
stella esce congiunta, e la mondana cera più a suo modo
tempera e suggella
( Vv. 37-42 )
La stagione è quella dell'equinozio di primavera, condizione
astrale particolarmente favorevole, perchè il sole si
trovava nel segno dell'Ariete come nel momento della Creazione
e della nascita di Gesù.
Lucerna del mondo è il sole, lucerna del mondo è Dio,
in molte religioni rappresentato proprio dall'astro vitale.
Tuttavia, mentre si addentra nella speculazione teologica
più fine, in nessun caso trascura le più scientifiche
nozioni di astronomia:
fatto avea
di là mane e di qua sera tal foce, e quasi tutto era là
bianco quello emisperio, e l'altra parte nera, quando
Beatrice in sul sinistro fianco vidi rivolta e riguardar
nel sole
( Vv. 43-47 )
parafrasando diciamo: "aveva prodotto il sole, di là (Purgatorio)
giorno, e di qua (Gerusalemme) sera, e quasi tutto l'emisfero
(australe) era illuminato, mentre quello (boreale) era
coperto di tenebre, quando vidi Beatrice, guardare verso
levante, sul punto di mezzogiorno, avere il sole alla
sua sinistra".
Il poeta qui parla del punto cardinale di levante dove
il sole si leva negli equinozi di primavera e d'autunno.
Oltre ad essere simboli di Virtù cardinali e teologali,
i quattro cerchi sono l'equatore, l'eclittica che taglia
l'equatore, il meridiano che passa per il punto equinoziale
e l'orizzonte. Dalla loro intersecazione si generano tre
croci.
Sorprendente è che parli di emisperio. La prima,
istintiva riflessione che vien da fare è: "Ma, ai tempi
di Dante, non si pensava che la terra fosse piatta?";
poi si ragiona che per emisperio si intende la
sfera celeste.
La filosofia aristotelica, cui si rifaceva la cosmologia
tolemaica (che considerava la Terra, lo ricordiamo, immobile
al centro dell'universo attorno a cui ruotavano i pianeti,
il Sole e la Luna), si era tramandata fino al Medioevo.
Si pensava che i corpi celesti, stelle comprese, fossero
incastonati su sfere concentriche (dette anche cieli)
alla Terra disposte nel seguente ordine: sfera della Luna,
di Mercurio, di Venere, del Sole, di Marte, Giove, Saturno
e quello delle stelle fisse; l'ultimo secondo Aristotele
per il quale l'universo era finito.
Tolomeo aggiunse alle otto sfere aristoteliche una nona:
la sfera cristallina o "Primum Mobile".
Le dottrine astronomiche cristiane oltre il Primo Mobile
pongono l'Empireo, la dimora di Dio, l'unico vero cielo
fisso che imprime movimento a tutti gli altri.
Questa è la conoscenza cosmologica di cui Dante dispone
ed è la stessa che ritroviamo in tutto il Paradiso. Nella
sua ascesa verso il firmamento egli attraversa tutte le
nove sfere e arrivato al Primo Mobile, il limite dello
spazio, con l'aiuto di Beatrice riesce a guardare verso
l'Empireo fatto di pura luce.
E qui dimostra la teoria dell'umana ascensione al cielo:
Quando la
rota che tu sempiterni desiderato, a sé mi fece atteso
con l'armonia che temperi e discerni parvemi allor del
cielo acceso de la fiamma del sol, che pioggia o fiume
lago non fece alcun tanto disteso.
( Vv. 76-81 )
Sempre parafrasando spieghiamo che: "allorchè richiamò
la mia attenzione il moto rotante delle sfere celesti,
che dura in eterno e che infonde il perpetuo desiderio
nell'animo umano di ricongiungersi a Dio, mi parve così
grande quella parte del cielo, accendersi dalla fiamma
del sole, che mai eccesso di piogge o straripamento di
fiumi formarono lago più ampio".
Dante qui, oltre al fine principio metafisico e teologico,
non dimentica la scientificità astronomica: la teoria
è quella pitagorica e platonica dell'armonia delle sfere
celesti, respinta da Aristotele e dalla tradizione aristotelica
del Medioevo.
Il grande lume è la luminosità delle sfere celesti,
affine a quella degli astri.
Questa grande bellezza diventa percepibile dall'anima,
rapita dai sensi e purificata, che muove quindi verso
la volta celeste.
Se in stato di normalità non sarebbe possibile tale fenomeno,
una volta raggiunto lo stato in cui Dante si trova, innaturale
sarebbe non elevarsi.
Egli lo enuncia molto compiutamente: lo spirito tende
naturalmente a ricongiungersi a Dio.
Proseguendo nell'indagine del I canto del Paradiso:
la novità del suono e 'l grande lume di lor cagion...
accesero… a Dante un disio di Paradiso. Ma
quello stesso disio a noi ricorda il desiderio
di Perfezione e Assoluto che pungola ogni astrofilo.
Questo passo non ha un'unica interpretazione: per Sapegno
quella della luminosità delle sfere celesti è la più attendibile,
per altri invece 'l grande lume è proprio il Sole
che appare tanto più grande quanto più ci si avvicina
ad esso; per altri ancora esso rappresenta il corpo della
Luna.
Per concludere diciamo, con Dante, che la perfezione non
sostiene soltanto le creature dotate di intelligenza e
volontà umane ma anche tutto il sistema del cosmo: l'ordine..
dell'universo cui... sono accline tutte nature...
ne porta il foco inver la luna. Di nuovo teologia
ed astronomia.
Cioè, sempre secondo le dottrine astronomiche medievali,
quell'ordine porta il sole verso il cielo della
luna e quindi tutto verso la perfezione.
Il canto si chiude con la prosecuzione dell'ascesa:
Quinci (Beatrice) rivolse inver lo cielo il viso.