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Cosmologia


 Prima mappa in 3D dell’impalcatura della materia oscura nell’Universo
di Davide Valentinis


Oggetti invisibili

La ricostruzione tridimensionale della forma e della distribuzione della materia oscura nel cosmo visibile rappresenta un progresso notevole nella nostra conoscenza scientifica dell’Universo. L’impegno congiunto delle principali organizzazioni mondiali operanti nell’ambito dell’Astronomia, della Fisica, della scienza e della tecnologia spaziale, ha consentito di raccogliere e rielaborare i dati provenienti da innumerevoli osservazioni celesti, per tentare di comprendere la natura e l’azione di strutture presenti nello spazio interstellare ma totalmente invisibili ai nostri strumenti e ai nostri occhi.

Innanzitutto una domanda intelligente: che cos’è la materia oscura?

In realtà per ora siamo in grado di elencare semplicemente quello che non è materia oscura. La ragione fondamentale è quella già esposta sopra, ossia la nostra incapacità di identificare e visualizzare tali masse in modo diretto attraverso i dispositivi di osservazione odierni.

Ecco allora un’altra domanda intelligente: come possiamo sapere che la materia oscura esiste veramente nell’Universo?

Per fornire evidenze sperimentali della presenza effettiva di oggetti cosmici non visibili occorre operare in misura indiretta, ossia identificare gli effetti e l’influenza che queste strutture esercitano sulla materia ordinaria, quale quella di cui sono composti i pianeti, le stelle e le galassie. E dato che la forza fondamentale che predomina su vasta scala nello spazio è quella di gravità, risulta certamente più agevole localizzare gli oggetti invisibili riferendosi alla loro attrazione gravitazionale sugli altri corpi celesti.

Ipotizziamo allora che torniate a casa dopo una lunga ed estenuante giornata di lavoro. Quando aprite la porta del soggiorno, vi rendete conto che l’interruttore della luce si trova dalla parte opposta della stanza nella quale siete entrati. Offuscati dalla stanchezza, non ricordate nemmeno la disposizione dei mobili nel locale e non potete prevedere il percorso corretto da intraprendere per raggiungere il pulsante dell’illuminazione. Non avete scelta: dovete procedere a tentoni nell’oscurità sperando di non imbattervi nel famigerato vaso cinese. In altri termini, un urto a livello fisico vi segnalerà la presenza di un ostacolo sul vostro cammino; il numero di urti, o nel peggiore dei casi di lividi, riportati al termine del percorso corrisponderà alle masse che avete impattato durante la vostra ricerca.

Il procedimento è analogo a quello compiuto dagli scienziati impegnati nel progetto COSMOS: gli esperti hanno sfruttato uno specifico effetto fisico deducibile dalla teoria della Relatività generale di Albert Einstein e noto come lente gravitazionale.

Il fenomeno, la cui prima verifica sperimentale ha costituito un argomento essenziale a favore della concezione di Einstein, si riferisce all’attrazione gravitazionale esercitata da qualunque oggetto dotato di massa nei confronti dei raggi di luce. In realtà occorre precisare che non sono i fasci luminosi stessi ad essere deviati dalla loro traiettoria rettilinea, bensì è l’altra massa considerata che deforma e incurva la struttura dello spazio, costringendo la luce che si propaga nello spazio stesso a seguire una traiettoria curva.


La presenza di grandi masse distorce la trama dello spazio – tempo nello stesso modo di una sfera posta su un tappeto elastico; la luce è costretta a seguire una traiettoria curva ed in alcune circostanze la posizione in cielo di un oggetto luminoso può risultare deviata rispetto alle coordinate reali

Il medesimo effetto si verifica nei confronti della materia oscura: misurando la deflessione, ossia la deviazione dei raggi luminosi rispetto alla loro traiettoria rettilinea ideale, siamo in grado di identificare la presenza eventuale di masse invisibili nello spazio interstellare. La distorsione della luce proveniente dalle galassie lontane può essere tale da produrre veri e propri miraggi o spostamenti della posizione apparente di oggetti luminosi nel cielo dalle loro coordinate cosmiche effettive.

Un’ulteriore argomentazione a sostegno dell’esistenza di materia non visibile è la velocità di rotazione di determinate galassie quale la M31 o di Andromeda; i calcoli fondati unicamente sul totale della massa visibile di stelle ed altri corpi celesti prevedono un valore notevolmente minore di quello sperimentale, il che implica necessariamente la presenza di oggetti non visibili e dotati a loro volta di massa.


La galassia M31 o di Andromeda

Concludendo, possiamo distinguere la massa nel cosmo in due categorie fondamentali: la materia visibile ordinaria, o barionica, e quella oscura; la prima costituirebbe soltanto un decimo della quantità massiva totale nell’Universo visibile.

Una questione fondamentale resta insoluta, ossia la natura reale della materia oscura. Nel corso delle ricerche effettuate in tale ambito di studio sono stati proposti numerosi modelli di riferimento. Determinate descrizioni implicano l’esistenza di particelle di materia sconosciute, quali le WIMP o “particelle massive ad interazione debole”, oppure gli assioni, predetti dalle teorie delle interazioni nucleari forti.

Altre concezioni si riferiscono ad oggetti celesti quali stelle nane, particolari pianeti denominati MACHO, gas non luminosi o mini buchi neri, formatisi nelle condizioni di elevatissima temperatura e pressione relative ai primi istanti di vita dell’Universo. Un contributo essenziale alla materia oscura è fornito anche dai neutrini, particelle caratterizzate da rarissime interazioni con le altre forme di corpuscoli; il recente esperimento MINOS del 2006 ha confermato che i neutrini possiedono una massa, seppur estremamente ridotta, tale da influenzare la quantità massiva totale presente nel cosmo.

L’entità complessiva della massa nello spazio visibile costituisce una variabile essenziale per comprendere l’origine ed il destino del cosmo. Secondo i modelli del Big Bang, infatti, l’esplosione iniziale dell’Universo ha impresso una velocità di espansione alla materia ed allo spazio – tempo, cui si oppone costantemente l’attrazione gravitazionale fra le particelle materiali stesse. Dato che la forza gravitazionale dipende dalla massa del sistema considerato, quest’ultimo valore determinerà la prevalenza dell’espansione del cosmo oppure dell’attrazione di gravità; in quest’ultima circostanza l’Universo non sarebbe destinato ad espandersi eternamente, ma arresterebbe il proprio moto di dilatazione per collassare in una nuova implosione detta Big Crunch. La materia oscura, dunque, influenza l’evoluzione delle strutture celesti relativamente ad ogni scala di grandezza e la mappatura di queste masse invisibili costituisce un elemento fondamentale per ampliare la nostra conoscenza del cosmo in cui viviamo.

La materia oscura in 3D

Analizzando il COSMOS – la più grande osservazione mai compiuta attraverso il telescopio Hubble – una squadra internazionale di scienziati ha assemblato una mappa tridimensionale, che fornisce un primo sguardo alla trama filamentosa della distribuzione su larga scala della materia oscura nell’Universo. Tale traguardo storico, uno dei più importanti risultati della Cosmologia, suggerisce conferme accurate delle teorie standard della formazione delle strutture celesti, quali galassie ed ammassi.

Per gli astronomi, la sfida della mappatura dell’Universo è stata simile al compito di tracciare una carta topografica di una città avendo a disposizione soltanto fotogrammi aerei scattati di notte, raffiguranti unicamente le strade illuminate. Queste pongono in risalto certamente alcuni quartieri interessanti, ma la maggior parte della struttura del centro abitato rimane nell’oscurità. Analogamente noi possiamo osservare pianeti, stelle e galassie scrutando il cielo notturno, ma tali oggetti sono composti da materia ordinaria, la quale ammonta in totale solo ad un sesto della massa complessiva presente nell’Universo. La quantità rimanente è rappresentata da una componente misteriosa – la materia oscura – che non emette né riflette la luce.

Un team internazionale di astronomi guidato da Richard Massey del California Institute of Technology – Caltech, negli Stati Uniti, ha prodotto uno schema tridimensionale della distribuzione della materia oscura nell’Universo, un reticolo filamentoso simile alla trama di una ragnatela, con una nitidezza di dettagli mai raggiunta precedentemente. Questa nuova mappa è l’equivalente della visione di una città, dei relativi sobborghi e delle strade di campagna circostanti alla luce del giorno e per la prima volta. Le maggiori arterie e le loro intersezioni risultano riconoscibili e la varietà dei differenti quartieri diventa evidente.

La mappa è stata tratta dalla più grande panoramica dell’Universo ottenuta dal telescopio spaziale Hubble, la “Panoramica dell’Evoluzione del Cosmo” o Cosmic Evolution Survey, COSMOS, compiuta da una squadra internazionale di settanta astronomi sotto la guida di Nich Scoville, anch’egli del Caltech. L’analisi di COSMOS copre un’area sufficiente del cielo – nove volte la superficie dell’intera Luna o 1,6 gradi quadrati - affinché la struttura fibrosa della materia oscura su grande scala risulti chiaramente visibile. Per aggiungere le informazioni 3D sulle relative distanze, le osservazioni di Hubble sono state combinate con spettri luminosi provenienti dal VLT dell’ESO, ossia il Very Large Telescope, nonché con immagini multicolori del telescopio Subaru in Giappone e di altri in Canada, Francia e nelle Hawaii.

Questa pietra miliare conduce dalle congetture teoriche all’osservazione diretta dell’influenza della materia oscura sull’evoluzione del cosmo. Operare una mappatura della forma e della distribuzione della materia non visibile nello spazio e nel tempo è fondamentale per comprendere il modo nel quale le galassie si sono sviluppate e riunite nel corso di miliardi di anni. Il tracciamento del processo di raggruppamento gravitazionale della materia oscura potrebbe eventualmente gettare nuova luce sulla natura dell’energia oscura, la forza misteriosa che causa la repulsione delle particelle materiali nel cosmo e che risulta opposta all’attrazione della gravità; tale fenomeno potrebbe avere influenzato a sua volta la modalità di aggregazione della materia oscura stessa.

La mappa si rivela coerente con le teorie convenzionali sul processo attraverso cui si sono costituite le galassie durante l’evoluzione dell’Universo, sotto la pulsione implacabile della gravità; questa dinamica ha realizzato la transizione da una distribuzione uniforme della materia ad una trama spugnosa di lunghi filamenti.

I risultati di questa ricerca sono apparsi on line il 7 gennaio nel giornale Nature e saranno presentati al 209 – esimo incontro dell’American Astronomical Society a Seattle, Washington, da parte di Richard Massey per quanto riguarda la materia oscura e ad opera di Nick Scoville per le galassie.

“È rassicurante constatare quanto fedelmente la nostra mappa conferma le teorie standard di formazione delle strutture” afferma Massey. L’astronomo identifica la materia oscura con l’impalcatura che circonda i siti di formazione di stelle e galassie da miliardi di anni.

“Per acquisire questo risultato, abbiamo esteso le tecniche della lente gravitazionale – utilizzate precedentemente per identificare la distribuzione della materia oscura negli ammassi di galassie – e le abbiamo applicate nel campo spaziale di COSMOS per rivelare una materia oscura 3D” precisa un altro “investigatore spaziale”, Jean-Paul Kneib dell’Osservatorio dei Midi-Pirenei.

“Sebbene questa tecnica fosse stata impiegata in progetti passati, la profondità delle immagini di COSMOS e la loro risoluzione superiore consente di ottenere una precisa e dettagliata mappa, la quale copre un’area sufficientemente vasta per immortalare le estese strutture filamentose” afferma l’altro “investigatore” Richard Ellis del Caltech.

La mappa fornisce la migliore evidenza sperimentale che la materia ordinaria, principalmente in forma di galassie, si accumula lungo la più densa concentrazione della materia oscura. La panoramica rivela una rete indefinita di filamenti, che si intersecano in massicce strutture in corrispondenza della locazione degli ammassi di galassie.

Inoltre la rappresentazione, che si protende per metà indietro nel tempo fino all’inizio del cosmo, rivela il modo nel quale la materia oscura è divenuta progressivamente più grumosa e raggruppata sotto il continuo effetto del collasso gravitazionale.


Un team separato di COSMOS guidato da Nick Scoville del Caltech ha pubblicato le immagini della disposizione su vasta scala delle strutture galattiche nella stessa area celeste in cui è stata analizzata la materia oscura. Le galassie appaiono in luce visibile con Hubble e nelle immagini del telescopio terrestre Subaru ottenute da Yoshiaku Taniguchi e dai suoi colleghi. Il gas incandescente negli ammassi galattici più densi è stato raffigurato ai raggi X da Günther Hasinger e dai suoi colleghi utilizzando il telescopio XMM – Newton dell’Agenzia Spaziale Europea.

“Questa è la prima sensazionale ed inaspettata rilevazione di ammassi di galassie attraverso le tecniche osservative della lente gravitazionale e dei raggi X”, afferma Günther Hasinger, leader delle analisi con il telescopio XMM – Newton. Lo scienziato continua: “Soltanto grazie alla disponibilità dell’eccellente serie di dati in lunghezza d’onda multipla, in particolare la panoramica dell’XMM – Newton, è stato possibile confermare l’ottima corrispondenza fra gli ammassi scoperti dapprima ai raggi X e poi indipendentemente nelle distribuzioni di massa ottenute mediante la lente gravitazionale”.

Le strutture galattiche all’interno dell’”impalcatura” di materia oscura mostrano ammassi di galassie in fase di raggruppamento. Tali oggetti celesti possono risalire ad oltre 80 milioni di anni luce di distanza nel campo di COSMOS – approssimativamente cinque volte l’estensione del vicino ammasso galattico della Vergine. Nelle strutture più dense dell’Universo primordiale molte galassie possedevano già popolazioni di stelle antiche; questo implica che tali galassie prima si formarono e poi accumularono la maggior parte della loro massa in un processo di assemblaggio “fondo – cima” o bottom – up, cosicché galassie di dimensione più ridotta si riunirono a costituire galassie più grandi – nello stesso modo in cui gli affluenti convergono per formare un largo fiume.

La panoramica di COSMOS evidenzia che le galassie caratterizzate da una formazione attuale di stelle, persino nell’epoca presente, risiedono in vuoti dello spazio meno popolati e con minore presenza di filamenti di materia oscura. “È notevole il modo nel quale l’ambiente alle enormi scale cosmiche analizzato nelle relative strutture della materia oscura possa influenzare le proprietà di singole stelle e galassie – sia la maturità delle popolazioni stellari sia la progressiva riduzione di volume e trasformazione di regioni dotate di nuovi astri in formazione in piccole galassie dipende chiaramente dal contesto della materia oscura circostante” spiega Scoville.

“Il confronto è di fondamentale importanza”, afferma Massey. “La quasi totalità della conoscenza scientifica odierna si riferisce unicamente alla materia barionica – ossia quella visibile – . Ora che abbiamo iniziato a scandagliare dove si trova la materia oscura, la prossima sfida è determinare che cos’è effettivamente e specificamente la sua relazione con la materia ordinaria”.

La panoramica COSMOS, ossia Hubble space Telescope Cosmic Evolution Survey, ha fornito un inestimabile indicazione e guida per le missioni spaziali future dedicate al fenomeno di lente gravitazionale debole. Infatti la nuova mappa in 3D della materia oscura riassume le prime mappe su larga scala della distribuzione delle galassie, create a partire dalla misurazione della luce delle galassie stesse 15 anni fa. Successivamente tali schemi sono divenuti incredibilmente dettagliati e possono costituire un riferimento per lo sviluppo futuro della mappatura della materia oscura.


Note per gli editori

Nella realizzazione della panoramica COSMOS Hubble ha fotografato 575 vedute leggermente sovrapposte dell’Universo utilizzando la “macchina fotografica avanzata per panoramiche” o Advanced Camera for Surveys (ACS) a bordo di Hubble. Il processo ha richiesto 1000 ore di osservazioni ed è il più vasto progetto mai condotto impiegando il telescopio Hubble. Informazioni multicolori delle galassie nel campo spaziale di COSMOS sono state ottenute attraverso i telescopi Subaru e CFHT alle Hawaii. Migliaia di spettri galattici sono stati ottenuti con gli strumenti delll’Osservatorio dell’Europa meridionale VIMOS in uso sul Very large Telescope e sul telescopio Magellano in Cile. La distribuzione della maggior parte della materia ordinaria è stata determinata in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea utilizzando il telescopio XMM – Newton, il quale ha osservato la regione di COSMOS per 400 ore.

Le conclusioni appaiono on – line sul numero di Nature del 7 gennaio. Gli autori sono: R.Massey (CalTech), J.Rhodes (JPL and CalTech), R.Ellis (CalTech), N.Scoville (CalTech), A.Leauthaud (Laboratoire d’Astrophysique de Marseille), A.Finoguenov (Max-Planck Institute), P.Capak (CalTech), D.Bacon (Institute for Astronomy a Edinburgo), H.Aussel (Service d’Astrophysique), J.P. Kneib (Laboratoire d’Astrophysique di Marsiglia), A.Koekemoer (STsI), H.McCracken (Institut d’Astrophysique di Parigi), B.Mobasher (STsI), S.Pires (Service d’Astrophysique), A.Refregier (Service d’Astrophysique), S.Sasaki (Physics Department Ehime University), J.L. Starck (Service d’Astrophysique), Y.Taniguchi (Ehime University) & J.Taylor (Department of Physics and Astronomy, Univesità di Waterloo).

Il telescopio spaziale Hubble è un progetto di cooperazione internazionale fra ESA e NASA.


Queta mappa tridimensionale, ottenuta grazie ai dati dell’HST e dell’XMM – Newton, offre una prima rappresentazione della distribuzione fibrosa della materia oscura su grande scala, una forma invisibile di materia che costituisce la maggior parte della massa dell’Universo.

La mappa rivela una rete libera di filamenti di materia oscura, i quali collassano gradualmente sotto l’impulso irrefrenabile della gravità, aggregandosi in ammassi sempre più vasti al trascorrere del tempo.

I tre assi del diagramma corrispondono alla posizione nel cielo (in declinazione ed ascensione retta), in ordine di distanza crescente dalla Terra da sinistra a destra, come misurato dal redshift cosmologico – lo spostamento verso il rosso dello spettro luminoso proveniente dalle galassie più lontane. Notare che il collasso della materia oscura diviene progressivamente più consistente, muovendosi da sinistra a destra attraverso il volume della mappa, dall’Universo primigenio all’Universo attuale.

Crediti: NASA, ESA e R. Massey (California Institute of Technology)


La mappa rivela una rete libera di filamenti in collasso gravitazionale. Questo conferma le teorie riguardanti le modalità con le quali le strutture si sono formate nel nostro Universo in evoluzione; quest’ultimo ha subito un’evidente transizione da una relativa distribuzione uniforme di materia al momento del Big Bang alla disomogeneità della collocazione degli ammassi galattici odierni. I filamenti di materia oscura dapprima iniziarono a formarsi e provvidero a formare un’impalcatura di fondo per la costruzione successiva di stelle e galassie dalla materia ordinaria. Senza la materia oscura, ci sarebbe stata massa insufficiente nell’Universo per il collasso di strutture e la formazione di galassie.

[In alto] – Tre istanti del mutamento della distribuzione di materia oscura nel corso del tempo. La serie di dati è creata separando la sorgente di luce sullo sfondo proveniente dalle popolazioni di galassie in epoche temporali differenti - nello stesso modo in cui si possono suddividere gli strati geologici di rocce – e guardando nel passato. Il processo è calibrato dalla misurazione del redshift cosmologico o dal fenomeno di lente gravitazionale delle galassie utilizzato per mappare la distribuzione di materia oscura; le sezioni sono separate successivamente in “fette” di distanza ed età temporale decrescente. Ogni pannello rappresenta un’area di cielo pari a nove volte il diametro angolare dell’intera Luna. Notare che questo angolo fisso significa che il volume della panoramica costituisce effettivamente un cono e che l’area fisica contenuta nelle “fette” si incrementa progressivamente, da sessanta milioni di anni luce in corrispondenza del lato sinistro a cento milioni di anni luce sul lato destro.

[In basso] – Quando le “fette” in profondità nell’Universo ed all’indietro nel tempo sono combinate, esse rappresentano una mappa tridimensionale della materia oscura nell’Universo. I tre assi del diagramma corrispondono alla posizione nel cielo (in declinazione ed ascensione retta), in ordine di distanza crescente dalla Terra da sinistra a destra, come misurato dal redshift cosmologico – lo spostamento verso il rosso dello spettro luminoso proveniente dalle galassie più lontane. Notare che il collasso della materia oscura diviene progressivamente più consistente, muovendosi da sinistra a destra attraverso il volume della mappa, dall’Universo primigenio all’Universo attuale.

Crediti: NASA, ESA e R. Massey (California Institute of Technology)


Questa immagine mostra l’intero campo spaziale di COSMOS alla risoluzione di un decimo di quella reale. COSMOS – la panoramica sull’evoluzione del cosmo – costituisce la più vasta osservazione attuata attraverso il telescopio spaziale Hubble; il progetto è stato realizzato da una squadra internazionale di settanta astronomi. Durante la composizione della panoramica COSMOS Hubble ha fotografato 575 vedute adiacenti e leggermente sovrapposte dell’Universo, utilizzando la “macchina fotografica avanzata per panoramiche” nello spazio profondo (Advanced Camera for Surveys, ACS), a bordo dello stesso telescopio Hubble. Il processo ha richiesto 1000 ore di osservazioni. Le distanze delle galassie sono state determinate attraverso il loro redshift spettrale, impiegando il Very Large Telescope dell’ESO, il telescopio Subaru, i telescopi CFHT nelle Hawaii e il Magellano in Cile.

La risoluzione effettiva dell’immagine sarebbe 100800 x 100800 pixel. L’osservazione è stata compiuta in luce infrarossa, utilizzando il filtro F814W di Hubble, o filtro in banda I.

Crediti: NASA, ESA e A. Koekemoer (STScI).

 

Queste due immagini in falsi colori comparano la distribuzione della materia ordinaria – in rosso, a sinistra – con quella della materia oscura – in blu, a destra – nell’Universo. La brillantezza degli ammassi corrisponde alla densità di massa. La mappa copre un’area celeste pari a nove volte il diametro angolare dell’intera Luna e rappresenta il modello più vasto mai ottenuto della distribuzione della materia oscura nell’Universo. La simulazione dimostra che la materia ordinaria – incluse stelle, galassie e gas interstellari – è assemblata all’interno di un’impalcatura fondamentale di materia oscura.

La materia oscura è una forma invisibile di materia che costituisce la parte preponderante della massa presente nell’Universo. Dato che la materia oscura non può essere osservata direttamente, la sua distribuzione nel cielo è misurata attraverso la tecnica della lente gravitazionale debole. Quest’ultima rappresenta la distorsione della luce proveniente da galassie lontane, simile all’effetto degli specchi deformanti al luna park, dovuta alla curvatura gravitazionale dello spazio da parte della materia oscura lungo la nostra direzione di osservazione. L’acuta abilità del telescopio spaziale Hubble di misurare tali distorsioni ha consentito di creare la presente mappa in una finissima risoluzione. La costruzione dell’intera rappresentazione ha richiesto la misurazione della forma di mezzo milione di galassie sullo sfondo.


La composizione sovrastante mostra tre differenti componenti della panoramica COSMOS di Hubble: la materia ordinaria, in rosso, analizzata principalmente dal telescopio XMM – Newton dell’Agenzia Spaziale Europea, la materia oscura, in blu, nonché le stelle e le galassie, in grigio, osservate in luce visibile attraverso Hubble. Crediti: NASA, ESA e R. Massey (California Institute of Technology)

Il telescopio spaziale Hubble è dotato di un limitato campo visivo, corrispondente soltanto ad una frazione del diametro angolare della Luna. Specifici programmi di ricerca hanno dedicato una quantità considerevole del tempo di osservazione attraverso Hubble all’esame di aree celesti relativamente più vaste, al fine di analizzare un’ampia varietà di questioni relative all’evoluzione delle galassie ed alla Cosmologia. Tale disamina è stata condotta assemblando il mosaico di riproduzioni scattate attraverso le fotocamere di Hubble. Le panoramiche ottenute definiscono la storia della formazione stellare nell’Universo, sondando le galassie più rarefatte e tracciando le origini, la struttura e il processo di formazione e di evoluzione delle galassie.

[A destra] – COSMOS. La “panoramica sull’evoluzione del cosmo” è il più vasto mosaico di immagini celesti mai ottenuto attraverso Hubble. Il progetto copre due gradi quadrati di cielo. In confronto la Luna vista dalla Terra corrisponde a mezzo grado quadrato. La panoramica ha identificato oltre due milioni di galassie che si estendono nello spazio e nel tempo per il 75 % dell’età dell’Universo. Il campo è monitorato costantemente dai maggiori telescopi situati in orbita e al suolo. [A sinistra] – Alcune aree della panoramica sono mostrate a titolo di paragone.

GEMS, l’”evoluzione delle galassie dedotta dalla morfologia e dall’energia spettrale”, ha immortalato un’area di 900 minuti quadrati di arco nella sfera celeste attraverso la fotocamera avanzata per le panoramiche del telescopio spaziale Hubble. Tale rappresentazione continua utilizza quale riferimento il campo spaziale profondo meridionale Chandra, una profonda panoramica dell’Universo ottenuta impiegando telescopi a raggi X.

GEMS contiene approssimativamente 10000 galassie per una profondità di magnitudine 24 – esima.

GOODS, la “panoramica profonda delle origini dei grandi osservatori” riunisce osservazioni estremamente penetranti di Hubble con altre analisi spaziali della NASA, provenienti dal telescopio spaziale Spitzer, dall’osservatorio Chandra di Astronomia ai raggi X e dal telescopio XMM – Newton; sono state impiegate anche osservazioni dei più potenti telescopi terrestri. GOODS copre un totale di circa 320 minuti quadrati d’arco.

HUDF, il “campo ultra – profondo di Hubble” costituisce la più profonda osservazione umana dell’Universo in luce visibile, la quale rivela migliaia di galassie fino alla 31 – esima magnitudine. Il campo visivo è fornito da un fotogramma di cielo profondo della “fotocamera avanzata per le panoramiche” di Hubble.

Crediti: NASA, ESA e Z. Levay (STScI)

Davide Valentinis
gennaio 2007

Traduzione riveduta ed ampliata dell’articolo First 3D map of the Universe’s dark matter scaffolding del 7 gennaio 2007, reperibile sul sito dell’ESA nella sezione expanding frontiers



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Coordinamento: Pasqua Gandolfi
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