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Bioastronomia

A cura di Corrado Ruscica

Esplorando nuovi mondi
Alla ricerca di un'altra Terra
(pag. 3)
di Corrado Ruscica


Una nuova finestra nell'Universo

E' molto difficile e complicato realizzare un'immagine fotografica di un pianeta extrasolare date le sue dimensioni e la sua vicinanza alla stella centrale. Il pianeta appare molto debole poichè riflette la luce della stella e non splende di luce propria.

Il pianeta è così vicino alla stella che non è possibile "separarli" tecnicamente.Per ovviare a questi problemi e per capire se un pianeta extrasolare simile alla Terra può ospitare la vita, dobbiamo necessariamente sviluppare altri metodi rispetto ai tradizionali telescopi. Uno di questi metodi è l'interferometria ottica che è stata identificata dalla NASA come uno dei progetti chiave nel programma di ricerca di vita nei pianeti extrasolari.

 



Alcune delle 27 antenne che formano il radio

interferometro del Very Large Array a
Socorro,nel Nuovo Messico - Credit: NRAO

L'interferometria ottica combina la luce di vari telescopi per ottenere le informazioni che sarebbero realizzare con un singolo telescopio molto più grande. Questo è possibile grazie all'interazione delle onde elettromagnetiche nel fenomeno dell'interferenza. Possiamo dire che il termine interferometria deriva dalla combinazione delle parole interferenza e misura.

La tecnica dell'interferometria è stata utilizzata a lungo nella radio astronomia per osservare galassie e quasar distanti al fine di studiarne la loro morfologia e la loro fenomenologia. L'interferometria ottica è giovane ed è solo maturata per così dire circa 15 anni fa.

Vediamo allora quali sono le tecniche in corso di studio che ci permetteranno di risolvere alcuni problemi legati all'ottenimento di un'immagine di un pianeta extrasolare.

Coronografi
Sono stati realizzati originariamente per studiare il Sole. Il coronografo è un telescopio che permette di bloccare la luce del disco solare in modo da vedere le regioni nell'intorno del disco stesso, cioè della corona. Il coronografo è stato inventato nel 1930 da B. Lyot per studiare la corona solare non necessariamente durante una eclissi totale di Sole.


L'interferometro Keck - Credit: Keck Observatory

Questa tecnologia è in fase di studio per essere adattata alle osservazioni di regioni stellari distanti alla ricerca di sistemi planetari. Una possibilità che si sta studiando è quella di combinare la coronografia con l'interferometria. Un coronografo potrebbe incorporare uno spettrometro per rivelare, dalle analisi delle righe spettrali causate dagli elementi chimici, i segni di una qualche possibile forma di vita.

Interferometri
Una via alternativa per ottenere un'immagine di un pianeta extrasolare è quella di rimpiazzare uno specchio molto grande con una serie di specchi più piccoli in modo tale da ottenere una risoluzione angolare (potere esplorativo) analoga a quella di un singolo telescopio di dimensioni pari alla separazione degli elementi più distanti.


Rappresentazione artistica della futura missione StarLight


Gli interferometri permettono di avere elevati poteri esplorativi. Questo significa che sono in grado di distinguere quale parte di luce proviene da una sorgente stellare. Inoltre, un interferometro può operare in modo che la luce che proviene ad esempio dalla stella centrale sia "annullata"  mentre quella dei corpi vicini sia osservata normalmente.

L'interferometro Keck utilizzerà questa tecnica di oscuramento della luce delle stelle centrali per osservare i pianeti extrasolari.

Coreografie spaziali

La NASA sta studiando la possibilità di mettere in orbita due o più telescopi per cercare nuovi pianeti extrasolari e possibili segni di vita extraterrestre.

Due o più telescopi possono essere combinati per ottenere un elevato potere eplorativo simulando un telescopio di maggiori dimensioni. Per ottenere le immagini di pianeti delle dimensioni della Terra, i telescopi devono essere separati nello spazio di migliaia di chilometri. Naturalmente, non è possibile costruire una struttura rigida di tali dimensioni e perciò la tecnica della "formazione in volo" viene in aiuto.

La missione denominata Luce Stellare dovrebbe aprire la strada a questo tipo di osservazioni. Due telescopi nello spazio separati ad una distanza delle dimensioni di un campo di calcio.

Questa tecnica presenta però delle difficoltà:

·         le sonde spaziali dovranno essere dotate di sistemi di controllo e sensori tali da mantenere le posizioni con un elevato grado di precisione;

·         le sonde spaziali dovranno essere dotate di sistemi di controllo e sensori tali da localizzare l'oggetto desiderato;

·         le sonde spaziali dovranno essere in grado di comunicare tra di loro.

In conclusione, possiamo dire che per i prossimi 15 anni, la NASA sarà impegnata a sviluppare e a progettare una serie di missioni che avranno, come scopo primario, la ricerca di nuovi mondi. Gli strumenti saranno il frutto di ricerche e di  tecnologie avanzate che permetteranno di raggiungere quella sensibilità e potere esplorativo mai ottenuti prima per cercare di rispondere ad una dello domande più affascinanti del genere umano: siamo soli ?



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Coordinamento: Pasqua Gandolfi
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