"
Il dì 16 Giugno dopo le ore sette della sera verso
il tramontare del sole fu veduta una nuvola, che dal levante
passava a ponente di San Quirico in distanza di tre, o
quattro miglia, e precisamente sopra Lucignano D'Asso
e Cosona, i cui caratteri principali erano 1. Lo scintillare
e mandar razzi 2. Il fumare 3. Fare delle straordinarie
esplosioni 4. Gettare dè sassi infuocati sulla
terra ".
Così
l'abate Ambrogio Soldani ( 1736 - 1808 ) descrisse nella
sua dissertazione " Sopra una pioggetta di sassi
accaduta nella sera dè 16 giugno 1794 "
la caduta di un bolide a sud-est di Siena il 16 Giugno
1794 su un territorio di circa 47 km. La pioggia di meteoriti
cadde in una zona mal definita ma piuttosto estesa che
comprendeva i territori di Lucignano D'Asso, Cosona e
Spedalone. Il numero esatto delle meteoriti non è
conosciuto però la massa totale sparsa per musei
e collezioni di tutto il mondo è di 3674.3 grammi.
Molti studiosi hanno esaminato le meteoriti di Siena,
fra essi Brezina ( 1895 ) Farrington ( 1916 ) e Millosevich
( 1929 ) che la classificarono come una Howardite, un
tipo di meteorite molto raro con contenuto di calcio molto
alto, Prior ( 1926 ) e Nininger ( 1950 ) la classificarono
come una condrite intermedia, ma fu durante un rilevamento
della Pianura Padana compiuto fra il 1961 e 1964 per il
catalogo delle meteoriti italiane che venne recuperato
uno dei frammenti della meteorite caduta a Siena e analizzato
dai nostri scienziati Baldanza e Levi Donati nel 1969.
Una volta sezionato e dopo numerosi esami si concluse
che le meteoriti di Siena erano delle condriti del tipo
LL cioè a bassissimo contenuto di ferro, e del
gruppo petrologico 5 quando le condrule sono distinguibili
anche se non chiaramente delineate. Tornando indietro
nel tempo, al 16 giugno 1794, alle 7 di sera; così
parla un testimone, il signor Ferdinando Sguazzini:
" Il lunedì scorso 16 del corrente alle ore
7 circa della sera si vide nella massima altezza del nostro
orizzonte una piccola nuvoletta bianca, la quale ruotando
ci fece udire fino a sette replicati, e strepitosi colpi
come un grosso cannone staccati l'uno dall'altro, e ad
ogni colpo si scorgeva benissimo il giuco del fumo denso
ma bianco; indi si udì come una batteria sempre
a colpi di cannone, che durò qualche minuto, e
sentendo sdrisciare come palle, si videro cadere alcune
pietre sin qui ritrovate in num. Di 4 o 5
ella
è al di fuori nera dal fumo, dentro poi sembra
di materie incenerite, e vi si scorgono delle piccole
stille di metalli inclusive oro e argento ( le tipiche
piccole scaglie di metallo contenute nelle meteoriti ).
"
Un altro testimone dichiara: " Che dè sassi
scagliati dalla nuvola fulminante caddero, quelli che
caddero nella terra smossa, penetrarono molto a fondo
della medesima fino a un braccio; quelli che scagliati
furono in terreno solido specialmente i più piccoli,
o poco s'internarono dentro la terra, oppure battendo
né sassi rinbalzarono con violenza
..".
Un'altra testimone, una giovane dal nome Lucrezia Scartolli
racconta che:" Trovavasi per la via di Cosona
vedendo cadere a poca distanza da se una piccola pietra
l'andò a prendere per curiosità ma la sentì
scottante: poco dopo udito un gran fragore e sibilo precipitare
dall'alto un sasso più grande, allora senza punto
pensare a raccoglierlo sbigottita si diede frettolosamente
a fuggire."
Inoltre risulta interessante considerare alcuni appunti
scritti dal Soldani:" Questa bella pietra sarebbe
tutta inverniciata di una patina nera ( la crosta
di fusione ), forse marziale-bituminosa, o solfurea.
Questo è un carattere costante di cui godono tutte
le pietre di simil sorta fin'ora da me vedute. Questa
crosta sarebbe simile nel colore alle grosse etiti o geodi
del Casentino, ma di queste molto più dura, mentre
la punta d'un temperino non l'offende, e vi lascia le
tracce d'ogni metallo. Le pietre presentano una forma
piramidale (dovuta all'orientamento di caduta). "
Il Soldani nota come la polvere grattata da questi sassi
venisse attratta dalla calamita.
Cosa pensarono fosse quella " nuvola " gli scienziati
del tempo? Giusto un giorno prima il vulcano Vesuvio a
Napoli aveva avuto una forte eruzione e il prof. Giorgio
Santi ( 1746 - 1822 ) iniziò col supporre che la
" nuvola " avesse raccolto quei sassi dal Vesuvio,
in quei giorni di attività, li avesse trasportati
quindi fin sul cielo toscano per scaricarli nella campagna
senese. Però l'abate Soldani fa notare subito la
differente struttura delle rocce vulcaniche da quella
dei sassi raccolti. Lo stesso Lazzaro Spallanzani ( 1729
- 1799 ) fa osservare come sia impossibile che quella
nuvola spiccata dal Vesuvio sia arrivata in Toscana senza
essere notata da nessuno durante il lungo viaggio. Lo
stesso Spallanzani suppone che una specie di tornado avesse
raccolto delle pietre da un certo luogo per poi scaricarli
su Siena. Il Soldani è il primo ad ipotizzare l'origine
spaziale di quei sassi, ma la mentalità di quel
tempo non era pronta a queste teorie e la maggior parte
degli scienziati gli è contraria come il Santi,
Fabroni, Targioni Tozzetti ( che pensa sia un ammasso
di pietra piritosa ) Thomson e lo stesso Spallanzani.
Forse un'unica persona condivideva le osservazioni del
Soldani, il provveditore all'Università di Pisa
Mons. Angelo Fabroni, mentre Ernesto Fiorenzo Federico
Chladni (1756 - 1827 ) prospettava l'origine extratellurica
delle meteoriti come l'unica ipotesi accettabile, l'ipotesi
che trovò subito larghi consensi da parte degli
scienziati del nord e del centro Europa.
Si analizzarono altre meteoriti con i reagenti più
strani come olio e spirito di vetriolo, liquido di Saturno,
sciroppo di viole, spirito di Corno di Cervo e spirito
di vin ben sfiammato, in particolare la meteorite di Albareto
( caduta a Modena nel luglio del 1766 - Condrite L4 )
venne analizzata dal Tozzetti che rinveniva la presenza
di solfuro di ferro e giungeva alla conclusione, come
accennato in precedenza, che i bolidi di Siena provenissero
da " un ammasso di pietra piritosa ". Dopo pochi
anni, una importante notizia: a L'Aigle, in Francia, il
26 Aprile 1803, sono cadute, dopo bagliori e boati, più
di duemila pietre. Lo scienziato francese Biot ( 1774
- 1862 ) venne ufficialmente incaricato di recarsi sul
luogo e riferire i risultati della sua indagine di cui
riporto alcuni stralci: " Non è proprio
a L'Aigle che è esplosa la meteora, è a
una mezza lega di distanza
.Ho percorso tutti i
luoghi sui quali il fenomeno si è esteso: ho raccolto
e messo a confronto tutti i racconti degli abitanti, infine
ho trovato le pietre stesse sul luogo di caduta, ed esse
mi hanno mostrato caratteristiche fisiche tali che non
consentono di dubitare della realtà della loro
caduta
Non si erano mai viste, prima dell'esplosione
del "6 Floreale", pietre meteoriche nella mani
degli abitanti del luogo
.Le fonderie, le officine,
le miniere dei dintorni non hanno nulla tra il loro prodotti
né nei loro residui di lavorazione che abbia, con
queste sostanze, il minimo rapporto. Nella regione non
si vedono tracce di vulcani
.Lascio alla sagacia
dei fisici le numerose conseguenze che se ne possono trarre,
e mi riterrei felice se essi constatassero che sono riuscito
a liberare da qualsiasi dubbio uno dei più sorprendenti
fenomeni che gli uomini abbiano mai osservato ".
La perfetta relazione e i molteplici esami fatti sui campioni
convinsero definitivamente la maggior parte degli scienziati
che delle pietre possono cadere dal cielo, come da più
di un decennio sosteneva Soldani. Nel 1803, Soldani scrisse
la " Storia di quelle Bolidi, che hanno da sé
scagliato Pietre alla Terra " però per
paura di nuove critiche e amare polemiche, lo affidò
alla stampa solo nel 1808, poche settimane prima di morire.
Da allora molte analisi chimiche, mineralogiche e petrografiche
sono state svolte sulle meteoriti di Siena, il cui materiale
è stato utilizzato per interessanti confronti con
la composizione e struttura di altre pietre meteoriche.
Una piccola curiosità è che le meteoriti
di Siena furono le prime ad essere esposte al British
Museum insieme ad altre tre meteoriti cioè quella
di Wold Cottage ( Inghilterra 13 Dicembre 1795 ), Benares
( India, 19 Dicembre 1798 ) e L'Aigle ( Francia 26 Aprile
1803 ).
Attualmente si ritrovano molti frammenti sparsi nei vari
musei nazionali ed internazionali, in particolare al Museo
dell'Università La Sapienza di Roma ci sono due
frammenti di 5 e 108 grammi, il Museo mineralogico di
Bologna possiede dei frammenti, il museo del Vaticano
possiede due piccole sezioni, oltre al British Museum
di Londra, L'American Museum of Natural History possiede
un frammento di 42.2 grammi, anch'io, modestamente, sono
il fortunato possessore di una sottile fetta di 0.600
grammi particolarmente bella. Chissà, forse altre
persone a Siena possiedono qualcuna di queste pietre,
magari tramandate da padre in figlio conservate per la
loro strana bellezza e ignari della loro provenienza e
chissà quante altre saranno ancora sparse nel suolo
Senese e difficilmente saranno recuperate
.però
non si può mai dire, è già capitato
di ritrovare meteoriti cadute secoli fa sulla terra
.un
giorno, forse una giovane donna, attratta da un piccolo
sasso, verniciato di nero, lungo una stradina della campagna
senese, lo raccoglierà, questa volta senza scottarsi
la mano.
Si
ringrazia il dott. Luigi Folco dell'Università
di Siena - sezione Scienze della Terra, per la documentazione
sulla meteorite di Siena e il dott. Romano Serra del Dipartimento
di Fisica dell'Università di Bologna per avermi
fornito il testo del Soldani.