Astronomia
Avvenimenti
Torino, 7 febbraio 2004
Processo a Galileo
di Boris Bellone
Ho assistito, da cittadino,
con grande interesse al processo aGalileo,
tenutosi a Torino in data 7 febbraio 2004, nell'edificio
del "nuovo" tribunale. La sala era gremita di
pubblico silenzioso e attento. Moltissimi gli studenti
delle scuole torinesi e anche della valle di Susa.
Sono passati quasi 400 anni, ma l'interesse che suscita
in molti di noi il rapporto tra Scienza e Religione, o
meglio tra Scienza e Potere, non sembra affievolirsi.
Il processo a Galileo è stato organizzato in modo
perfetto: tre i giudici o "Padri", un Inquisitore,
impersonato da un vero sacerdote, l'avvocato
difensore, (
il presidente dell'Ordine degli Avvocati, Antonio Rossomando),
formidabile oratore e, nelle vesti di Galileo, Piergiorgio
Odifreddi, noto per le capacità dialettiche, prof.
di logica matematica all'Università di Torino e
di Cornell (USA).
Il processo volutamente ha confuso i tempi, sia per descrivere
con efficacia e precisione il vero dibattimento del 1632,
sia per chiarire l'atteggiamento della Chiesa di Roma
in questi 400 anni e soprattutto in occasione della cosiddetta
riabilitazione del 1994, quando la Chiesa, nella persona
di Giovanni Paolo II, ammise l' "errore" commesso.
Il simpaticissimo Piergiorgio "Galileo", più
abile di un gesuita,costretto all'abiura per necessità
storica, è riuscito comunque a descrivere le falsità
degli inquisitori e la loro approssimata conoscenza della
logica e della scienza. L'avvocato difensore ha abilmente
smontato la tesi del "moderno" inquisitore,
che puntava sulla debole ipotesi dell'errore da parte
dei "padri giudicanti", insinuando la "sincera"
possibilità che gli "illustrissimi gerarchi
della Chiesa" potessero ritenere ancora incerto il
metodo sperimentale di Galileo.
Galileo fu in realtà minacciato di tortura e morte,
poco valgono infatti alcuni episodi minori, rilevati astutamente
dal moderno inquisitore, dove Egli viene apparentemente
sostenuto e magari spinto così a credere che in
fondo la Chiesa lo avrebbe alfine addirittura sostenuto.
L'avvocato difensore dimostra, documenti alla mano, lo
stato di angoscia e forse anche di paura di Galileo, che
cerca in tutti i modi di convincere, nei 16 anni precedenti
il processo, i Papi, tutta la gerarchia della Chiesa e
anche il boia di Giordano Bruno, della sua innocenza.
L'avvocato difensore dimostra che Galileo era già
stato, in realtà, condannato prima del processo
e i motivi non erano certo legati al moto del Sole o a
quello della Terra, bensì a opportunità
politiche.
A opportunità politiche è stata così
sacrificata la Scienza nell'Italia del 1600, con ripercussioni
anche in tutta l'Europa.
Piergiorgio Galileo Odifreddi conclude che le conseguenze
di quei fatti si osservano ancora oggi: l'influenza della
Chiesa nelle decisioni della libera ricerca sono sotto
i nostri occhi.
La condanna di Galileo nel '600 è stata una operazione
politica, la riabilitazione di Galileo nel '900 pecca
invece di superbia. Sono comunque entrambe azioni illegittime.
I giudici, in data 7 febbraio 2004, hanno infatti anche
ribadito il fatto che la Chiesa cattolica non aveva il
diritto di giudicare Galileo all'epoca e non ha il diritto
di rivedere un processo che non doveva fare.
La Chiesa non ha questo diritto.
Tra 9 giorni ricorderemo i 404 anni dal martirio di Giordano
Bruno.
Concludo con questa poesia tratta dal libro "Apologia
pro Galileo" di Tommaso Campanella, scritta in omaggio
all'incontro con Francesco Pucci, Giordano Bruno e tutti
gli intellettuali in carcere, estremo rifiuto e condanna
di un mondo feroce e folle, l'amara constatazione, in
quel luglio 1597, della condizione del pensiero forte:
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AL
CARCERE
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Come
va al centro ogni cosa pesante
Dalla circonferenza, e come ancora
In bocca al mostro che poi la devora,
donnola incorre timente e scherzante;
così di gran scienza ognuno amante,
che audace passa dalla mora gora
al mar del vero, di cui s'innamora,
nel nostro ospizio alfin ferma le piante.
Ch'altri l'appella antro di Polifemo,
palazzo altri d'Atlante, e chi di Creta
il labirinto, e chi l'Inferno estremo;
che qui non val favor, saper, né piéta,
io ti so dir; del resto, tutto tremo,
ch'è ròcca sacra a tirannia segreta.
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L'appassionata
autodifesa di Galilei-Odifreddi , liberamente basata sui
suoi testi e sugli atti del processo, e pronunciata in
questo "Processo a Galileo Galilei: libera interpretazione
di un fatto realmente accaduto" organizzata dalla
Camera Penale "Vittorio Chiusano" e il Festival
dei Due Mondi di Spoleto si legge nel sito
MATEMATICA
- PRISTEM - Eleusi dellUniversità Bocconi
di Milano
***
Il testo dell'accusa e dell'abiura
...Diciamo, pronuntiamo, sententiamo e dichiariamo
che tu, Galileo sudetto, per le cose dedotte
in processo e da te confessate come sopra, ti
sei reso a questo S. Off.o vehementemente sospetto
d'heresia, cioè d'haver tenuto e creduto
dottrina falsa e contraria alle Sacre e divine
Scritture, ch'il sole sia centro della terra
e che non si muova da oriente ad occidente,
e che la terra si muova e non sia centro del
mondo, e che si possa tener e difendere per
probabile un'opinione dopo esser stata dichiarata
e diffinita per contraria alla Sacra Scrittura;
e conseguentemente sei incorso in tutte le censure
e pene dai sacri canoni et altre constitutioni
generali e particolari contro simili delinquenti
imposte e promulgate. Dalle quali siamo contenti
sii assoluto, pur che prima, con cuor sincero
e fede non finta, avanti di noi abiuri, maledichi
e detesti li sudetti errori et heresie et qualunque
altro errore et heresia contraria alla Cattolica
ed Apostolica Chiesa, nel modo e forma che da
noi ti sarà data. Et acciocché
questo tuo grave e pernicioso errore e transgressione
non resti del tutto impunito, et sii più
cauto nell'avvenire et essempio all'altri che
si astenghino da simili delitti, ordiniamo che
per pubblico editto sia prohibito il libro de'
Dialoghi di Galileo Galilei. Ti condaniamo al
carcere formale in questo S.° Off.°
ad arbitrio nostro; e per penitenze salutari
t'imponiamo che per tre anni a venire dichi
una volta la settimana li sette Salmi penitentiali:
riservando a noi facoltà di moderare,
mutare, o levar in tutto o parte le sodette
pene e penitenze. Et così diciamo, pronuntiamo,
sententiamo, dichiariamo, ordiniamo e reservamo
in questo et in ogni altro meglior modo e forma
che di ragione potevo e dovemo. Ita pronun.mus
nos Cardinales infrascripti:...
ed
ecco l'abiura che pronunciò Galileo.....
Atto
d'abiura
"
.... Io Galileo, figliuolo del quondam Vincenzo
Galileo di Fiorenza, delletà mia
danni 70, costituto personalmente in giudizio,
e inginocchiato avanti di voi Eminentissimi
e Reverentissimi Cardinali, in tutta la Republica
Cristiana contro leretica pravità
generali Inquisitori; avendo davanti glocchi
miei li sacrosanti Vangeli, quali tocco con
le proprie mani, giuro che sempre ho creduto,
credo adesso, e con laiuto di Dio crederò
per lavvenire, tutto quello che tiene,
predica e insegna la Santa Cattolica e Apostolica
Chiesa. Ma perché da questo S. Offizio,
per aver io, dopo dessermi stato con precetto
dallistesso giuridicamente intimato che
omninamente dovessi lasciar la falsa opinione
che il sole sia centro del mondo e che non si
muova e che la terra non sia centro del mondo
e che si muova, e che non potessi tenere, difendere
né insegnare in qualsivoglia modo, né
in voce né in scritto, la detta falsa
dottrina, e dopo dessermi notificato che
detta dottrina è contraria alla Sacra
Scrittura, scritto e dato alle stampe un libro
nel quale tratto listessa dottrina già
dannata e apporto ragioni con molta efficacia
a favor di essa, senza apportar alcuna soluzione,
sono stato giudicato veementemente sospetto
deresia, cioè daver tenuto
e creduto che il sole sia centro del mondo e
imobile e che la terra non sia centro e che
si muova. Pertanto volendo io levar dalla mente
delle Eminenze Vostre e dogni fedel Cristiano
questa veemente sospizione, giustamente di me
conceputa, con cuor sincero e fede non finta
abiuro, maledico e detesto li sudetti errori
e eresie, e generalmente ogni e qualunque altro
errore, eresia e setta contraria alla Santa
Chiesa; e giuro che per lavvenire non
dirò mai più né asserirò,
in voce o in scritto, cose tali per le quali
si possa aver di me simil sospizione; ma se
conoscerò alcun eretico o che sia sospetto
deresia lo denonziarò a questo
S. Offizio, o vero allInquisitore o Ordinario
del luogo, dove mi trovarò. Giuro anco
e prometto dadempire e osservare intieramente
tutte le penitenze che mi sono state o mi saranno
da questo S. Offizio imposte; e contravenendo
ad alcuna delle dette mie promesse e giuramenti,
il che Dio non voglia, mi sottometto a tutte
le pene e castighi che sono da sacri canoni
e altre constituzioni generali e particolari
contro simili delinquenti imposte e promulgate.
Così Dio maiuti e questi suoi santi
Vangeli, che tocco con le proprie mani. Io Galileo
sodetto ho abiurato, giurato, promesso e mi
sono obligato come sopra; e in fede del vero,
di mia propria mano ho sottoscritta la presente
cedola di mia abiurazione e recitatala di parola
in parola, in Roma, nel convento della Minerva,
questo dì 22 giugno 1633.
Io, Galileo Galilei, ho abiurato come di sopra,
mano propria".
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