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Astronomia

Avvenimenti


La stella nova del 1604

Dialogo de Cecco Di Ronchitti da Bruzene in perpuosito de la stella nuova

Al Lostrio e Rebelendo Segnor Antuogno Squerrengo
degnetissemo Calonego De Pava, sò Paròn
Con alcune octaue d'Incerto, per la medesima Stella, "contra Aristotele"
In Padova,
Appresso Pietro Paulo Tozzi M.DC.V.

A Padova la stella nuova si vide il 10 ottobre del 1604, suscitando l'attenzione degli studiosi e la curiosità di tutti.
Galileo tenne 3 lezioni su questo argomento. Non le diede alle stampe, e ci sono pervenute incomplete.
Mantenne corrispondenza con vari studiosi di astronomia,per procurarsi notizie sulle osservazni effettuate in altre città.
Poche settimane dopo che Galileo aveva tenuto le sue lezioni, fu pubblicato a Padova la Consideratione Astronomica circa la nova, & portentosa Stella che nell'anno 1604 a dì 10 ottobre apparse, con un breve giudicio delli suoi significati di Baldassare Capra. Di questa pubblicazione abbiamo un copia su cui l'allievo Viviani ha trascritto le note dello stesso Galileo.
Seguì il Discorso intorno alla nuova stella di Antonio Lorenzini da Montepulciano, al quale come risposta fu pubblicato questo Dialogo di Cecco di Ronchitti da Bruzene, opera scritta in stretto dialetto padovano. Subito corse voce che quest'opera fosse di Galileo.
Indagini precise hanno mostrato come sotto lo pseudonimo si nasconda un monaco benedettino, D. Girolamo Spinelli, molto vicino a lui, e che nella polemica col Capra prese le sue difese . Secondo alcuni cultori di studi galileiani, questo Dialogo fu scritto da Spinelli ma Galileo collaborò forse direttamente alla stesura, oltre che dare le direttive per la parte scientifica.




Particolare dn un frammento di foglio volante di Hans Weigel, che annuncia la comparsa di una cometa sulla città di Norimberga, e i malefici influssi che avrebbe provocato. (intorno all'inizio del 1600)

La diffusione dei torchi da stampa favorì questo tipo di letteratura "scientifico-divulgativa" di uso immediato e destinata a un largo pubblico.


(da una illustrazione del volume Storia delle scienze - Banca Popolare di Milano)

 

 


Il Dialogo, di cui riportiamo alcuni brani nella trascrizione in lingua di Antonio Favaro, inizia con un breve discorso rivolto al destinatario dello stesso, il Signor Antonio Quarengo, in cui l'autore, qualificandosi come un povero servitore dedito alla coltivazione dei campi riconosce di "mettersi un vestito non suo" e di permettersi di discutere con un Dottore di quelli di Padova.

Dice:
" E' vero che fin da ragazzetto, il mio naturale mi tirava a guardare in alto, e avevo gran piacere scorgendo Venere, la cintura d'Orione, l'Occhio del Toro, le Pleiadi, il Carro…".

Ascoltando poi lo stesso suo padrone, ha raccolto le idee, e scritto questo dialogo, e gliene fa omaggio.

I protagonisti sono 2 contadini: Matteo e Natale.
Matteo e Natale si incontrano e parlano della siccità che affligge la campagna. Si chiedono costernati la ragione dell'arsura dei campi. Natale esprime un sospetto:

- O che non hai visto quella stella che risplendeva la sera, tre mesi fa, che pareva un occhio di civetta? E così adesso la si vede la mattina, quando si va a potare le viti, che la fa uno splendore bellissimo. Non te ne accorgi tu che l'è venuta di fresco? E che non s'era mai più vista prima d'adesso? L'è proprio lei la cagione di queste meraviglie e di questi seccori, secondo che dice un dottore di Padova.

Ambedue riconoscono che la stella prima non c'era...
Natale:
- Noi conveniamo dunque che essa è nuova.
Matteo:
- Sì, ma essendo tanto lontana, è non può sapere ciò che la sia, per dire che l'è lei che non lascia piovere.
Natale:
- Mio Dio, lontana! La non è neppure sopra alla Luna, per quanto diceva quel libricciuolo.
Matteo:
Chi ' quello che ha fatto il libricciuolo? E' egli agrimensore?
Natale:
No, che gli e' filosofo.
Matteo:
Filosofo, gli è? che ha a che fare la sua filosofia col misurare? Non sai che un ciabattino non può ragionare di fibbie? E' bisogna credere ai matematici, che sono misuratori dell'aria.
..

Cominciano a discutere se sia più giusto che siano i filosofi a misurare la distanza della stella o i matematici; i matematici sostengono che sia nel cielo stellato, mettendo così in discussione l'incorruttibilità dei cieli, i filosofi naturali insistono col dire che sia una meteora, al di sotto della Luna.
Natale racconta che nel "libricciuolo" si contesta il fatto che se fosse una stella generata di fresco, bisognerebbe che un'altra stella lì vicino si fosse corrotta.
Matteo, dei due il più critico, fa varie ipotesi: intanto sostiene che non si possono vedere tutte le stelle, che alcune potrebbero essersi aggregate assieme a formarne una più grande, oppure ancora che si sia formata negli strati più bassi e poi si sia alzata.

Natale:
Egli dice che se questa stella fosse in Cielo, tutta la filosofia naturale sarebbe una baia; e che Aristotele tiene, che aggiungendosi una stella in Cielo, questo non potrebbe muoversi.

Matteo, con la rozza sincerità del contadino ironizza:
Canchero, l'ha avuto torto questa stella a rovinare così la filosofia di costoro. S'io fossi in loro, la farei citare davanti al Podestà, la farei, e le darei una bella querela di turbato possesso.

Natale rincara la dose: quello del "libricciuolo", dice che sarebbe impossibile che una stella così grande potesse comparire all'improvviso. Matteo fa un paragone con una vacca e il suo vitello nei confronti della pecora con l'agnello:

...fa pure il tuo conto che questa stella rispetto a tutto il cielo non viene a essere niente più di quello che sarebbe un leone o un elefante rispetto alla terra; ti pare dunque che la sia una gran meraviglia?

Continuano a discutere della grandezza della stella, di quanto splendeva alla sua comparsa e se il suo splendore stia diminuendo per il suo allontanamento

Natale:
Or bene, senti anche questa. E' dice che non si può generar niente nel Cielo, perchè, (dice lui) e' bisognerebbe che e' ci fossero dei contrari, e che e' non ve ne può essere, sendo che l'è una quinta sommanza o sostanza, che so io?

e Matteo irridente:
Oh! sì, cipolle! Le son di quelle botte da Aristotele e compagnoni suoi, queste che non sanno s'e' sian vivi, eppure vogliono ragionar del Cielo. Io credo che in Cielo ci sia nè più nè meno caldo e freddo, e molle e asciutto, com'è anche qui da noi...

Matteo mostra grande fiducia nei matematici e di saper esercitare un solido metodo scientifico:

Natale:
...E' dice che i matematici hanno dei buoni strumenti e dei sodi argomenti; ma che non li sanno adoperare.

Matteo:
...Natale, i' vo' saperti dire quanto c'è per aria da questo noce all'argine; e' lo misurerà co' suoi arnesi senza muoversi; e quando l'abbia misurato e ch'e' te l'abbia detto, anche te tu lo misurassi con un filo, o in qualche altro modo, e tu trovassi che l'è cosi, non crederai tu ch'egli adoperi bene gli arnesi suoi?

Passano poi a discutere della parallasse, e Matteo salendo e scendendo da un albero di noce e da una pioppa, misurando la distanza da un salicetto, perviene a una considerazione decisiva:

Dice Matteo:
...E sarebb'egli possibile che non ci fosse tra gli Spagnuoli e i Tedeschi e i Napoletani
differenza di visuale? Eppure tutti la vedono nel medesimo luogo, vicino a quelle stelle che le chiamano Quel della balestra, o Quel che saetta col bolzone: che so io?

E la Galassia?
...Grassalia. Che vuol dire Grassalia?
E' dice lui che l'è una nuvola a mo' di latte, vicino alla Luna e che la non è altrimenti in cielo.
E dopo aver parlato del brillare della stella nuova che "....la trema perche', quando gira, si va sventolando...", e riferito che il libricciuolo dice anche: ...questa stella caccerà via le furfanterie, le rabbie..." scatenando la feroce ironia di Matteo, il nostro contadino "scienziato" augura all'autore di vendere il suo libro prima di Quaresima. Di quelle copie poi che non riuscisse a vendere, consiglia un uso su cui è meglio sorvolare.

I due si lasciano sul far della sera, tornando ognuno alla propria casa a cenare.


da Le opere di Galileo Galilei - edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il Re d'Italia, volume II


Lettere a Galileo Galilei - Frammento delle sue lezioni a Padova
Traduzione del frammento delle lezioni - il Dialogo de Cecco di Ronchitti da Bruzene
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