Astrologia? No, grazie!

 

IPSE DIXIT - AFFERMAZIONI, CITAZIONI E ALTRO



Alcune opinioni di uomini illustri che hanno espresso la propria disapprovazione nei riguardi dell'astrologia.


Alcune fonti di carattere religioso
Marco Tullio Cicerone
Albert Einstein (
e l'annosa falsa affermazione che apprezzasse l'astrologia)
Galileo a Elia Diodati
Francesco Guicciardini
Giacomo Leopardi
Pico della Mirandola
William Shakespeare - da Re Lear
Voltaire
Girolamo Savonarola

Contributi dei lettori saranno graditissimi,

e se completi di fonte saranno pubblicati.



Marco Tullio Cicerone
- Vetus autem illud Catonis admodum scitum est, qui mirari se aiebat, quod non rideret haruspex, haruspicem cum vidisset (Libro II, 51)

-E’ molto conosciuto poi il vecchio detto di Catone, che diceva di meravigliarsi che quando un aruspice (indovino) ne incontrava un altro non scoppiasse a ridere.

-Sed quid plura? Cotidie refelluntur. Quam multa ego Pompeio, quam multa Crasso, quam multa huic ipsi Caesari a Chaldaeis dicta memini, neminem eorum nisi senectute, nisi domi, nisi cum claritate esse moriturum! Ut mihi permirum videatur quemquam exstare qui etiam nunc credat iis quorum praedicta cotidie videat re et eventis refelli. (Libro II, 99)

-Ma c’è bisogno di dire altro? Ogni giorno (le profezie) vengono smentite. Quante me ne ricordo, fatte da astrologi a Pompeo, quante a Crasso, quante allo stesso Cesare: nessuno di loro sarebbe dovuto morire se non di vecchiaia, se non nel suo letto, se non coperto di gloria. Cosicché mi sembra molto strano che ci sia ancora qualcuno che creda a quelli le cui previsioni si vedono ogni giorno essere smentite dai fatti e dagli eventi.

Grazie all'autore delle traduzioni


Albert Einstein
L'astrologa Sirio, in una trasmissione di Radio 24 ha sostenuto che Einstein avrebbe scritto in un suo libro una frase di apprezzamento nei riguardi dell'astrologia.

L'affermazione sarebbe contenuta in un libro del 1931, "Cosmic religion, with other opinions and aphorisms".
Il libro è molto difficile da trovare e quindi la verifica non è agevole ma è stata fatta e dimostra che nè quel libro nè gli altri scritti conosciuti di Einstein riportano la citazione in oggetto.

Questa citazione apocrifa compare, (senza nessuna citazione della fonte), in "L'astrologie - l'histoire, le signes, le thème" di Solange de Mailly-Nesle, poi scomparsa dalle successive edizioni del libro.
E' stata rintracciata anche nel precedente "Manuel d'astrologie" di un certo Werner Hirsig, intorno al 1965 (in un precedente Astrologie moderne del 1950 la citazione non compariva).

Una versione leggermente diversa si trova in un almanacco tedesco del 1959.

Non risulta che la frase sia mai stata citata prima del 1959, 4 anni dopo la morte del grande scienziato.

In sostanza la frase risale a un manuale di astrologia, dal quale è stata ricopiata moltissime volte senza che nessuno controllasse la fonte originale.
Astrologi avveduti hanno consigliato di non citarla più, ma con scarsi risultati.

Si conosce invece un'altra citazione di Einstein, questa autentica (tratta dalla sua introduzione a "Johannes Kepler: Life and Letters"), che dimostra il suo atteggiamento critico verso l'astrologia: "The reader should note [Kepler's] remarks on astrology. They show that the inner enemy, conquered and rendered innocuous, was not yet completely dead." (cioe' "Il lettore faccia attenzione ai commenti [di Keplero] sull'astrologia. Dimostrano che il nemico interno, conquistato e reso innocuo, non era ancora completamente morto").


Galileo a Elia Diodati [in Parigi].
Firenze, 15 gennaio 1633.

Bibl. Nazionale in Parigi. Collection Dupuy, vol. 663, car. 200.

Sono in obligo di rispondere a due lettere, una di V. S. e l'altra del S.re Pietro Gassendo([1]), scritte([2]) il 1° di Novembre passato, ma non pervenute([3]) a me se non dieci giorni sono: e perchè sono occupatissimo e travagliatissimo, vorrei che questa servisse per risposta ad amendue, come tra di loro amantissimi e che trattano nelle lettere loro l'istessa materia, cioè la ricevuta dei Dialogi miei, mandati ad amendue, e della vista che repentinamente gl'havevano data con applauso e approbatione; di che io le ringrazio e gliene resto con obligo, ma starò aspettando giuditio più critico e libero, dopo che l'haveranno riletto più posatamente, perchè temo che vi troveranno molte cose da impugnarsi.
Mi duole che i due libri del Morino([4]) e del Fromondo([5]) non mi sono pervenuti alle mani se non sei mesi dopo la pubblicatione del mio Dialogo, perchè havrei havuto occasione di dire molte cose in laude d'amendue, e anco fare qualche consideratione sopra qualche particolare, e principalmente uno nel Morino e un altro nel Fromondo. Nel Morino, resto maravigliato della stima veramente molto grande che egli fa della giudiciaria, e che ei pretenda con le conietture sue (che pur mi paiono assai incerte, per non dire incertissime) stabilire la certezza dell'astrologia: e mirabil cosa veramente sarà se con la sua acutezza collocherà nel seggio supremo delle scienze humane l'astrologia, come egli promette; e io con gran curiosità starò attendendo di vedere sì maravigliosa novità. [..]

Nonostante le sue prese di distanza verso il profetismo e l'occultismo Galileo non si potè esimere, almeno in un caso, alla formulazione di una previsione: Cristina di Lorena, nel 1608 durante l'ultima malattia di suo marito Ferdinando I, chiese a Galileo di calcolare l'anno in cui si sarebbe dovuta verificare la sua morte. Galileo pronosticò al Granduca una veloce guarigione e una lunga vita.
Ferdinando I morì dopo soli 22 giorni.


Francesco Guicciardini
Ricordi, 207: «Della astrologia, cioè di quella che giudica le cose future, è pazzia parlare: o la scienza non è vera o tutte le cose necessarie a quella non si possono sapere o la capacità degli uomini non vi arriva. Ma la conclusione è che pensare di sapere el futuro per quella via è uno sogno. Non sanno gli astrologi quello che dicono, non si appongono se non a caso; in modo che se tu pigli uno pronostico di qualunque astrologo e uno di un altro uomo fatto a ventura, non si verificherà manco di questo che di quello»


Giacomo Leopardi
Il capo decimoprimo del Saggio sopra gli errori popolari degli antichi si chiude con una straordinaria quanto implacabile invettiva contro coloro che si dedicano ancor oggi all'arte falsa e menzognera degli oroscopi. "Quanti vili, che si danno il nome di astrologi, che hanno per patrimonio l'ignoranza commune, e che in un tempo di luce contribuiscono grandemente a mantenere le tenebre nelle menti volgari, spargendo di ridicoli presagi i loro miserabili almanacchi, avendo cura di indicare diligentemente tutte le lunazioni, profittando, per fare un sordido guadagno, dei pregiudizi che ogni uomo illuminato dovrebbe cercar di distruggere, e non arrossendo di pubblicare con le stampe cose affatto chimeriche e pazze, colla sola mira di gabbare il volgo e di trarne danaio".


Pico della Mirandola
Disputationes adversus astrologiam divinatricem
In 12 libri...

Nel suo famoso trattato Disputationes adversus astrologiam divinatricem, scritto poco prima della sua morte, avvenuta nel 1494 in età ancora estremamente giovanile, l'astrologia giudiziale viene esaminata nel modo più minuto e nel massimo dettaglio e non viene contestata solo da un punto di vista generale, ma mettendo in evidenza anche tutte le contraddizioni introdotte dalla sua stratificazione ultrasecolare. Col perdere di valore dell'astrologia, l'astronomia cominciò di nuovo ad essere considerata in se stessa, per i suoi contributi alla conoscenza umana, come una "arte liberale" e non più come uno strumento tecnico di ausilio all'arte medica. Naturalmente ci volle un certo tempo perché questo atteggiamento potesse prevalere - e sappiamo che sino all'illuminismo non prevalse mai del tutto - e molti astronomi dovettero destreggiarsi, più o meno onorabilmente, tra le due, anche dopo che l'astronomia giudiziale era stata condannata ufficialmente dalla Chiesa romana nel 1586, con una bolla emanata da papa Sisto V (1520-1590).


William Shakespeare - da Re Lear

Questa è la somma stoltezza del mondo:
che quando la fortuna ci vacilla
- spesso perché l'abbiam troppo ingozzata -
diamo al sole, alla luna ed alle stelle
la colpa della nostra malasorte,
come se, per necessità del fato
fossimo le canaglie che noi siamo;
fossimo stolti per celeste impulso,
o malfattori, ladri, traditori
per volontà delle celesti sfere;
o mentitori, adulteri, beoni
in forza d'una imposta sommissione
all'influsso maligno dei pianeti;
quasiché tutta la malvagità
ch'è in noi ci venga infusa dagli dèi.


Bella scusa, per l'uomo puttaniere,
imputare i suoi istinti da caprone
all'influenza di qualche pianeta!

Mio padre s'è accoppiato con mia madre
sotto il segno della "Coda del Drago",
ed io che son nato
sotto l'influsso dell'"Orsa maggiore",
sarei per questo violento e lascivo...
Bubbole senza senso!
Sarei stato lo stesso quel che sono
anche se sopra la mia bastardia
fosse venuto a fare l'occhiolino
l'astro più vergine del firmamento...

(Nota: In questo brano Shakespeare si mostra consapevole della inconsistenza degli influssi astrologici, nonostante l'autore - da figlio del suo tempo - abbia un diverso atteggiamento in molte sue opere, dove si trovano cenni agli influssi planetari su vari personaggi)


Voltaire
Comment donc s’est-il pu faire que, malgré la physique et la géométrie, cette ridicule chimère de l’astrologie ait dominé jusqu’à nos jours, au point que nous avons vu des hommes distingués par leurs connaissances, et surtout très profonds dans l’histoire, entêtés toute leur vie d’une erreur si méprisable? Mais cette erreur était ancienne, et cela suffit.

Digression sur l’astrologie, si improprement nommée Judiciaire.

Ne vous étonnez donc point si la terre entière a été la dupe de l’astrologie. Ce pauvre raisonnement: « Il y a de faux prodiges, donc il y en a de vrais, » n’est ni d’un philosophe ni d’un homme qui ait connu le monde.

« Cela est faux et absurde; donc cela sera cru par la multitude: » voilà une maxime plus vraie.


Girolamo Savonarola - Contra l'astrologia divinatoria

Appare ancora la stultizia delli astrologi in molte particularità che loro scrivano, delle quali alcune ne porremo acciocchè per quelle ciascuno intenda quanto li loro libri sono pieni di fabule e di cose piuttosto da ridere che da riprovare. ...


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