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stelle piccine

Do Frogs Exist there Too ? / Esistono anche là le rane?
di Jan Neruda
La poesia, scritta nel 1878, dal poeta boemo
è la n. 22 della sua raccolta di "Canti Cosmici" (Písne kosmické)

Traduzione di Giuliano Pinto
per gentile concessione del traduttore
Tratta dal sito
http://www.phy6.org/stargaze/Iintro.htm


Frogs sat around a puddle
And gazed at heavens high
Frog teacher pounding into skulls
The science of the sky.

He spoke about the heavens
Bright dots we see there burning
And men watch them, "astronomers"
Like moles they dig for learning.

When these moles start to map the stars
The large becomes quite small
What's twenty million miles to us
They call one foot, that's all.

So, as those moles did figure out
(If you believe their plan)
Neptune is thirty feet away
Venus, less than one.

If we chopped up the Sun, he said
(Awed frogs could only stare)
We'd get three hundred thousand Earth's
With still a few to spare

The Sun helps us make use of time,
It rolls round heaven's sphere
And cuts a workday into shifts
"Forever" to a year

What comets are is hard to say
A strange manifestation
Though this is not a reason for
Some idle speculation

They are no evil sign, we hope
No reason for great fright
As in a story we got from
Lubyenyetsky, great knight

A comet there appeared, and when
It rays were seen by all
The cobblers in a tavern
Began a shameful brawl

He told them how the stars we see
So many, overhead
Are actually only suns
Some green, some blue, some red

And if we use the spectroscope
Their light tells, in addition
Those distant stars and our Earth
Have the same composition

He stopped. The frogs were overwhelmed.
Their froggy eyeballs rolled.
"What more about this universe
Would you like to be told?"

"Just one more thing, please tell us sir"
A frog asked, "Is it true?
Do creatures live there just like us
Do frogs exist there too?"

 

 
Le rane allo stagno erano assise
I cieli su in alto intente osservando,
La rana maestra la conoscenza
Dell'universo a loro inculcando.

Trattava con esse dei vasti cieli,
Delle faci che vediam lì bruciare
E che gli "astronomi", uomini curiosi
Come talpe scavan per imparare.

Ma se le stelle vanno a disegnare
Ciò che è grande assai piccolo diviene
Venti milioni di miglia per noi
Sono per loro un piede, se conviene.

Così, come quelle talpe scoprirono
(Se creder potete al loro modello)
Nettuno è trenta piedi a noi distante
Venere sol un piede, o men di quello.

Diss'anche che se il Sole frantumiamo
(Fissavan lo sguardo le rane soltanto)
Otteniamo trecento mila Terre
E ne resta ancora in avanzo alquanto.

Il Sole ci aiuta all'uso del tempo,
Lui ruota intorno alla celeste sfera
E divide in turni il nostro lavoro
Per ogni anno dalla mattina a sera.

Cosa sian le comete è arduo a dire,
Son assai strane manifestazioni
Ma non è questa una buona ragione
Per partire in vuote speculazioni.

Non son segni maligni, noi speriamo,
Non c'è motivo per un gran temere,
Come nella storia che raccontò
Lubyenyetsky, quel grande cavaliere:

Apparve un dì nel cielo una cometa,
E allor che ognuno vide il suo splendore,
i ciabattini dentro una taverna,
iniziarono un indegno clamore.

La maestra spiegò lor che le stelle
Che vediamo così tante lassù
Sono in realtà solo lontani Soli
Alcuni verdi, o rossi, ma anche blu.

Se con lo spettroscopio poi osserviamo,
La loro luce altresì ci dimostra
Che quei lontani Soli hanno la stessa
Composizione della Terra nostra.

La maestra tacque. Le rane intorno
Gli occhi di rana roteavan stremate.
"Quali altre cose su quest'universo
Vorreste che vi vengan raccontate?"

"Soltanto un'altra cosa, per piacere"
Chiese una rana, "E' la verità?
Ci son creature vive come noi
Invero, esistono le rane anche là?"

Segnalazione di Giuliano Pinto

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