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Nel 1923, dopo
venticinque anni dalla pubblicazione del romanzo Senilità, Ettore Schmitz sotto lo pseudonimo di Italo Svevo pubblica
La coscienza di Zeno. Centrale è il tema della psicoanalisi, alla quale il protagonista del romanzo si sottopone per poi abbandonarla, mutuato dalla conoscenza della teoria psicoanalitica freudiana. Il titolo stesso è oggetto di
dubbi e ambivalenze, in quanto a differenza
delle altre lingue, in italiano il concetto "coscienza" può riferirsi ai più svariati significati.
Svevo gioca sulla varietà dei significati e sulla potenziale ambiguità del termine italiano
"coscienza" [...]: "coscienza" può infatti significare "coscienza morale" oppure "consapevolezza"
(Luperini, La scrittura e
l'interpretazione). Il significato che la parola
"coscienza" può assumere può essere anche negativo, e
può anche intendersi come la "incoscienza di Zeno", con esplicito rimando alle teorie
psicoanalitiche di Freud.
Letterariamente Freud è certo più interessante. Magari avessi fatto io una cura con lui. Il mio romanzo sarebbe risultato più intero.
Lettera sulla psicoanalisi a Valerio Jahier, 1927
Sebbene la psicoanalisi rivesta un ruolo centrale nel romanzo, Svevo non la accetta come visione
onnicompresiva dell'esistenza umana. Come sempre Svevo, autodidatta, mutua dagli autori che ha studiato gli strumenti critici e conoscitivi piuttosto che l'ideologia
complessiva. Dunque la psicoanalisi può essere maggiormente utile allo scrittore, che la impiegherà come strumento di conoscenza.
Il dottore al quale ne parlai mi disse d'iniziare il mio lavoro con un'analisi storica della mia propensione al fumo:
- Scriva! Scriva! Vedrà come arriverà a vedersi intero.
La coscienza
di Zeno, 1923
La coscienza di Zeno è un'opera aperta. La voce narrante del primo capitolo è il Dottor S. da cui Zeno Cosini è in cura. Costui avverte il lettore della nevrosi del paziente, e mette in guardia sulle possibili alterazioni dei fatti da parte sua. Egli comunque fa sfoggio di una dubbia professionalità, di un sentimento di vendetta personale, di una possibile speculazione finanziaria,
di scuse rivolte ai colleghi medici riguardo il metodo eterodosso con il quale sta conducendo la cura. Lo stesso Zeno non dimostra una particolare simpatia per il curante, e
avanza seri dubbi sulle capacità terapeutiche della psicoanalisi.
Non esiste verità oggettiva ma questa viene soppiantata da una totale
soggettività
e
relatività
della verità.
Il lettore nel dubbio di quale dei due inattendibili narratori potersi fidare, è coinvolto in ogni momento a contribuire all'interpretazione dei fatti. Ogni interpretazione ha pari
dignità, ed è
relativa a come il lettore si pone rispetto alle due voci narranti.
Se sapesse quante sorprese
potrebbero risultargli dal commento delle tante verità e bugie
ch'egli ha qui accumulate!... DOTTOR S.
La coscienza di Zeno,
1923
La
problematicità di una supposta verità, e della sua eventuale
ricerca, è ulteriormente messa in dubbio
dalla struttura stessa del romanzo. Quest'ultimo non rispetta
infatti la successione cronologica delle tappe narrate
dell'esistenza di Zeno. La materia è infatti articolata
tematicamente, e l'organizzazione è relativa
alla
suddivisione che lo psicoanalista ha proposto per la cura. Il
narratore inoltre è in prima persona, arricchendo in soggettività
l'opera, tanto che il tempo del romanzo risulta coincidente al tempo
relativo
alla coscienza di Zeno.
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