Premio De Arte Narrandi - IV edizione
L'isola della stelle - Anna Luongo, Tresigallo (Fe)


Così la vita funzionava nella sperduta isoletta poco più a sud della linea equatoriale, fra il quindicesimo e il trentesimo parallelo: succedeva che i compiti erano divisi.

Gli uomini cacciavano e le donne erano addette al mantenimento delle capanne.

Trovare forti liane per intrecciare cestini, costruire trappole efficienti per far abboccare i pesci, cataste di legna da mettere in luoghi asciutti per preservare il fuoco e lavoretti di terracotta per creare stoviglie su cui assicurarsi un pasto pulito. Tutti servivano a qualcosa ed era così da sempre. Acrux invece aveva un compito più spirituale, lei costituiva un balsamo lenitivo per gli animi di tutto il popolo raccontando storie. Trovarla era facile, bastava guardare fra le capanne della tribù, infatti, ce n'era una che balzava allo sguardo per la varietà del rosso delle pareti e per i sognagli fatti di conchiglie appesi alla porta d'ingresso.

Era la più anziana fra tutte le donne del villaggio, non si contavano le rughe che le disegnavano le estremità degli occhi e, sulla fronte, aveva due grandi solchi simili a quelli di un campo che sta per essere seminato; ma aveva un sorriso genuino, denti bianchissimi e un canino mancante per colpa di una buccia di un frutto troppo dura, la pelle color ebano e dei braccialetti alle caviglie. Solo lei era capace di intrecciare al calar della notte con la sua fantasia i racconti perfetti per far stare quieti i più piccolini e per placare gli animi irosi degli adulti.

Al tramonto, quando per tutti si avvicinava il tempo del riposo, ci si ritrovava davanti al fuoco con il solo silenzio rotto dalle onde del mare già infrante, ed era lì che la voce di Acrux suonava cristallina e melodiosa.

Le bastava alzare gli occhi al cielo e, osservando quei piccoli puntini luminosi su un manto scuro tutto iniziava a prendere forma. C'erano notti in cui collegando una serie di stelle faceva correre lepri, oppure ce n'erano altre dove la sua fantasia disegnava grandi caverne per avere riparo o ancora volte in cui, uomini valorosi inseguiti da predatori feroci, trovavano la via di fuga su alberi altissimi così queste costellazioni fisse nel manto celeste, ma nero come la pece per la donna costituivano un passepartout per una nuova avventura.

Tutti ricordavano quando una sera narrò di un uomo che camminava vicino alla riva di un fiume dall'acqua limpida e scintillante, in cerca di cibo.

Osservava i pesci guizzare, aspettando il momento migliore per prenderli.

Aveva una mira perfetta e non sbagliava mai.

Lanciò il suo bastone appuntito a mo di fiocina prendendone uno al volo e felice di aver trovato il pasto rise di cuore. Il rumore della sua risata si confuse con quello di una donna che passando da quelle parti aveva visto tutta la scena. Si divisero il pranzo e si fecero la solenne promessa di non lasciarsi mai.

Il ritrovo era sempre lo stesso quando il cielo era limpido e sereno, tutti e due camminavano insieme, guardando il fiume e godendo della reciproca compagnia.

Il fiume bianco disegnava, ma non segnava la loro strada.

Durante i temporali, invece, la situazione era ben diversa: in quelle occasioni non si incontravano mai e allora entrambi erano tristi forse perché non si erano capiti la volta precedente lasciandosi così senza nemmeno il dubbio del perdono.

Le tempeste duravano settimane, specialmente nei mesi estivi, ma quando ritornava il sereno vicino al ”loro” fiume simile alla strada erano lì entrambi, e sembrava che non si fossero mai mossi da dove si erano visti l'ultima volta. Quella era come una promessa eterna che sfidava il tempo. Essere insieme sempre nonostante i cataclismi, gli uragani, le nuvole e il passare delle stagioni.

Ebbero tanti figli, non si sa esattamente quanti, tutti piccoli e allegri come i bimbi del villaggio che rapiti ascoltavano questa storia, così Acrux indicò loro un ammasso stellare ad est della Via Lattea, che era composto da una serie di stelline biancastre e lucenti. Un astronomo moderno poteva definirle in una delle due Nubi di Magellano e quella notte brillavano più del solito. E fu proprio durante il racconto di questa favola che un bagliore improvviso illuminò a giorno il volto dei presenti. In un solitario istante una meteora solcò il cielo tracciando una scia di luce nel buio della notte e tutti i bimbi si meravigliarono. Erano talmente presi da questo insolito spettacolo che non si accorsero che la stuoia di Acrux era vuota.

La cercarono per tutta l'isola, camminarono per la foresta e lungo la spiaggia ma non la videro mai più: se n'era volata via aggrappandosi alla coda della meteora.